Basta che un solo maiale sia contagiato dalla peste suina africana per condannare all’abbattimento tutto l’allevamento. Una forma di precauzione che, a guardare il servizio di Report firmato Giulia Innocenzi (in onda questa sera, su Rai 3), pare in Italia si stia trasformando in un mercato redditizio, con parecchi dubbi sulle ditte cui viene assegnato il triste onere e una certezza: si poteva evitare.
A partire dalle recinzioni, che avrebbero dovuto contenere il triangolo (tra l’Appenino piemontese e ligure), focolaio di un virus sottovalutatissimo e ora, spiace dirlo per animali e allevatori, difficile da controllare. Delimitazioni che non solo non sono state messe in atto entro la data stabilita (luglio 2023), ma che oggi diventano profitto per chi, in colpevole ritardo, volesse mettersi in pari con la legge. Una sorta di condono con premio: la Regione Lombardia ha stanziato 2,2 milioni di euro per i recinti, con un bando che parte proprio dalla scadenza dell’obbligo.
Il Governo, dal canto suo, ha invece proposto la caccia al cinghiale come soluzione per ridurre il virus, probabilmente inconscio del paradossale, plausibile, effetto: la maggior trasmissibilità del virus a fronte di una qualunque fuga dell’animale.
Elettrocuzione, maiali gasati: i metodi finanziati dalla Regione Lombardia
Perché naturalmente, dietro la drastica forma di precauzione stabilita per la peste suina africana, c’è l’altissima trasmissibilità del virus, che stando alle parole degli scienziati e degli esperti consultati da Report, può persistere mesi nella carcassa dell’animale e si diffonde con una facilità disarmante, costringendo a misure di sanificazione che, le immagini parlano chiaramente, vengono facilmente ignorate.
Liquami accanto agli allevamenti infetti lasciate alla mercé degli animali di passaggio, container aperti con animali infetti morti, veterinari che sospendono l’operazione di abbattimento senza cambiarsi d’abito, maiali potenzialmente affetti da peste suina africana (i 600 sopravvissuti in un allevamento di 1000) che, per amor di denaro, sono stati mandati al macello in tre regioni diverse: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.
La peste suina africana, è bene ricordarlo, non si trasmette all’uomo. E proprio per questo è una epidemia assai più silenziosa, per certi versi più subdola perché lungi dallo stesso interesse o spettacolarizzazione. Ma il triste film c’è, ed è il caso di vederlo tutto questa sera anche se siamo sensibili al benessere animale.
Ed è con risorse pubbliche che sono stati abbattuti 10.000 suini di diversi allevamenti con elettrocuzione, nonché con pinze elettriche (spesso appoggiate nei punti sbagliati del corpo della bestia, aumentandone incredibilmente la sofferenza) e nondimeno inutili maltrattamenti. Abbattimenti che, venisse qualche dubbio sul rispetto delle norme, vengono puntualmente celati alle videocamere dei cellulari.
Ruud Laarman, della TCC, ditta olandese incaricata degli abbattimenti di un allevamento intensivo di Panigati, chiede ai Carabinieri presenti sul posto di arrestare gli investigatori di Last Chance For Animals, naturalmente occupati a registrare immagini. Pena la sospensione del lavoro. E ne ha ben donde: il suo metodo è spingere i maiali in un container, per ucciderli con il gas.