La gelateria artigianale non esiste. Qualcuno doveva pur dirvelo.
Qualcuno doveva prendersi la briga di ammettere che la gelateria completamente “artigianale”, pura al 100%, che utilizza prodotti esclusivamente “naturali e genuini” non esiste.
Non esiste per il semplice fatto che non può esistere, e anche se noi stessi ci mettessimo a fare il gelato in casa con le nostre gelatiere domestiche, utilizzando latte non in polvere e uova non liofilizzate, impiegheremmo almeno un semilavorato, quale può essere lo zucchero o anche il cacao, dato per assodato che né lo zucchero cresce sugli alberi in fini granelli né il cacao viene raccolto nell’orto di casa sotto forma di impalpabile polvere marrone.
Ma al di là del paradosso, è ormai pacifico che la maggior parte delle gelaterie cosiddette “artigianali”, e cioè che offrono un prodotto naturale e privo di qualsivoglia base pronta o semilavorato, sono delle mosche bianche e che, oltre quelle scovate da Dissapore e inserite nella sua classifica, la maggior parte delle gelaterie che frequentiamo di artigianale hanno ben poco, se con questo termine intendiamo il maggior utilizzo possibile di ingredienti naturali e non preventivamente trattati e lavorati.
Infatti, in quasi tutte le altre gelaterie da noi visitate, vengono utilizzate le ormai diffusissime e altrettanto pratiche “basi”.
Una volta presa coscienza di questa verità mai chiarita come meriterebbe, va riconosciuto che il nemico ce l’abbiamo in casa, e si acquatta perfido nella gelateria dietro l’angolo dove andiamo giornalmente a gustare la nostra coppetta, così come in quella blasonata per cui si formano code chilometriche a ogni ora del giorno e della sera.
Considerato allora che un nemico così universalmente presente non possiamo né batterlo né scacciarlo dall’oggi al domani, tanto vale allearci con lui, o meglio ancora, conoscerlo meglio.
Cerchiamo quindi di fare un po’ di chiarezza riguardo alle basi, ai semilavorati e ai procedimenti utilizzati nella maggior parte delle gelaterie, compresa ovviamente quella sotto casa nostra.
Innanzitutto, “semilavorato” non è una parolaccia, ma un termine relativo a un prodotto che necessita di ulteriori lavorazioni per essere commercializzato.
Questa definizione non è di grande aiuto per definire la qualità del gelato, anche perché, come prima ricordato, molti componenti possono essere considerati “semilavorati”, come appunto il semplice cacao, già ben presente anche nei “gelati di una volta”.
Una tra le prime differenze riscontrabili tra il gelato “fatto come una volta” e quello consumato ai giorni nostri, risiede nel fatto che “una volta” non venivano aggiunti addensanti o stabilizzanti, una funzione svolta dalle lecitine presenti nel tuorlo dell’uovo oppure, soprattutto nel sud Italia, dagli amidi.
Il passo successivo è stato quello di aggiungere addensanti quali farina di carrube, guar, gelatine e pectine, sempre “naturali” (si ricavano da frutta, semi, alghe,etc…) e con maggior potere addensante , ma soprattutto con il pregio di non alterare il gusto del prodotto finito in quanto di sapore sostanzialmente neutro.
Questi componenti sono chiamati, giustappunto, “neutri”.
Dai semplici addensanti, per quanto naturali, si è poi passati ai “gusti”, agli aromi veri e propri: se infatti i gelatieri di un tempo preparavano da se stessi, nella loro bottega, le paste per caratterizzare il gusto desiderato, quali lo zabaione per ottenere il gusto zabaione o la crema pasticciera per il gusto crema, da parecchi decenni l’industria, per agevolare e sveltire il lavoro del gelatiere indolente, ha messo in commercio dei semilavorati in pasta, già miscelati e pronti per l’uso.
E da qui, le cose sono peggiorate: dopo l’avvento delle paste già aromatizzate e predisposte per declinare il prodotto nei vari gusti, l’industria ha progressivamente invaso il mercato con veri prodotti finiti che non necessitano dell’abilità di un provetto gelatiere ma di un semplice garzone di bottega capace di leggere le istruzioni riportate.
Fino ad arrivare alle attuali miscele già pronte per l’uso (surgelate o UHT), e disponibili in tutti i gusti possibili e immaginabili, dove l’unica abilità richiesta è quella di saper usare un paio di forbici per tagliare la busta e inserire il contenuto nel mantecatore.
Tra tutto questo fiorire di semilavorati, che oggi vengono chiamati scaltramente “prodotti composti”, termine meno imbarazzante dell’originale, possiamo distinguere due tipi principali: i semilavorati che donano consistenza e struttura al gelato e quelli caratterizzanti che denotano i singoli gusti, e che costituiscono l’ “ossatura” del gelato.
Aggiungendovi vari tipi di ingredienti, le aziende oggi sono arrivate a sostituirsi al gelatiere, il quale non interviene più nel processo produttivo, né per quanto riguarda la scelta delle materie prime utilizzate né per quanto concerne la loro composizione.
In alcune basi liquide, addirittura, non è nemmeno più il caso di aggiungere latte o acqua, essendo comprensive di tutto il necessario e lasciando al gelatiere soltanto il compito di inserire il prodotto nel mantecatore, direttamente dalla busta o dal brick, senza ulteriori lavorazioni.
Per quanto riguarda i gusti, l’esempio della frutta secca chiarisce il procedimento seguito per comporre i vari gusti.
Il gelatiere compra direttamente da un produttore di sua fiducia la frutta secca sia intera e magari pure “cruda” (in questo caso il gelatiere dovrà provvedere a tostarla e raffinarla) sia in pasta già raffinata.
Ma può anche scegliere di non rivolgersi al fornitore e di acquistare la pasta da un’ azienda di semilavorati per gelateria, dove si orienterà verso una pasta “pura” vera e propria oppure verso una pasta più dozzinale, se non addirittura tagliata con altra frutta secca di minor valore commerciale, il tutto nell’ottica del minimizzare i costi e massimizzare il guadagno.
In quest’ultimo caso, l’azienda produttrice del semilavorato potrebbe aver aggiunto al suo prodotto ulteriori componenti quali aromi, coloranti o stabilizzanti per dare sapore, colore e aumentare la vita commerciale, la cosiddetta la shelf – life al prodotto.
Naturalmente, sono disponibili “paste” di tutti i gusti, tradizionali, bio, persino “vegan”, e spesso il dilemma per il gelatiere non completamente artigianale sta proprio nella scelta se utilizzare l’ingrediente “puro” o il relativo semilavorato.
In altre parole, per preparare un gelato al gusto di liquirizia, il gelatiere ha almeno tre opzioni a sua disposizione: utilizzare la polvere pura di liquirizia, una pasta zuccherina con dentro la suddetta polvere oppure un semilavorato al gusto di liquirizia con aromi e coloranti e (forse) anche la liquirizia, la scelta dipende dal suo obiettivo nonchè dal tipo di prodotto finale che vuole proporre.
Ciò che a noi interessa, è che per il consumatore risulta comunque molto difficile riconoscere, solamente in base al gusto, se il gelato è stato prodotto a partire da materie prime “naturali” oppure da semilavorati
Anche se a volte possiamo intuire l’utilizzo di una pasta semilavorata quando vediamo il ricorrere di un determinato gusto con un nome particolare in più gelaterie, indice di una produzione seriale e non certo artigianale (chi non ricorda, a questo proposito, l’azzurro e inquietante gelato “puffo” tanto di moda alcuni anni fa?)
Un analogo discorso va fatto per la frutta fresca, che il gelatiere può decidere di acquistare fresca in base alla stagionalità, ma che può anche surgelare, in proprio, per averla disponibile durante tutto l’anno.
Così come può decidere di acquistarla già pulita e pronta all’uso, surgelata o conservata a temperatura positiva: anche in questo caso ci ritroviamo di fronte a un “semilavorato”.
Ma il consumatore non saprà mai se la frutta contenuta nel suo gelato è fresca, surgelata “in proprio” oppure proveniente da un fornitore terzo: a differenza dei ristoranti, infatti, per le gelaterie non vige l’obbligo di segnalare l’utilizzo di prodotti surgelati.
Ovviamente, anche per i gusti alla frutta sarebbe come minimo ingenuo supporre che il discorso si fermi al binomio frutta fresca-frutta congelata.
Per questi gusti, infatti, esistono in commercio infiniti tipi di paste alla frutta, prodotti dove la frutta può essere presente soltanto come aroma così come prodotti a cui è sufficiente aggiungere dell’acqua per avere una miscela perfettamente dosata e solo da inserire nel mantecatore.
Senza dimenticare i gelatieri che usano sì la frutta fresca, abbinata a una pasta di frutta per dare un ‘aiutino’ al gusto finale e averlo omogeneo e bello pompato ogni giorno (perchè altrimenti la maturazione della frutta cambia il gusto ogni volta)
Insomma, in commercio sono disponibili infinite varietà di basi, paste e semilavorati, con altrettanti infiniti tipi di aromi e percentuali variabili di prodotto in base al gusto desiderato, sta al gelatiere scegliere di servirsene (valutandone la qualità) o optare per l’utilizzo di materie prime fresche.
E’ da specificare che, al contrario di quanto si potrebbe pensare, l’utilizzo delle basi è molto più oneroso dal punto di vista economico rispetto all’impiego di materia prima naturale, ma il maggiore esborso iniziale viene poi ampiamente compensato dai risparmi di tempo e di lavorazione per arrivare al prodotto finito.
Ad ogni modo, quand’anche il nostro artigiano, duro e puro, decidesse di offrire un gelato veramente “come una volta”, utilizzando soltanto frutta fresca, dosando i singoli ingredienti uno a uno e creandosi personalmente la propria miscela arrivando a raffnare in proprio anche la frutta secca, dovrebbe fare comunque ricorso ad almeno un “semilavorato”: il cioccolato mono-origine che utilizza, per esempio, così come il latte in polvere necessario a dare struttura al gelato, o anche le amarene o i canditi che imprezioscono alcuni gusti, non sono forse anche questi dei ‘semilavorati’?
Insomma, il mito del gelato artigianale, naturale al 100% e fatto “come una volta” risulta essere, anche qualora si fosse animati dalle migliori intenzioni, una chimera, un sogno irrealizzabile adatto a popolare pubblicità ammiccanti e claim accattivanti, ma impossibile da perseguirsi all’atto pratico.
Alla fine, il gelato completamente “autarchico” non è mai esistito.
Certo, in un mondo ideale, nella lista ingredienti esposta in gelateria –obbligatoria per legge anche se raramente riscontrabile– dovremmo trovare indicati a chiare lettere la composizione del gelato, i suoi ingredienti, la dicitura sull’utilizzo di frutta fresca oppure surgelata nonché l’indicazione della (eventuale) miscela o semilavorato utilizzato, insieme con la sua provenienza e anche la marca.
Potremmo cioè capire a colpo d’occhio e senza possibilità di sbagliare se siamo entrati in una vera gelateria oppure una bieca rivendita di prodotti altrui.
In un mondo ideale, certo.
Ma nel nostro piccolo mondo reale, la realtà è ben diversa, e il fatto che questa lista non solo non sia adeguatamente dettagliata ma il più delle volte nemmeno presente, non ci pare nemmeno, in fondo, un fatto così importante.
Alla fine, continuiamo a gustarci i nostri gelati e a prediligere quello che più appaga il nostro palato, senza indagare troppo su materie prime, basi o tipi di lavorazione e accontentandoci, il più delle volte, di un prodotto anonimo, dozzinale e omologato e, spesso, trovandolo pure accettabile, con buona pace di artigiani e frutta fresca.
E non potremo che dire che ce lo siamo meritato.