Siamo italiani. Il ché significa, tra l’altro, avere a disposizione oltre 450 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni, a cui si aggiungono quelli a denominazione riconosciuti dall’UE, che sono più di 40.
E siamo fieramente antimodaioli. Il ché –continuando a parlare di formaggi– significa ostentarne con baldanza l’amore nonostante il parere dei nutrizionisti, che li considerano tra gli alimenti più grassi e insani del pianeta.
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Ma è tempo di riabilitazione per caciotte e provoloni, come ha scritto ieri Repubblica Salute. Tutto cambia, finalmente. Okay, non proprio tutto, ma quasi.
Le ricerche della riscossa
Grazie a due ricerche –una condotta da University College di Dublino, pubblicata su Nutritions and Diabetes, e l’altra pubblicata su American Journal of Clinical Nutrition– il formaggio è stato finalmente riabilitato.
Nella prima ricerca, esaminato un campione di 1500 individui, è risultato che chi consumava quantità maggiori di latte, burro, yogurt, formaggio e panna aveva una percentuale di grasso inferiore, pressione sanguigna più bassa, e un minor indice di massa corporea, il rapporto tra peso e altezza di un individuo.
Nella seconda ricerca durata un mese, 5 persone hanno seguito diete a base di sostanze diverse: carboidrati, burro, olio d’oliva, olio di mais e formaggio. Risultato: quest’ultima dieta ha causato il minore incremento di colesterolo Ldl.
La spiegazione potrebbe riguardare i nutrienti contenuti nei formaggi, che limiterebbero l’assorbimento di grassi e colesterolo nell’intestino, o addirittura le muffe degli erborinati.
Gli errori che facciamo con i formaggi
Il nutrizionista Andrea Ghiselli, invitandoci a non demonizzare i formaggi, ricchi di nutrienti preziosi come il calcio, ha suggerito a Repubblica gli errori da non fare nel consumarli.
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Purtroppo noi italiani consideriamo i formaggi non un secondo piatto, come pesce, uova o carne, ma qualcosa “in più”, da mangiare a fine pasto o da stuzzicare con l’aperitivo. Aggiungendo il pane e un bicchiere di vino è facile capire come le calorie diventino troppe.
Le porzioni di formaggio da assumere in una settimana, pari a 50 grammi se stagionato o 100 grammi se fresco, dovrebbero essere solo tre. Noi italiani riusciamo a mangiarne sei, mentre delle tre porzioni giornaliere da 125 grammi di latte o yogurt ne mangiamo solo una.
Formaggi magri, grassi o leggeri?
Magri:
Ricotta | 20%
Leggeri:
Tomino | 20-27%
Semigrassi:
Asiago | 34%
Brie | 35%
Caciocavallo | 38-40%
Grassi:
Grana e Parmigiano | 43%
Scamorza | 44%
Provolone | 44%
Emmenthal | 45%
Burrata, Gorgonzola e Mozzarella di bufala | Oltre il 45% in ordine crescente.
I formaggi si definiscono “magri” o “grassi” in base alla percentuale di grassi presente nella sostanza secca, con risultati spesso sorprendenti.
Uno dei pochi formaggi che si può considerare magro, ovvero con meno del 20% di grassi sulla sostanza secca, è in realtà un latticino, la ricotta.
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Tra i formaggi leggeri, ovvero con una percentuale di grassi su sostanza secca tra il 20 e il 35%, troviamo i tomini. Tra i semigrassi invece, con una percentuale di grassi su sostanza secca tra il 35 e 42%, ci sono l’Asiago, il Brie e il caciocavallo. Mentre tra i formaggi grassi, con una percentuale di grassi su sostanza secca maggiore del 43% , troviamo Grana e Parmigiano insieme a, in ordine crescente, scamorza, provolone, emmental, burrata, gorgonzola e mozzarella di bufala al top.
Sì, proprio la mozzarella che siamo abituati a considerare leggera grazie all’elevata percentuale di acqua rispetto a formaggi più stagionati.
I 10 formaggi più consumati d’Italia
1. Grana Padano e Parmigiano Reggiano | 31%
3. Mozzarella (di bufala e mucca) | 25%
4. Crescenza e stracchino | 8%
5. Pecorino e Formaggi fusi in fette | 7%
7. A pasta filata e Duri di altro tipo | 6%
9. Altri: Ricotta | 5%
10. Fontina e Asiago | 3%
La classifica dei formaggi italiani più consumati riserva invece poche sorprese: la parte del leone la fanno il Parmigiano e il Grana, con il 31% del consumo totale, seguiti a ruota dalla mozzarella, di bufala o vaccina, con il 25%.
Il restante 44% è suddiviso tra diversi tipi di formaggio, ognuno con percentuali che variano dal 6 al 10%, come crescenza e stracchino, con l’8%; con il 7% troviamo pecorino e formaggi fusi a fette, con il 6% si piazzano i formaggi a pasta filata o quelli duri diversi rispetto al grana e al parmigiano, e nel restante 11% troviamo la ricotta con il 5%, la fontina e l’Asiago, ognuno con il 3%.
Formaggi senza lattosio
Chi è intollerante al lattosio può mangiare i formaggi? Chiarisce a Repubblica Salute l’esperto, Andrea Pezzana:
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“Il lattosio è un problema solo nei prodotti freschi poiché la molecola non si è ancora trasformata nell’acido lattico che rende innocuo il lattosio”.
Per questo mozzarelle, robiole, ricotte e fiocchi di latte non sono adatti agli intolleranti, a meno che non siamo delattosati. Via libera invece ai formaggi naturalmente privi di lattosio come parmigiano reggiano, grana padano, pecorino e tutti gli stagionati a pasta dura e gli erborinati.
Tollerati anche caciocavallo, caprino, caciotta e camembert, in quantità limitate.
[Crediti | Repubblica salute]