Google trends parla chiaro: dal 22 Maggio le ricerche per la parola “prova costume” sono schizzate. E così anche le ricerche per “dieta”, “dieta lampo”, “dieta Kim Kardashian”. Tra l’1 e l’8 Maggio il traffico su quest’ultima chiave di ricerca ha registrato un picco enorme. È successo perché la sera del 2 Maggio Kardashian ha calcato il red carpet del Met Gala, la serata di gala annuale organizzata per raccogliere fondi a favore del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York. Ma soprattutto un’occasione in cui celebrities da tutto il mondo vanno ad esibire sé stesse avvolte in una serie di abiti esagerati. Kardashian ha offerto anche quest’anno qualcosa di cui discutere: si è presentata indossando l’abito originale che Marylin Monroe aveva scelto il giorno in cui ha cantato nel 1962 a Madison Square Garden per il presidente degli Stati Uniti in occasione della sua festa di compleanno. E questa è la prima parte della notizia, che ci interessa relativamente.
La seconda parte, che ci riporta alle ricerche Google, è che per indossare quel vestito, un pezzo da museo non modificabile, Kardashian ha sostenuto tre settimane di dieta drastica. La star ha dichiarato di aver indossato per due volte al giorno una tuta per sudare ed eliminare i liquidi contenitivi, poi di aver eliminato zuccheri e carboidrati, infine di aver fatto numerosi allenamenti. Risultato: nel giro di tre settimane Kardashian ha perso, grazie a quella che da alcuni è stata definita una “dieta-killer”, circa 7 kili. “Alla prima prova non entrava. Volevo piangere, ma ero determinata a metterlo. Così in tre settimane ho perso otto chili senza toccare zuccheri o carboidrati” ha dichiarato.
Molti esperti hanno stigmatizzato la scelta, sottolineando l’importanza di regimi sani, bilanciati e non drastici, consigliati da professionisti competenti e specializzati. “Non ignoriamo il potere che Kim ha di modellare il comportamento e di influenzare il modo in cui le persone, soprattutto le più giovani, si sentono riguardo al proprio corpo. Un TikTok virale può convincere un intero gruppo di spettatori a vendere un articolo. Non è esagerato dire che un’intervista può ispirare qualcuno a limitare la propria alimentazione o a fissare obiettivi corporei irrealistici” ha scritto Aiyana Ishmael su Teen Vogue.
L’attenzione che periodicamente si riversa sui regimi alimentari delle star (qualsiasi cosa questa parola voglia dire) ha una marea di risvolti problematici. Del resto, perché un determinato regime alimentare dovrebbe acquisire più credibilità semplicemente perché è associato a un personaggio famoso? Non sarebbe meglio rivolgersi a un esperto in materia? Una risposta potrebbe essere nel principio della riprova sociale, una leva essenziale del marketing: più persone fanno una cosa, più la riterrò valida. Ma anche: più è conosciuta la persona che sceglie una determinata dieta, più la riterrò affidabile. La letteratura mediatica è ricchissima di questo tipo di storytelling: c’è la dieta della teina di Maria Callas, il digiuno intermittente di Jennifer Aniston, la dieta del sonno di Elvis Presley, la dieta crudista di Uma Thurman, il metodo 80/20 di Nicole Kidman e tanto altro.
Un aspetto su cui possiamo discutere invece è il modo in cui i media e le star stesse trattano questi temi, indulgendo in stereotipi ed esaltazioni della diet culture che sono pericolose e più invasive. Edoardo Mocini, medico chirurgo specialista in scienze dell’alimentazione, divulgatore e content creator, ha provato a spiegarci come dobbiamo ricevere questo tipo di narrazione sottolineando gli aspetti socio-culturali che sottendono episodi mediatici così chiacchierati. “Questo fenomeno è noto e conosciuto. Se ci chiediamo da cosa si ritiene che le persone famose siano depositarie di informazioni nutrizionali, la risposta è semplice: dalla cultura della dieta, quella per cui c’è un’influenza culturale che ci dice che magro è bello. Di conseguenza tutti noi siamo spinti ad avere un corpo quanto più conforme all’ideale estetico dominante. Poi c’è anche l’idea che se tutti quanti mangiassimo e ci muovessimo nello stesso modo, avremmo tutti gli stessi corpi. Questo è ovviamente falso visto che c’è un’enorme varietà di corpi influenzati da migliaia di comportamenti”.
Se si considera l’ampio tema della dieta, si trascende poi da un mero fatto di costume per entrare in una sfera che ha a che fare con la salute mentale e fisica delle persone: “Anche quando si parla di diete, intese come alimentazione quotidiana, bisognerebbe sempre personalizzarle. In presenza di malattie ad esempio, sono delle terapie. Ma anche nel caso di desiderio di autodeterminazione andrebbero cucite sulla persona esattamente come per la medicina estetica. Non si può fare lo stesso trattamento a due persone diverse” spiega Mocini. Questo racconta che nessuno dovrebbe, in modo individuale e incontrollato, sovrapporre le proprie abitudini alimentari con quelle di una sconosciuta, per quanto famosa.
“Per più di 30 anni la dieta è stata considerata un prodotto che poteva essere comprato e venduto, anche sulle riviste. In realtà è un trattamento clinico, a volte terapeutico, a volte no, che può avere delle serie conseguenze, per esempio correlazioni con i disturbi del comportamento alimentare. È una dinamica che fa parte di tutti i modelli occidentali e che riflette il cambiamento degli stili di vita. Il peso in media si è alzato e parallelamente si è imposta la società dei media che ci influenza giorno e notte. Per cui anche se siamo consapevoli che l’immagine di Kardashian è un prodotto tanto quanto lo è lei e sappiamo che non dobbiamo prenderla come un ideale estetico perché è il suo mestiere curare il suo corpo, è un pensiero che rimane nella parte conscia del nostro cervello”.
Il problema è quello che avviene con tutto il resto e con le conseguenze che questo ha con il nostro modo di rappresentarci. “C’è invece una parte del nostro cervello che introietta modelli estetici permessi, soprattutto quando passi 6-7 ore al giorno tra cellulare e computer e quando questi media sono rappresentati, per il 90%, dallo stesso modello estetico. Nell’ambito delle diete, può succedere che per far assomigliare il mio corpo a quello di una star, che è comunque corrisponde al modello che io ho introiettato come conforme, faccio quello che fa lei”.
“Secondo me l’episodio non è così rappresentativo. Se da una parte è vero che Kardashian poteva avere una delicatezza in più nel non raccontare questa cosa, dall’altra è impossibile fargliene una colpa. Lei ha detto: io con il mio corpo ho deciso di fare questa cosa per ottenere un obiettivo. Andrebbe trattato come un episodio autobiografico”. A questo punto però è alla gestione della notizia che bisogna pensare, in questo caso, di per sé non particolarmente rappresentativo, e in tutti gli altri. In questo Mocini fornisce ulteriore spunto di riflessione: “Forse i giornali dovrebbero sentire la necessità di mettere un trigger warning. È vero che una star ha dei social che hanno un loro potere, ma le loro informazioni sono anche amplificate dai media. La notizia che ricevi cambia anche in base a come ti viene confezionata. Finché vediamo su giornali nazionali la dieta del limone o del melone, è assurdo prendere di mira una star per come tratta il suo corpo. Questo si associa all’idea che la dieta sia non solo un prodotto ma anche qualcosa di estremamente semplice” perché il problema è che Kardashian, mio cugino o un medico non specializzato finiscono troppo spesso sullo stesso piano di autorevolezza “Nessuno si permette di dare consigli di cardiologia o ginecologia, ma tutti si permettono di dare consigli di dietologia, perché questa materia viene ancora percepita come poco complessa. Così come sul giornale non c’è scritto “la nuova terapia per l’ipertensione. Scoprire qual è! La prende Kim Kardashian” allo stesso modo non dovrebbe esserci “la nuova dieta di Kim Kardashian”.