Solo la disperazione e il disagio allo stato puro possono spingere a fare scelte discutibili, eppure le si fa facendo affidamento su una promessa, su un miracolo. Alberico Lemme – “l’uomo che sussurrava ai ciccioni”, il farmacista più famoso d’Italia – si autoproclama salvatore: ti salva dall’obesità, dal diabete, persino dai disturbi alimentari come la bulimia. Se sei di sesso femminile, ti insulta chiamandoti “essere inferiore”. Ma tu accetti tutto pur di vederti meglio, e ci caschi. Vi racconterò la dieta Lemme, cos’è e come funziona VERAMENTE, esattamente come l’ho vissuto anni fa sulla mia stessa pelle.
La dieta Lemme consiste nell’abbandono del concetto di caloria e nell’abbinamento di determinati alimenti che, se appunto assunti insieme, hanno un effetto alcalino/acido che brucia i grassi a prescindere dalla quantità ingerita. E delle quantità parlo più avanti.
La Prima visita
Quel treno per Desio preso da Stazione Garibaldi, partito in ritardo e aumentando il mio malessere. Una persona mi aveva ragguagliata su cosa aspettarmi dalla prima visita: “Chiara, guarda che lui ti insulta e se vuole chiamarti grassona lo fa senza problemi“. Ok. Respira, Chiara, e sentiamo un po’. Arrivo da Lemme presso la sua Accademia della Filosofia Alimentare, ovvero non un semplice studio medico ma un ambiente con aule convegno e tavolini per pranzare solo con prodotti firmati Lemme. Ma su questo tornerò.
Entro in sala d’aspetto e mi fanno compilare un test. Qualche domanda sul mio stato di salute, e altre domande più filosofiche che altro. Entro da lui e mi guarda schifato, mi dice “spogliati, vitella, e sali sulla bilancia“. Mi spoglio, salgo sulla bilancia. Annotando il peso mi dice “sei grassa come un vitello. Non ti vergogni? Inutile avere un bel viso se sei grassa come una scrofa“. Mi saluta e mi dice “chiamami ogni giorno tra le 11.00 e le 12.00h: devi riuscire a prendere la linea così ti detto la dieta per il giorno dopo. Se non prendi la linea, è colpa tua. Appena rispondo mi dici nome, cognome, da quanto hai iniziato e quanto hai perso“. Lascio Desio sentendomi sporca, ma dicendomi anche che avevo superato la peggiore umiliazione, e che sarebbe andato tutto bene.
Le lezioni e i pasti pronti
Per accedere al programma, e soprattutto per poter acquistare i prodotti di sua ideazione – biscotti, creme, pasti interi – era obligatorio fare almeno tot ore di lezione con lui a Desio presso la sua Accademia. Io mi fermai a due. Perché? Perché in quel tempo Lemme seppe distruggere decenni di psicologia e medicina dicendo che la bulimia dipende dall’obesità e dall’essere tristi. Dicendo che solo le donne hanno disturbi alimentari perché sanno di essere esseri inferiori, mentre gli uomini, essendo superiori, non hanno tali problemi. Dicendo che le intolleranze alimentari non esistono e che sono scuse perché se sei magro queste “manie”passano. Concluse affermando che lui le donne non le deve pagare per andarci a letto, le donne “gliela danno gratis“. Superato questo abominio, si passa al “concreto” del suo metodo. Spiega il metodo, sproloquiando, e svela anche che si è inventato questa cosa dei pasti a domicilio: lui ha costruito un laboratorio che produce piatti pronti secondo i dettami della sua stessa dieta. Accedi al sito ufficiale, inserisci i tuoi dati e ordini i piatti per 1 settimana. Colazione, pranzo e cena. Gli spuntini anche, ma puoi acquistarli anche a Desio.
Io non frequentai più le “lezioni”: alzai la mano per fare una domanda, lui mi disse “sentiamo la cicciona cosa non ha capito. Cosa non hai capito, testa di donna?“, ho chiesto delucidazioni, ha reagito ridendo e compatendomi come se fossi idiota e trovando sguardi di intesa con gli altri ciccioni alunni – ma uomini – che erano li, e non mi rispose. Me ne andai senza voltarmi.
La dieta, per telefono
Ero a lavoro il primo giorno che ho dovuto far finta di fare una pausa sigaretta – e manco fumo – e attaccarmi al telefono per riuscire a prendere la linea con Lemme in persona. Riuscii, ma feci una fatica allucinante perché lui parlava a bassissima voce (credo apposta), ma urlava insulti se chiedevi gentilmente di ripetere ciò che aveva appena sussurrato. O urlava, o faceva cadere la linea per farti ricominciare tutto. Un gioco sadico. Il primo giorno mi diede, a volontà:
- colazione: asparagi e lonza di maiale
- metà mattina: un limone (da mangiare come un arancia, non il succo) e, rigorosamente insieme al limone, un tè non zuccherato
- pranzo: pasta a volontà (anche 800 grammi, se volevo. Sì, ottocento), cipolle
- spuntino: come al mattino
- cena: non ricordo ma era molto simile al pranzo
Ricordo anche altre colazioni: cipolle e noci, pasta aglio olio e peperoncino (quanta ne volessi), panna senza carragenina. Un’ulteriore regola tassativa era il rispetto delle fasce orarie indicate: non potevi far colazione dopo una certa ora, e nemmeno spuntino pranzo o cena. Per me il pranzo era spesso difficoltoso sotto tale aspetto, dato che sovente la pausa pranzo era alle 14 se non oltre.
Le quantità a volontà
Questa è la vera differenza tra la dieta Lemme e tutte le altre: non scherzo quando scrivo che i limiti riguardano solo la tipologia di cibo e gli abbinamenti, e non riguardano le quantità. Ad esempio, puoi scegliere di mangiare anche 1 kg di pasta, 1 kg di carne. Ogni quantità va bene, se rispetti gli alimenti che ti comanda lui. Sembra il sogno della vita: mangi oltre la sazietà e dimagrisci. In tutto ciò, ragionando mentre raccolgo i pezzi del mio fallimento anche dopo anni, c’è qualcosa di seriamente malato.
I primi giorni di dieta e i risultati
Superato il preconcetto degli asparagi a colazione, o delle noci con le cipolle, era una dieta facile da seguire, senza dubbio. Decidi tu le quantità, cottura solo in padella con burro a volontà. Stop. I cibi erano semplici: carni, verdure, pasta. Ma il trauma era il limone mangiato a morsi, che ti provocava rigetto ogni volta. Portando pazienza e attaccandomi da brava al telefono, seguendo le istruzioni con precisione, persi 8 chili in una settimana. Mangiavo, ma tra pranzo e cena passava solo un limone a morsi e arrivavo sul treno per tornare a casa affamata e debolissima, con episodi di nausea e cedimento di gambe. Lo feci notare al telefono, umile, e Lemme urlando mi rispose “non puoi avere fame! Mangi tre volte al giorno e sei una grassona del ca**o! Non puoi avere fame!” e appese violentemente. Io ero ancora serena nonostante tutto: il mio corpo era cambiato in maniera sensibile. Ma durò poco, e non era un sogno bensì un incubo e io ci ero immersa fino al collo.
La dieta, a domicilio
Stanca del vincolo delle telefonate e di alzarmi alle 4.30h per cucinare colazione e pranzo, o di cenare alle 22h perché arrivavo a casa da lavoro alle 20.40h, decisi di provare i pasti a domicilio. Si potevano ordinare diverse opzioni:
- dieta vegetariana;
- dieta senza pesce;
- dieta senza carne;
- in più, se volevi, snack come biscotti, gelato e creme
Arrivava a casa uno scatolone in polistirolo, tutto bardato di nastro adesivo dell’Accademia di Filosofia Alimentare – della serie, discrezione a livelli – e conteneva pasti e indicazioni di quando mangiare ciascuno. Qui devo dire la verità: i pasti erano ottimi, e la dieta così era comodissima. Costava ovviamente, non ricordo quanto, ma costava. Non cucinavo più e non facevo più la spesa a parte tè e limoni: trasferivo il pasto nella mia schiscetta e la scaldavo a lavoro all’ora di pranzo. Tuttavia, a differenza della dieta telefonica, le quantità erano da fame. O meglio, da fame rispetto a prima. E cominciai inevitabilmente a sgarrare.
Gli sgarri
Ricordo benissimo la prima volta che sgarrai: optai per una gomma da masticare e un succo di frutta prima di salire sul treno. Per non svenire o, come spesso mi capitava, non avere degli attacchi folli di diarrea (un altro degli effetti collaterali). Una gomma da masticare. E un succhino dei bambini. Il giorno dopo – e ve lo giuro su quanto di più vero ci sia – ero 3 kg in più. Tre. Chili. In. Più. Idem il giorno dopo aver saltato per una volta il limone, o ancora quando decisi di aggiungere del miele nel tè. Abbandonai la dieta Lemme.
Recuperai i 13 chili persi quel mese nell’arco di tre settimane, mettendone su altri 4 nel giro delle due settimane successive. Ero devastata.
I pazienti
Quelle poche volte che mi sono fermata al bar dell’Accademia li a Desio (allora non c’era ancora il “Ristolemme“), a prendere i 500 g di gelato firmato Lemme, con panna, che spettavano ai “ciccioni in pausa” dopo le visite con lui, conobbi tre o quattro pazienti. Uno in particolare mi colpì molto: un ragazzo all’epoca 36enne che con la Dieta Lemme perse 110 kg in un anno. Affermava di aver cambiato vita e aveva lasciato il lavoro per seguire pedissequamente Lemme. Come lui, un’altra ragazza che perse 70 kg in meno di un anno. Ho paura di indagare per capire lo stato di salute attuale di queste persone. Le testimonianze delle “storie di successo” sono sul sito ufficiale.
Io non so da dove cominciare per farvi capire quanto terribile sia quest’alimentazione, quell’universo costruito da Lemme, a suon di insulti e violenze psicologiche. Non so nemmeno dire se tutto il suo metodo sia senza senso, resta il fatto che ad essere senza senso sia lui in persona. Lemme non ha decenza, non ha tatto, non ha umiltà, non ha rispetto. Che si goda il Grande Fratello, dov’è appena entrato come concorrente pronto a elargire la sua fede, perché è giusto li che può stare.
Concludo con una provocazione, prontissima ad accogliere tutte le critiche che vorrete farmi: Lemme è un genio del male. Io rimango “grassa come un vitello” e il mio corpo mi ha punita per averlo abbandonato nelle mani di questo folle, ma dopo l’esperienza descritta (cosa che non è stata facile come potete immaginare) ho di sicuro implementato saggezza e intelligenza. Per l’amor proprio purtroppo ci vorrà ancora un po’, anche grazie a Lemme.