Siamo nel 2024 e mai come in questo periodo storico si cerca di battere il chiodo su temi quali alimentazione e disturbi alimentari: i social network fanno da eco ai professionisti del settore che provano (anche se non sempre, purtroppo) a educare e salvaguardare i più giovani. Giovani bersagliati da immagini estetiche estreme e da foodblogger o personal trainer che dicono la propria, e che confondono. E quando sono le aziende food le prime a dare il cattivo esempio? Sarebbe pesante da parte di un brand non legato al cibo, ma se anche quelli fondati sulla vendita di alimenti (e pure sani) parlano di “senso di colpa” postprandiale e di “abbuffate“, la cosa si fa grave.
L’immagine principale è l’anteprima della newsletter arrivatami stamane da Cortilia, che si occupa di cibo fresco a domicilio. L’azienda non è certo l’unica (tra food e non food) a parlare in modo improprio di abbuffate e di cibo e di forma fisica, ma trovo sconcertante la retorica scelta per comunicare a un pubblico vastissimo che comprende tanto adulti quanto giovani. L’intento di Cortilia è chiaro, ovvero dare uno slancio propositivo di inizio anno, ma se queste sono le parole migliori che hanno trovato per esprimere il concetto mi farei due domande.
Vendere verdure puntando sui Sensi di colpa
Sono tre le questioni da mettere in discussione, riguardo la newsletter che tanto mi ha dato fastidio (pescata nel mare di altri cattivi esempi forniti a destra e a manca). Per prima cosa, frasi come “il mese più temuto dell’anno fa capolino, invitando tutti a rimettersi in carreggiata dopo gli eccessi delle festività“, “atmosfera di lenta ripartenza mista a lacrime e pentimento“, “sensi di colpa post feste”, “Ancora in colpa per le abbuffate natalizie?” sono gravi perché triggeranti su problematiche diffusissime. E non serve poi smorzare con “solo il cibo può riportare il buonumore!” o “mangiare i propri piatti del cuore è una coccola che ognuno si può e deve concedere per ritrovare il sorriso“. Anche se ho capito il messaggio che voleva lanciare Cortilia, di fatto sono confusa.
Seconda questione, grave quanto la prima: sono ormai anni e anni che si cerca di correggere concetti come il famoso “senso di colpa” legato al cibo. Le generazioni come la mia – che sono vicina ai 40 anni – e le precedenti sono cresciute collegando dolcezze e farinacei all’errore e all’umiliazione per aver ceduto al peccato. No: non esiste questa cosa e per fortuna oggi qualcuno che ne parla c’è. Accanirsi su se stessi per aver mangiato panettoni a Natale è disumano, e fa solamente danno. Poi ci si chiede come nascano i trend food malsani su Tik Tok o altri mezzi. Chi è nel settore food ha un’enorme responsabilità, delicatissima, eppure siamo qui ancora a dover rimarcare cose che dovrebbero essere ovvie.
Ultima considerazione – guardando proprio la vendita pragmatica: mi chiedo come il team dell’azienda abbia potuto pensare che iniziare una pubblicità parlando di tristezza pentimento e depressione potesse convincere qualcuno ad acquistare cibo. Ortaggi o di altro tipo.
Disturbi alimentari: persino il Papa ci arriva
Ho tirato in causa le aziende legate al cibo e i social network con i trend vari sull’alimentazione, ma per il resto non siamo messi meglio. Ancora troppi i titoli di giornale grassofobici, ancora troppi i non professionisti che predicano stili alimentari folli volti solamente all’estetica e al chilo sulla bilancia. Già le famiglie e le scuole fanno fatica a riconoscere i primi segnali di bulimia o anoressia nei più giovani, ma in questo modo nemmeno chi è già “sul pezzo” saprebbe districarsi in questo disastro.
E pensare che persino il Papa ci è arrivato: durante la terza sessione di catechesi sui vizi e le virtù ha (incredibilmente) parlato di disturbi alimentari – seppur in un contesto un po’ tirato. Le sue parole: “si mangia troppo oppure troppo poco. Spesso si mangia nella solitudine, e si diffondono i disturbi dell’alimentazione: anoressia, bulimia, obesità. E la medicina e la psicologia cercano di affrontare la cattiva relazione col cibo. Una cattiva relazione col cibo porta tutte queste malattie. Si tratta di malattie spesso dolorosissime che perlopiù sono legate ai tormenti della psiche e dell’anima“. Lo ribadisco: ci arriva il Papa a trovare le parole giuste, mentre l’azienda food scivola sulla newsletter.