Che buona la pizza! Calda, morbida, con l’impasto fragrante e la mozzarella che fila per la gioia di occhi e papille. Già, la mozzarella.
Ma siamo proprio sicuri che il candido formaggio simbolo di freschezza che condisce le nostre pizze sia veramente “mozzarella”?
Il dubbio è d’obbligo, soprattutto in tempi di mozzarelle dall’inquietante colore blu cobalto o, proprio in questi ultimi giorni, addizionate di soda caustica per ridare gioventù a un latte ormai vecchio di giorni.
Imitazioni, contraffazioni e frodi sono infatti dietro l’angolo, e anche la “mozzarella” impiegata per guarnire la pizza non fa certo eccezione.
In particolare, sembra che la maggior parte delle 500mila mozzarelle che finiscono sui 5 milioni di pizze che si sfornano ogni giorno in Italia, così come sugli scaffali dei supermercati, non sia in realtà vera mozzarella ma più precisamente “cagliata“, così come evidenziato dal programma Rai “Mi manda Rai Tre”.
La cagliata –spesso spacciata per mozzarella a noi, ignari consumatori– è un semilavorato, ottenuto a partire da latte e caglio, sempre più impiegato per produrre mozzarelle in modo economico, così come evidenziato nei video presenti sul sito di Rai Tre.
Di consistenza compatta e uniforme, il blocco di cagliata refrigerata o congelata viene prima sbriciolato, in seguito disciolto in acqua calda per ottenere un impasto lavorabile, e infine filato e pezzato in modo da ricavare singole “mozzarelle”. Il tutto, senza aver aggiunto la più piccola goccia di latte.
E queste sono le mozzarelle che spesso gustiamo pensando al fresco formaggio di origine campana; in realtà avremo sotto i denti un succedaneo di bassa qualità, prodotto a partire da un semilavorato.
In pratica, la cagliata è il modo escogitato da Germania, Francia, Olanda, Estonia o altri Paesi europei per rivenderci le loro eccedenze di latte, e per quanto il prodotto finito si ottenga come l’autentica mozzarella, a partire cioè da latte, caglio e sale, la differenza con la vera mozzarella ricavata da latte fresco è più che evidente, sia esteticamente sia nel sapore.
La mozzarella prodotta con la cagliata si presenta infatti più compatta e con molto meno liquido al suo interno, oltre ad avere una colorazione più tendente al giallo.
A parte l’analisi visiva e del sapore, non esistono metodi per distinguere una mozzarella tradizionale da una ottenuta con cagliata, in quanto la legge non prevede l’obbligo di indicare questo semilavorato nella lista degli ingredienti, lasciando la facoltà di indicare semplicemente latte e caglio.
Le ragioni dell’inganno consistono ovviamente nei minori costi: un chilo di cagliata costa solo 4 euro, e se è tagliata a “julienne”, cioè a bastonicini sottili –la più richiesta– si trova a circa 6,50 euro per vaschette da due litri e mezzo.
Prezzi bassi, considerato che per ottenere un chilo di mozzarella “autentica” occorrono come minimo 6 o 7 litri di latte, con costi di produzione che variano dai 6 ai 7 euro al chilo e che raddoppiano al dettaglio.
Utilizzando invece la cagliata, e non aggiungendo ulteriore latte fresco, i costi di produzione scendono sui 3 o 4 euro al chilo, che raddoppiano per la vendita al dettaglio.
Un risparmio che ha ben presto imposto la mozzarella da cagliata come uno dei prodotti più richiesti per sostituire l’autentica mozzarella, tant’è che un’analisi effettuata presso l’Università di Foggia su 14 tipi di mozzarella comunemente usate per condire le nostre pizze, ha evidenziato che 11 erano state prodotte a partire da cagliata, mentre le altre tre erano solo “sospette”.
In pratica, sul totale dei campioni, nessuno di questi ha restituito la certezza di essere mozzarella prodotta a partire da latte fresco.
Anche se spesso, l’inganno non si nasconde soltanto dietro la cagliata: molte mozzarelle impiegano direttamente latte in polvere invece che latte fresco, anche questo proveniente, nella quasi totalità dei casi, da Paesi stranieri.
Insomma, vista l’enorme diffusione delle mozzarelle farlocche nelle pizzerie e negli scaffali dei supermercati, non possiamo far altro che affidarci al nostro gusto.
E se quando la nostra pizza comincia a raffreddarsi il bianco formaggio invece di filare si trasforma in una compatta lastra di plastica, i dubbi di avre a che fare con un semplice ammasso di cagliata diventano più che legittimi.
[Crediti | RaiTre]