La dieta vegetariana potrebbe fare seriamente del bene all’ambiente, attenuando il riscaldamento globale: addirittura, come dice un recente studio scientifico, basterebbe che il passaggio avvenisse anche solo nelle nazioni ricche, che riducendo i terreni adibiti ad allevamento e ripristinando le condizioni di vegetazione naturale porterebbero una diminuzione delle emissioni superiore al 60%.
Quello delle conseguenze di vari comportamenti sulle emissioni di gas serra e quindi sul riscaldamento climatico è un argomento caldo, e molto dibattuto. Se ne sentono di tutti i tipi: dai viaggi in auto a quelli in aereo, dai cibi confezionati al km 0, ogni singola cosa viene indicata come assolutamente decisiva o completamente irrilevante. La dieta tra queste.
Ma uno studio pubblicato su Nature a inizio gennaio indaga proprio sulla dieta e sulle conseguenze dirette e indirette che un minore uso di prodotti animali avrebbe sull’ambiente. Perché meno carne e latticini significa meno allevamenti e più terra che può essere restituita alla natura. Dice lo studio che “il passaggio dietetico dagli alimenti di origine animale a quelli vegetali nelle nazioni ad alto reddito potrebbe ridurre le emissioni di gas serra dalla produzione agricola diretta e aumentare il sequestro della CO2 se la terra risultante fosse riportata alla sua vegetazione naturale antecedente”.
Lo studio simula l’adozione della dieta salutare planetaria EAT-Lancet da parte di 54 nazioni ad alto reddito che rappresentano il 68% del prodotto interno lordo globale (e il 17% della popolazione). I risultati mostrano che tale cambiamento dietetico potrebbe ridurre del 61% le emissioni della produzione agricola annua, sequestrando in media 98,3 (range tra 55,6–143,7) gigatonnes di anidride carbonica (GtCO2) equivalenti, pari a circa 14 anni di attuali emissioni agricole globali. “Collegare le politiche in materia di terra, cibo, clima e salute pubblica – conclude lo studio – sarà fondamentale per sfruttare le opportunità di un doppio dividendo climatico”.