Si tratta di una moda sotto gli occhi di tutti da settimane: iniziò con una tik toker che immerse la frisella nell’acqua di mare e poi la condì col pomodoro per mangiarla. A seguire altri comportamenti simili, come la burrata sciacquata nel mare e poi addentata. Apriti cielo: il web si divise immediatamente tra coloro che inneggiavano un “viva la semplicità/viva l’Italia/viva il mare/si fa da sempre” e chi, più preoccupato, espose gli alti rischi di tale comportamento. Comportamento non solo da evitare per se stessi ma anche da non suggerire a nessuno. Soprattutto su Tik Tok, che ha un target anche di giovanissimi.
Noi siamo schierati nella seconda fazione e abbiamo voluto andare a fondo della questione. Aldilà dei romantici concetti dietro il gesto di usare l’acqua di mare a contatto col cibo, riportiamo il sapere di Guido Mori (@moriguido): chimico, direttore dei corsi di area Food dell’Ateneo IUL e dell’Università della Cucina Italiana, nonché insegnante presso ALMA.
I social media sono purtroppo pieni di consigli errati in ambito cibo, se non addirittura pericolosi. Dall’ossessione per il fit e il proteico, a direttive biologicamente sbagliate per conservare alcuni ortaggi come l’avocado, fino ad arrivare a cattivi esempi da parte di persone con evidenti disturbi alimentari. Ormai è difficile controllare tutto, ma c’è speranza di poter correggere almeno alcune di queste mode.
I reali rischi dietro una tradizione vecchia
Non tutto ciò che riguarda la tradizione è inattaccabile, soprattutto se riguarda la salute. Cento anni fa si faceva così? Perfetto, cento anni fa c’era anche meno igiene, meno consapevolezza ed era normale morire a 50 anni. Inoltre, il mare era in condizioni diverse rispetto alle attuali. Immergere la frisella nell’acqua di mare (usuale in Puglia, per esempio) fa parte di questo universo stupendo di antichità e contraddizione con l’attualità. Che male c’è, in molti si chiedono: infezioni, proliferazioni batteriche, escrementi, contaminazioni, micro-particelle di plastica e/o altro che finiscono direttamente nel nostro corpo (quando la cosa, in questo caso, è evitabile).
Sostanze organiche, inorganiche e batteriche
Sono moltissimi e approfonditi gli studi che riguardano le condizioni dei nostri mari e dei mari in generale. Guido Mori mi ha aiutata a fare chiarezza, come fossi stata a una preziosa lezione universitaria: “gli inquinanti nei nostri mari sono di tre tipologie ovvero organiche, inorganiche e batteriche”. Mi spiega: “quelli organici sono derivati del petrolio (che sia per riversamenti accidentali, scarichi illegali, motori dei mezzi di navigazione, lavaggi errati) e, soprattutto dove c’è traffico o vicino alle coste, restano in superficie in quanto più leggeri dell’acqua. Sono molto pericolosi“. La signorina che immerge burrata e frisella nel mare ha quindi molto probabilmente “raccolto una parte di queste sostanze e se l’è mangiate, data la massiccia presenza di barche a motore tutte intorno a lei“. Quasi tutto ciò che deriva dalla “distillazione organica del petrolio è cancerogeno e tossico“.
Gli inquinanti inorganici sono “sostanze estremamente pericolose quali metalli pesanti (cancerogeni e tossici) e sostanze chimiche che si sciolgono facilmente in acqua. Il rischio di subire conseguenze aumenta in prossimità dello sversamento, considerando anche la quantità della sostanza in relazione alla quantità di acqua: il benzene non si scioglie in acqua, ma se è poco in tanta acqua allora le cose cambiano“. Prosegue Mori: “le sostanze inorganiche sono pericolose non solo se ingerite ma anche se ci si entra in contatto con la pelle, fino a conseguenze (raramente) mutageniche“. Le famose microplastiche sono un discorso a parte, perché organiche ma “talmente piccole che tendono non a sciogliersi ma a sospendersi in acqua, accumulandosi non necessariamente in zone circoscritte. Sono sospettate cancerogene, e diffusissime“.
Mangiare pesce crudo appena pescato
Film e pubblicità raccontano spesso di un’Italia mediterranea e semplice, di cuore, passione. Impossibile non ricordare lo spot in bianco e nero di un profumo, in cui l’uomo protagonista è inebriato dall’odore della splendida Monica Bellucci e addenta un polpo appena pescato e “frollato” sugli scogli. Il web è pieno di video di pescatori che fanno assaggiare ricci di mare, frutti di mare e pesci crudi appena pescati. Devo ricordare anche lo spot con Capitan Findus che fa mangiare il merluzzo crudo ai ragazzetti sulla barca? Quindi, è ora di parlare di due concetti:
- il fatto che in Italia sia illegale consumare pesce crudo appena pescato;
- gli inquinanti batterici
La legge e il pesce crudo
Per poterlo consumare, il pesce fresco appena pescato deve “per legge essere abbattuto così da scongiurare il rischio molto alto di imbattersi in parassiti“. Questi sono appunto tra gli inquinanti batterici e dipendono dal “naturale decadimento dei materiali organici tra alghe e pesci, che sono poi digeriti da altri animali e creature sviluppando batteri patogeni che possono essere pericolosi”. Il parassita più conosciuto è l’anisakis, che “per legge prevede una tabella di abbattimento così come per altri parassiti: ci sono schemi precisi che riguardano la temperatura e la permanenza al freddo in base al parassita da debellare. Nel congelatore di casa, le tempistiche di permanenza aumentano“.
Se il pesce (e il polpo sopra citato) non può essere consumato crudo e appena pescato, ciò non vale per i molluschi e i ricci di mare. Tuttavia, avverte Mori, “ho letto un articolo che sostiene come il ciclo vitale dell’anisakis possa essere riscontrato anche in ostriche e gamberi. Quindi forse in futuro ci saranno dei colpi di scena“. Molluschi e ricci possono dunque essere consumati crudi per il momento, ma quelli commercializzati sono controllati per la presenza di inquinanti e parassiti, e “passano un periodo che varia dalle 48 alle 74 ore in una zona di depurazione. L’idea magica del mare e del cibo di mare è appunto solo un’idea“.
Se dunque è rischioso consumare a crudo un alimento che cresce e vive in mare e lo devo controllare per legge, va da sé che è follia far entrare in contatto con l’acqua di mare un alimento di terra.
Gli ignavi: “ingeriamo sempre acqua mentre nuotiamo nel mare”
Partiamo dal presupposto che c’è una bella differenza tra ingerire involontariamente dell’acqua mentre si nuota e il cercare intenzionalmente acqua di mare per metterla sul cibo. Si parla di “quantità minime di acqua di mare ingerita, e che comunque può provocare un bel mal di pancia. Se hai sfiga e ti stai facendo un’immersione nei pressi di un riversamento di scarico inorganico puoi beccarti qualcosa di grave come l’intossicazione da arsenico o gravi irritazioni epidermiche“. Ovvio, poi, che c’è differenza tra “tuffarsi al porto di Livorno e farlo a largo di Pianosa“, sono tante le situazioni e i contesti ma il mare va sempre rispettato e studiato.
Cucinare con l’acqua di mare? Sì, ma purificata
Spesso, si vede anche chi cuoce pesce e pasta in riva al mare, mettendo in pentola acqua di mare per sfumare o cuocere gli alimenti. Ebbene, la cottura dell’acqua di mare non attenua i rischi di cui sopra. Questo perché impurità, scarto, scorie e sabbia non svaniscono magicamente tramite il calore.
Guido Mori precisa che sì, “il calore abbatte gli inquinanti batterici ma dipende da quale batterio e a quale temperatura stai cuocendo. Non basta scaldare bene l’acqua di mare a caso per essere sicuri: anche in questo caso esistono tabelle ben precise da rispettare per ridurre i rischi. Sono cose scientifiche che si insegnano nei corsi professionali. Il pesce è delicato ed è nemico delle alte temperature, ed è proprio questo il motivo per cui lo analizziamo e studiamo prima di consumarlo“. Da qui, l’dea di commercializzare acqua di mare depurata, utile per tante cose: dal bagnare la frisella all’idratare i molluschi che solitamente sono spurgati in acqua dolce e perdono parte della salinità.
Cos’è esattamente l’acqua di mare in commercio
In commercio – soprattutto negli store che hanno articoli per la ristorazione – si trova ormai facilmente l’acqua di mare purificata ovvero adatta al consumo diretto da parte degli umani. Si tratta di “acqua di mare controllata che subisce due processi, riassumendo: è ultrafiltrata per scartare microplastiche e altre impurità come inquinanti organici – cosa che è in via di studio, non c’è ancora una sicurezza del 100%; ciò che rimane dal filtraggio è l’inquinante inorganico, il quale non dovrebbe proprio esserci alla fonte visto che l’acqua da commercializzare deve essere controllata. L’acqua poi è insufflata d’aria, così che l’ossigeno aiuti a depurarla ulteriormente, infine è messa in contenitori sterili o vicini alla sterilità per evitare la contaminazione crociata“.
Tornando agli esempi negativi che alcuni soggetti tanto si divertono a diffondere mentre sono in vacanza, la morale è: fate ciò che volete, mangiate ciò che volete nella maniera che preferite, ma almeno non pubblicatelo sui social. E smettiamola di coinvolgere sempre il santo sapere delle generazioni passate.