Uno dei vari punti a favore del vegetarianesimo è legato alla sofferenza animale. Cioè: perché facciamo soffrire delle creature, le uccidiamo e ce le mangiamo?
Il tema è molto ragionevole, capisco benissimo che uno voglia vivere la propria vita senza far soffrire gli altri, buoi compresi.
[Cosa succede a me e al mondo se divento vegetariano?]
Tuttavia come spesso capita con le scelte radicali il vegetarianesimo tende a radicalizzare le questioni. Perché dei distinguo si potrebbero fare, no? Cioè, la domanda potrebbe essere: un’ostrica soffre come un maiale?
La scienza e la legge, che provano (non sempre ci riescono) a essere il meno ideologiche possibili, si sono fatte la domanda.
E per darsi la risposta l’EFSA, la European Food Safety Authority, ha prodotto i documenti “EFSA Opinion Animal Pain” (“Sofferenza Animale”) ed “EFSA Killing” (“Uccisione”), che specificano quanto percepisca la sofferenza ogni specie e dunque con quali accortezze –maggiori o minori– debba essere uccisa.
Riprendo un paragrafo da un pezzo che ho scritto qualche settimana fa per il settimanale “D”:
– “L’EFSA divide le creature in tre categorie: la Categoria 1 sono animali per cui esistono sufficienti dati scientifici che provano la capacità di percepire dolore e sofferenza e, pertanto, l’uccisione e la macellazione devono essere normati;
– la Categoria 2 sono animali per cui esistono sufficienti dati scientifici a dimostrazione che NON hanno un grado di coscienza, quindi non prevedono accortezze;
– la Categoria 3 sono animali per cui non vi sono abbastanza dati per decidere se posizionarli in Categoria 1 o 2. Dunque: cozze e anguille non sono la stessa cosa.”
[Cosa c’è di etico nella dieta dei vegani?]
Se volete approfondire il tema, il sito dell’EFSA è ricco di documentazione raffinatissima, che combina informazioni scientifiche e filosofiche: non potrebbe essere altrimenti, ragionando di coscienza, di percezione di sé, di percezione del dolore.
Il risultato, semplificando al massimo, è che se uno è vegetariano perché non vuol far soffrire gli animali, un’impepata di cozze può pure farsela: una cozza in padella non soffre più di un sedano quando lo recidi (come l’ostrica ha sì un semplicissimo sistema nervoso ma non ha un cervello).
Se nasce il movimento dei Fruttidimariani, quelli che nono vogliono far soffrire gli animali e quindi si abboffano di coquillage, quasi quasi mi ci iscrivo.
Noi Fruttidimariani rispettiamo il pianeta, ma con gusto.