Scritto così potrebbe suonare brutale, ma il mercato delle intolleranze sta crescendo a ritmo sostenuto. Non fa eccezione il latte, sempre più spesso vegetale: di soia, farro, miglio, riso, avena, grano khorasan, mandorle, orzo, cocco, canapa, arachidi.
Oggi possiamo inquadrare la crescente popolarità delle tante alternative vegetali al latte tradizionale con delle percentuali: nell’ultimo decennio il mercato è cresciuto dell’8% ogni anno, e nel 2017 ha rappresentato il 21% del settore (dati Euromonitor).
Metteteci poi l’impatto ambientale: il 2,7% delle emissioni mondiali di CO2 viene dalla filiera del latte. Senza contare che per produrre un litro di latte ne servono mille di acqua.
[Le alternative vegetali del latte sono spesso piene di zuccheri]
[Latte di soia: Prova d’assaggio]
[Latte vegetale: quale comprare, quanto costano, come farli in casa]
Ma nonostante le alternative vegetali rappresentino per l’ambiente una scelta migliore rispetto al latte vaccino, sono così virtuose come sembrano? La guida pubblicata dal Guardian le ha analizzate una per una. Con tanto di sorpresa finale.
Latte di soia
La prima tappa per chi decide di abbandonare il latte vaccino è il latte di soia. Ma la coltivazione della soia ha avuto un impatto devastante, soprattutto sulle foreste pluviali amazzoniche, senza tralasciare la lunga discussione sugli Ogm.
Ciò detto, e nonostante anche la soia richieda cospicue dosi di acqua e fertilizzanti al fosofro, rimane comunque una buona opzione, oltrettutto il latte di soia contiene anche proteine, che contribuiscono al buon potere nutrizionale.
Latte di mandorle e riso
Sono bevande vegetali sempre più diffuse, derivate tuttavia da colture ad alta intesità idrica che, se coltivate nei climi aridi causano problemi. In California, dove si produce l’82% di tutte le mandorle del mondo, per far posto al frutto superstar, che richiede quantità enormi di acqua per essere coltivato, ogni anno vengono distrutti ettari di agrumeti.
Latte d’avena
Il latte d’avena sembra avere un impatto ambientale minore perchè viene coltivata, in genere, come cereale invernale, irrigato in gran parte dalla pioggia.
Nonostante sia necessaria un’irrigazione supplementare, l’avena non richiede l’enorme apporto idrico di riso e mandorle, e anche le emissioni di anidride carbonica sono inferiori.
Il punto debole è l’apporto nutrizionale. O meglio, il contributo dell’avena suggerisce di includerla senza esitazioni nelle nostre diete, ma il “latte”, eccessivamente diluito con acqua, rende il valore nutritivo molto scarso. Meglio allora le bevande all’avena addizionate di proteine o vitamine.
Latte di cocco
Le noci di cocco hanno un impatto ambientale relativamente basso, perché crescono in aree con acque abbondanti come i Tropici, in particolare Filippine, Sri Lanka, Thailandia e la zona del Pacifico. Ragione per cui richiedono basse quantità di pesticidi e fertilizzanti.
Tuttavia, anche se non vengono associate a problemi di deforestazione come l’olio di palma, sono coltivati in zone che possono impattare negativamente sulla biodiversità tropicale.
Visto l’elevato contenuto di grassi saturi, il problema è anche nutrizionale: nonostante la consistenza vellutata e il sapore dolce, il latte di cocco non garantisce i benefici del latte di soia o di mandorle.
Latte di cammello
Il migliore? Una recente new entry nel mercato delle bevande alternative al latte vaccino che ancora, probabilmente, non conoscete: il latte di cammello.
Non essendo i cammelli veri ruminanti come le mucche, le emissioni di metano collegate all’allevamento sono decisamente inferiori.
Ma latte di cammello è perfetto per accompagnare il caffè del mattino anche perché, come ogni latte di origine animale, ha un alto potere nutritivo. Rispetto al latte vaccino contiene il triplo di vitamina C ed è più ricco di proteine e grassi.
Già diffuso nel mondo arabo, il latte di cammello non è ancora di facile reperibilità in Italia, e costa tanto. Prima dell’acquisto, assicuratevi bene che si tratti di latte pastorizzato.
[Crediti: The Guardian]