Poisoned, il documentario che ti rende felice d’essere nato in Europa

Poisoned - Il pericolo nel piatto - è il nuovo documentario Netflix sulle contaminazioni alimentari, e riesce nel probabilmente nolente intento di farci apprezzare i nostri natali europei.

Poisoned, il documentario che ti rende felice d’essere nato in Europa

A inizio agosto è uscito su Netflix il documentario Poisoned – Il pericolo nel piatto (sottotitolo originale molto più franco: The Dirty Truth About Your Food) sugli agenti patogeni che avvelenano il cibo, in modo anche mortale; qualche giorno dopo una mia amica – che lavora in un ristorante stellare e che è una delle mie pusher di notizie e gossip – mi ha invitato a guardarlo, commentando: “Cavoli, l’ho visto prima di andare al supermercato e ho cancellato metà delle voci dalla lista della spesa!”. Tipo? “Insalata in busta, pomodori, cipolla, melone e ovviamente pollo”.

E perché? “Sei pazzo? La salmonella! Ma anche l’Escherichia coli non scherza”. Dopo aver guardato anche io il film – per quasi un’ora e mezza di angoscia e nausea – non sono convinto che le preoccupazioni della mia amica fossero giustificate.

Poisoned su Netflix: di cosa parla

usa-salmonella-baciare-galline

Poisoned è molto ben confezionato, secondo tutte le regole che ci si può aspettare da un prodotto Netflix: segue la storia di due vittime di infezioni alimentari, una (spoiler) a lieto fine una no, e inserisce interviste a vari protagonisti del sistema, legali medici burocrati industriali. In particolare a tenere le fila del discorso è Bill Marler, avvocato impegnato sul tema della sicurezza alimentare sin dal 1992, ovvero dallo scandalo Jack in the Box.

Nel 1992 ci fu nella città statunitense di Seattle un’epidemia di Escherichia coli: si tratta di un batterio normalmente presente nel nostro organismo, e anzi è essenziale per la digestione nel tratto finale dell’intestino, ma non tutti i ceppi sono uguali, e certi possono portare a tossinfezioni. Negli Usa il focolaio portò alla morte di quattro persone, quattro bambini, tra sofferenze atroci, e fu ricondotto agli hamburger non cotti alla perfezione della catena Jack in the Box. E. coli si può trovare in molti cibi, ma viene facilmente neutralizzato dalle alte temperature: venne fuori che nonostante ripetuti inviti da parte delle autorità di controllo, nelle cucine si continuava a lasciare la carne leggermente cruda al centro, vuoi per questioni di tempo vuoi per questioni di gusto – non farla venire troppo secca.

Venne anche fuori però che forse il problema era a monte: consentendo che venisse messa in commercio carne contaminata, si scaricava la responsabilità, e il rischio, su chi l’alimento doveva cuocerlo. Ovvero il ristorante, ma anche il semplice cittadino/consumatore. Infatti quella tragedia diede la spinta per cambiare la legislazione Usa. Ma il problema venne solo spostato: ora il patogeno che fa più paura è la salmonella, che contamina com’è noto carne di pollo e uova, ma anche verdure e ortaggi che vengono consumati crudi. E di salmonella pure si può morire.

Le differenze tra Europa e Usa in materia di sicurezza alimentare

salmonella

“Negli Usa abbiamo la filiera alimentare più sicura del mondo!”, è il tormentone che ripetono politici e funzionari nel documentario Poisoned. Ma sarà vero? Sembra proprio che il punto fondamentale sia la differenza di approccio tra Europa e Usa rispetto alla sicurezza alimentare. Il sistema statunitense è frutto della mentalità liberista, basato sul laissez faire, sull’allergia per le regole e le restrizioni alla fonte.

Lo stesso critico televisivo del Wall Street Journal, che pure dichiara di aver avuto due volte la salmonella e di aver perso una persona cara per una infezione del batterio Listeria, nel recensire il documentario afferma serenamente che “un’industria che sappia auto regolamentarsi sarebbe preferibile”. E i momenti più horror del film forse sono quelli in cui due esponenti pubblici di due enti deputati ai controlli sanitari – la per altri versi temibile Food and Drugs Administration, e il Ministero dell’Agricoltura – si rimpallano imbarazzati responsabilità e competenze, sostanzialmente ammettendo di non aver abbastanza strumenti per rendere la filiera sicura.

Nell’Unione Europea, d’altra parte, abbiamo normative molto stringenti (il Regolamento 2073 del 2005) che da tempo stabiliscono limiti massimi per ciascun patogeno in ogni categoria di cibo, dalla salmonella all’Escherichia coli. E sono limiti molto prossimi allo zero. Il risultato? Negli Stati Uniti secondo il Center for Disease Control and Prevention (dato citato nel documentario) 46 milioni di persone si ammalano ogni anno a causa del cibo contaminato. In Europa invece – e parliamo di un’area molto più vasta della sola Unione Europea, abitata da una popolazione di 740 milioni di persone in confronto ai 331 milioni degli Usa, più del doppio – il dato dell’OMS dice 23 milioni di infezioni all’anno.

Certo non c’è da stare allegri, sono comunque numeri alti, si potrebbe fare di meglio, e si contano pur sempre 4700 morti all’anno. La sicurezza al 100% non esiste, come dimostrano i recenti focolai di salmonella, o il tragico caso della bambina finta in ospedale in gravi condizioni per Escherichia coli probabilmente presente in un formaggio di malga.

Ma ripetiamo: il doppio della popolazione, metà dei casi. Ricordiamocelo la prossima volta che ci verrà da lamentarci di questa o quell’altra normativa UE, di sfottere ogni “ce lo chiede l’Europa”.