La buona notizia è che l’Istituto Superiore di Sanità, attraverso il Centro nazionale dipendenze e doping, ha realizzato una piattaforma online dedicata ai centri dedicati alla cura dei disturbi del comportamento alimentare (DCA). “Si tratta del primo censimento in Italia dei servizi ambulatoriali, residenziali e semi-residenziali appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale e dal 2022 coinvolgerà anche le strutture del privato accreditato”. Una vera e propria mappa interattiva, che si promette sarà puntualmente aggiornata, che permette anche di conoscere informazioni relative all’utenza assistita (quindi terapie ambulatoriali, riabilitazioni, ricoveri), attraverso i filtri dedicati.
La cattiva notizia è quella che non conosciamo: i disturbi alimentari con la pandemia hanno segnato il 30% in più in Italia e il dato, riportato a fine 2021 dalla Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, non può che riguardare chi chiede aiuto.
Non ci è dato sapere quanto il contesto emergenziale che stiamo vivendo, ormai da due anni, inciderà su un problema di sanità pubblica come l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa, il disturbo da alimentazione incontrollata e tutte le altre malattie psicosomatiche che nella maggior parte dei casi colpiscono i giovanissimi. L’assistenza psicologica è di certo diminuita, così come la prima accoglienza, quando la gravosità di malattie come queste, spesso invisibili, si determina a margine di gravi sofferenze.
“Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, tali disturbi rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali tra i giovani, soprattutto quelli di età compresa tra i 12 e i 25 anni. In Italia si stima che ne soffrano approssimativamente oltre tre milioni di persone, di cui il 70% sono adolescenti”, premette la Guida ai servizi territoriali per la cura dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, presentata oggi come un “primo riferimento per garantire ai cittadini affetti da tali patologie e alle loro famiglie i migliori livelli di accesso e appropriatezza dell’intervento”
91 strutture su tutto il territorio nazionale: 48 centri al Nord, 14 al Centro Italia e 29 tra Sud e Isole, per 963 professionisti al lavoro.