Per pescare sul lago Maggiore si paga ancora una tassa ai Borromeo: l’assurdo dazio che risale al Medioevo

Un dazio che risale al 1400 ed è destinato ad un solo privato: professionisti e dilettanti della pesca, sul lago Maggiore, sono ancora vincolati a pagare un'esosa tassa ai Borromeo.

Per pescare sul lago Maggiore si paga ancora una tassa ai Borromeo: l’assurdo dazio che risale al Medioevo

Per oltre tre quarti italiano (a cavallo tra Lombardia e Piemonte) per un quarto svizzero, secondo lago nazionale per grandezza, meta turistica di tutta Europa, una storia secolare per un’atmosfera che sembra essersi fermata nel tempo. Il lago Maggiore è un gioiello della natura, sia per le città costiere che vi si affacciano sia per le meravigliose isole che lo arricchiscono tra le quali spiccano le Isole Borromee – Bella, Madre, Superiore o Dei Pescatori. tutta questa magia ha tuttavia una macchia indelebile: a possedere queste ultime e a controllare parte del lago sono i Borromeo, che esercitano ancora un enorme potere sulla vita lacustre soprattutto nei confronti di chi – sul Maggiore – ci lavora. Infatti, ancora oggi i pescatori pagano una tassa piuttosto importante destinata alla famiglia (l’erede diretto è Vitaliano Borromeo), per onorare uno statuto che risale al Medioevo.

I Borromeo vantano tutt’ora i diritti esclusivi di pesca sulla gran parte del Lago Maggiore, il che vincola sia i pescatori dilettanti (che versano una quota simbolica ma comunque obbligatoria) sia appunto i pescatori professionisti (schiacciati da una quota pro capite elevata): in zona la chiamano “la borromea“. Questo a prescindere dalla licenza di pesca prevista da regioni, comuni e province. Come può essere regolare e ammessa una cosa del genere?

Ho chiesto ai pescatori, ovvero i diretti interessati – che devono far quadrare il bilancio annuo tenendo anche conto di questo dazio nobiliare – rappresentati da Stefano Ruffoni: pescatore professionista nonché ristoratore sulle isole Borromee (Ristorante Italia, Isola dei Pescatori).

Dazio ai Borromeo: unico caso italiano ancora in vigore

isole-borromeeDa isoleborromee.it

Torniamo indietro nell’Alto Medioevo, quando i nobili Borromeo (milanesi, ma di origine toscana) possedevano Lago Maggiore annessi e connessi. In quanto padroni, pescatori ed esercenti dovevano pagare loro una tassa. Questo dazio medievale è rimasto e non solo, rimane l’unica “anomalia” italiana di questo genere: il privilegio destinato ad un solo privato è stato protratto nel corso dei secoli, come conferma anche l’ultima sentenza della Corte Costituzionale, nel 1973.

Vitaliano Borromeo XI quindi può legalmente esercitare il proprio diritto esclusivo di pesca sul 50% del Lago Maggiore circa (90 chilometri quadrati), considerando che la parte lacuale svizzera è controllata ormai da cento anni da enti pubblici e associazioni. Invece, per quanto riguarda le sponde italiane, dalla metà del 1400 le cose non sono mai cambiate: Filippo Maria Visconti concesse a Vitaliano Borromeo I i possedimenti di Arona, Cannobio e Lesa. Diritti sulle acque compresi. Diritti molti, ma ben pochi doveri assolti: i pescatori intervistati dal Corriere della Sera, nell’approfondimento del 2022 di Milena Gabanelli e Mario Gerevini, sostengono che in tutto il lago ci sia solamente una guardia ittica pagata da Borromeo. 

Quasi ottantamila euro annui tra professionisti e dilettanti

Dal 2022 i Borromeo hanno concesso uno sconto, sul dazio annuale pro capite: da 3500 a 2500 Euro per i professionisti, una cifra più bassa ma comunque importante, invece, per i pescatori dilettanti. Insomma, i Borromeo ricevono ogni anno circa settanta-ottanta mila Euro. Alcuni professionisti hanno contatti diretti con loro, mentre per altri il rapporto è inesistente perché filtrato tramite associazioni e cooperative. Come anticipato, questa tassa medievale consente di pescare a chi ha una licenza regolare. Peccato che ci sia un ulteriore limite: le zone del lago in cui è concesso farlo. Non c’è una cartina topografica che tracci bene dei confini e che attribuisca puntigliosamente i diritti di chi pesca. E, questo, non è solamente colpa dei Borromeo né del dazio.

Eppure è un problema relativo: la testimonianza di un professionista

pescatori-lago-maggiore-dazio-borromeoGente di Lago e di Fiume, 2022

Ho chiesto direttamente a Stefano Ruffoni, che fino a pochi anni fa era capostipite della Cooperativa Fratelli Ruffoni – pescatore da generazioni (in fotografia, suo fratello) e ristoratore sull’Isola Superiore, dei Pescatori: gestisce il ristorante Italia, pescato e cucina. La conferma sulle cifre e sulla poca chiarezza riguardante i confini di pesca mi arriva da lui, sempre più innamorato del proprio lavoro e del Lago Maggiore nonostante l’amarezza e la frustrazione derivanti dal territorio. A dir suo, infatti, il dazio ai Borromeo è il minore dei problemi: “è una tassa che paghiamo ormai senza farci troppe domande. Anzi, data la situazione se non ci fosse sarebbe un caos“.

Sì perché, mi spiega, non solo è spesso insidioso il subappalto che dai Borromeo passa alle cooperative (con cui i pescatori entrano in contatto per pescare) ma esercitano divieti e imposizioni anche realtà terze. Mi fa l’esempio della FIPSAS –  Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee – e del Parco Nazionale della Val Grande. Alla prima paga ulteriori concessione oltre al dazio destinato ai Borromeo, per poter espandere il proprio territorio di pesca (ricordiamo che, appunto, i pescatori paganti non possono pescare dove vogliono ma hanno limitazioni tra riva bassa, riva alta e aree). Il secondo è citato perché, a quanto pare, dall’oggi al domani ha dichiarato proprietà su tutto il bacino relativo al Toce: ci sono boe a limitare i pescatori, “peccato che non ci sia nessuna documentazione in merito, nessuna spiegazione chiara. Al momento ci sono avvocati di mezzo“.

Rabbia? Meno del previsto

A colloquio terminato ho ben compreso cosa intendesse Ruffoni dicendo che la tassa feudale del 1400 è attualmente il minore dei problemi: tra cavilli, limiti che spuntano fuori come funghi, rapporti poco diretti, associazioni e cooperative che dettano regola è un bel calvario. Soprattutto per chi si approccia alla professione. Se per tutte queste cose c’è chi lotta e lavora per cambiare le cose, sul dazio ai Borromeo c’è più perplessità che intolleranza. Spesso c’è addirittura indifferenza anche da parte di chi il Lago lo vive intensamente. Ne è un esempio chef Marco Sacco del Piccolo Lago a Verbania (due stelle Michelin), del ristorante e albergo Il Verbano sull’Isola dei Pescatori, nonché fondatore dell’associazione Gente di Lago e di Fiume: interpellato sull’argomento, ha risposto con il classico no comment.