Gli insetti stanno per arrivare negli scaffali dei supermercati o almeno a tavola, nei piatti dei ristoranti? Decisamente no. Ci arriveranno, prima o poi? Probabilmente sì. Tra quanto tempo? Possiamo fare qualche ipotesi.
Il 13 gennaio 2021 è uscita la notizia: l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha dato un parere positivo su un prodotto derivato dalle larve delle tarme della farina. Una discreta bomba, considerato che era la prima volta che veniva espressa una valutazione scientifica da parte di un organo dell’Unione. Ma nella semplificazione esagitata di certi giornali (non Dissapore, of course) la cosa è diventata: L’UE approva gli insetti a tavola. Il che poi nella percezione collettiva, ormai tarata sull’apocalisse imminente, si trasforma in: mangeremo vermi, lo chiede l’Europa!
Subito è arrivato il sondaggio di Coldiretti: il 54% degli italiani è contrario agli insetti come cibo. A parte che: poco più della metà, non mi sembra un plebiscito. Ma di mangiare insetti non ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede la Terra. I segnali sono chiari: consumiamo troppa carne, e prodotta con metodi che danneggiano l’ambiente in una molteplicità di modi, dalla deforestazione alle emissioni di gas serra. Dobbiamo procurarci le proteine in modi alternativi: da piccoli allevamenti etici, certo; da legumi e “carni” vegetali, naturalmente; da carne in laboratorio, anche, prima o poi; e prima o poi, da insetti. Non mangeremo mai solo insetti, ma arriverà il giorno in cui mangeremo anche insetti. La domanda è: quando?
Da un punto di vista della fattibilità, siamo a buon punto: ci sono centinaia di specie, processate in modi diversi, da cui si possono ricavare robe commestibili, e decine di startup al lavoro. Si va dall’insetto intero – chi ha provato i grilli fritti dice che sono buonissimi, meglio dei gamberetti – fino a, più di frequente, una farina estratta dalle larve essiccate – come nel caso della suddetta Tenebrio molitor, o tenebrione mugnaio (un nome stupendo, non trovate?). Da un punto di vista legale e sanitario, le cose si complicano: al punto tale che non è facile prevedere quando si potrebbe avere il via libera definitivo. Per fare delle ipotesi bisogna familiarizzare con il concetto di novel food e immergersi, ancora una volta, nella burocrazia europea.
Cosa sono i novel food
Secondo le norme dell’Unione europea, “qualsiasi cibo che non sia stato consumato ‘in modo rilevante’ prima del maggio 1997” è da considerarsi nuovo alimento, o novel food. E quindi, per poter essere commercializzato e consumato, ha bisogno di una particolare procedura. L’elemento di novità può stare nel cibo in sé ma anche in altri aspetti del processo produttivo: si possono distinguere nuovi alimenti (ad esempio, gli insetti commestibili), alimenti da nuove fonti (gli oli ricchi di acidi grassi omega-3 derivati dal krill – non è nuovo il cibo ma la fonte), nuove sostanze utilizzate nei prodotti alimentari (esempio, gli steroli vegetali), nuove modalità per la produzione di alimenti (come le nanotecnologie).
La procedura inizia con una richiesta: uno Stato, o anche un privato, fa un’application alla Commissione europea, includendo dati sulla composizione e le caratteristiche nutrizionali, tossicologiche e allergeniche del nuovo alimento, nonché informazioni sul processo produttivo, su gli usi e livelli di utilizzo proposti. Dal 2018 la procedura è generale (nel senso che una volta che un tipo di alimento viene approvato, è ammesso in generale e non solo per la società che ha fatto la richiesta) e centralizzata: per tutti i paesi Ue l’iter passa attraversi gli stessi organismi, e il primo di questi organismi è l’Efsa.
Quindi, la Commissione riceve la richiesta, e la inoltra all’Efsa, che deve dare un parere entro nove mesi. L’Autorità alimentare dà un’opinione scientifica, cioè valuta il rischio, e nel caso degli insetti questa valutazione è particolarmente complicata, visto che non si tratta di compositi chimici semplici ma di organismi complessi, come ha spiegato Ermolaos Ververis, il chimico ed esperto in scienza degli alimenti che ha coordinato l’elaborazione del parere: “La caratterizzazione della composizione dei prodotti alimentari derivati è problematica. Le formule a base di insetti possono essere ad elevato contenuto proteico, benché i livelli proteici utili possono risultare sovrastimati quando sia presente la chitina, una delle principali sostanze che compongono l’esoscheletro. Un nodo fondamentale della valutazione è che molte allergie alimentari sono connesse alle proteine, per cui dobbiamo valutare anche se il consumo di insetti possa scatenare reazioni allergiche”.
Una decisione politica
Non è detto che l’Efsa dia, come in questo caso, parere positivo. Come non è detto che una volta superato lo scoglio scientifico dell’Autorità, l’iter non si blocchi in qualche altro momento. L’elenco dei novel food approvati è ampio – qui quello ufficiale, qui uno di più facile consultazione – ma altrettanto popolato è il cimitero dei novel food che non ce l’hanno fatta.
Per capire meglio quello che dovrebbe succedere da qui in avanti, abbiamo contattato l’Efsa, che ci ha risposto tramite l’ufficio stampa. “Dalla data in cui è reso pubblico il parere positivo dell’Efsa, la Commissione ha sette mesi per sottoporre una bozza dell’atto di autorizzazione alla Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed. Dopodiché gli stati membri dell’UE devono votare, e decidere anche sulle specifiche come le condizioni d’uso e gli obblighi di etichetta. Non c’è nessun termine obbligatorio per una tale decisione”. Insomma, come minimo mesi, ma anche anni: si tratta, alla fine, di una decisione politica, soprattutto se parliamo di insetti. La rapidità o l’insabbiamento della questione dipenderanno non solo da aspetti tecnico sanitari, ma anche di opportunità, e sarà un bilanciamento tra il possibile “fattore disgusto” dei cittadini e la necessità di fare fronte a esigenze pratiche.
Una cosa interessante che è emersa dal nostro dialogo con l’Efsa, e che conferma quanto detto all’inizio sul fatto che prima o poi arriveranno gli insetti a tavola, è che ci sono molte altre richieste sotto esame. Insomma questa sulle tarme della farina è stata la prima valutazione ma non sarà l’ultima: “Dieci altri dossier sono in fase di valutazione e per altri quattro è stata richiesta una integrazione delle informazioni da parte del richiedente”. Ne vedremo delle belle, nei prossimi mesi.
Un’ultima possibilità, tocca menzionare: al fianco dei novel food, o meglio come sottocategoria dei nuovi alimenti, la UE mette i traditional food. Ovvero quei cibi che sono nuovi per noi ma normali altrove, in paesi “terzi”. Potrebbero gli insetti seguire questo percorso, che è più agevole, dato che si tratta di cibi già esistenti? Non è da escludere, anche se l’Efsa ricorda che “bisogna dimostrare una storia di uso sicuro e continuativo: gli alimenti tradizionali devono essere stati consumati in un’area pari almeno a un terzo del paese per almeno 25 anni come parte della dieta quotidiana da parte di un numero significativo di persone”.
Insomma, come diceva Giorgio Gaber a proposito della rivoluzione: oggi no, domani forse, ma dopodomani SICURAMENTE!
[In copertina: cavallette affumicate; foto di Chiara Cavalleris per Dissapore]