Che cos’ha spinto otto giovani del sud, tutti laureati in città del Nord, a tornare nella loro terra, il basso Salento dei muretti a secco e degli ulivi solitari, per diventare contadini 3.0?
Il pomodoro giallo d’inverno di Aradeo è la risposta. Una varietà di pomodoro tipica del territorio e dalle caratteristiche uniche, destinato inesorabilmente a estinguersi se non ci fossero stati l’impegno e la grande passione di questi otto ragazzi per i prodotti della loro terra.
E soprattutto per questo pomodoro rustico, dal colore giallo-arancio, ricco di zuccheri e acidi che attivano i recettori del gusto, e capace di adattarsi alle aridità del clima salentino conservando intatto il sapore anche per dieci mesi, da autunno ad autunno, ma solo se conservato come facevano i vecchi del paese, cioè nelle ramasole, i tipici grappoli appesi al soffitto e tenuti assieme grazie a un filo.
Ed è proprio da loro, dagli anziani di uno dei novantanove comuni del Salento con meno di 10.000 abitanti che i ragazzi hanno recuperato i semi del pomodoro già da tempo non più coltivato né reperibile sul mercato.
E una volta ottenuti i primi raccolti, gli otto neo-coltivatori, tutti con altre occupazioni –una sociologa, un artista, un bracciante agricolo, un decoratore edile, una fotografa, un’impiegata, un’organizzatrice, un tour manager, un perito meccanico e un sommelier– hanno fondando Karadrà.
La cooperativa agricola, oltre a recuperare la bellezza dei luoghi coinvolgendo le comunità locali, come spiega Giorgia, la sociologa del gruppo alla giornalista Sonia Gioia di Repubblica-Un poco di buono, lavora terre rimaste incolte da più di vent’anni “in aridocoltura”, una tecnica che fa meno dell’irrigazione adattandosi a un clima di piogge scarse, sfruttando anche la brina notturna.
Inoltre, i giovani contadini difendono i loro pomodori da parassiti e infestanti con metodi naturali, vale a dire soltanto con della propoli, che oltre a costruire una barriera contro i parassiti ha anche l’effetto di addolcire la polpa dei pomodori, riducendone la componente acida.
Metodi che “ci permettono di portare sul mercato prodotti naturali cresciuti nel rispetto della terra e della risorsa acqua a costi sostenibili”, dicono gli otto soci di Karadrà.
I risultati non si sono fatti attendere: tre tonnellate di pomodori lavorati a mano e ordinatamente raggruppati in 1700 ramasole, da cui sono stati ricavati i fondi per realizzare, fino ad oggi, un orto di 5000 metri, 400 alberi di ulivo, una coltivazione di leguminacee di 2000 metri.
E, ovviamente, il prodotto di spicco: 5000 piante di pomodoro d’inverno d’Aradeo, ovvero la risposta salentina alla domanda “perché i pomodori moderni non sanno più di nulla?”.
[Crediti | Link: scuola ambulante di agricoltura sostenibile, Repubblica, Un poco di buono]