Cos’è il Kamut: storia, proprietà e caratteristiche del marchio registrato di grano khorasan

Cos'è il kamut? Domanda lecita, che c'è tanto da dire a riguardo. Tutte le risposte tra storia, caratteristiche e differenze con il khorasan.

Cos’è il Kamut: storia, proprietà e caratteristiche del marchio registrato di grano khorasan

Magari vi è venuto in mente acquistando la pasta, o ponderando quale pane o farina acquistare dal fornaio. Magari il dubbio vi è sorto sgranocchiando un cracker o un biscotto, e sappiate che qui le coincidenze non sono affatto casuali. All’improvviso vi siete chiesti: “Ma esattamente, che cos’è il kamut?”. La domanda è lecita perché su questa antica varietà di grano c’è moltissimo da dire.

Ad esempio da dove arriva, perché si chiama così e quali sono (se ce ne sono) le differenze con il khorasan, nome che in questa vicenda torna in continuazione. Oppure perché lo si percepisce come cereale “ricercato” (a maggior ragione, visto il prezzo) e quali sono le sue millantate qualità nutrizionali. Oggi rispondiamo a tutto, dalla storia agli usi in cucina, per scoprire una volta per tutte che cos’è il kamut.

Cos’è il kamut

Kamut

Avete presente il concetto di volgarizzazione del marchio? Si tratta di un fenomeno linguistico per cui il nome di un brand diventa parola comune, soprattutto dopo un certo periodo dal suo rilascio. Sappiate dunque che dire “kamut” equivale a dire scottex, mocio, aspirina perché di quello di tratta. Kamut® è il marchio registrato di grano khorasan. La cultivar è la stessa ma i due nomi non sono interscambiabili: in primis per questioni legali, ma anche per i diversi approcci agricoli e standard di produzione.

Il lungo addio al Kamut, marchio registrato Il lungo addio al Kamut, marchio registrato

Di per sé il nome kamut significa “grano” in lingua egizia. La sua attestazione risale al Dizionario Geroglifico Egiziano di E. A. Wallis Budge, pubblicato a Londra nel 1920 da John Murray. Fa parte dei cosiddetti grani antichi: nativa dell’area Iran-Iraq-Asia centrale corrispondente alla “mezzaluna fertile” da sussidiario, la specie ha il nome scientifico Triticum turanicum. A differenza del khorasan, il kamut è designato dal punto di vista commerciale e la sua produzione strettamente regolamentata dall’azienda Kamut International Ltd.

Storia (e leggenda) del Kamut®

La storia del brand Kamut® ha il sapore di un Indiana Jones come non se ne vedono dal 1981. Da una (presunta) tomba egizia al Portogallo del secondo dopoguerra, fino al Montana dove il suo segreto viene svelato grazie a curiosità, scienza, progresso. Inserire qui inno americano con fuochi d’artificio stile 4 luglio. Ecco quali sono le tappe cronologiche di questa avventura:

  • 1949: Earl Dedman è un militare dell’aeronautica USA in Portogallo quando riceve dei semi di cereale dall’aspetto bizzarro. Chi glieli consegna dichiara di averli trovati in una tomba egizia (invenzione o storiella propinata in qualche mercato del Cairo? Chi può dirlo). Earl invia 36 semi a suo padre Rube, agricoltore a Fort Benton, Montana. Qui, dopo aver attecchito alla grande, il cereale viene rinominato “grano del Faraone Tut”.
  • 1964: il sedicenne Bob Quinn vede per la prima volta il grano del faraone alla fiera locale. Da figlio di agricoltori ne resta affascinato, anche quando l’hype per il cereale va scemando dopo qualche anno.
  • 1977: Bob ha appena conseguito un PhD in Biochimica delle piante alla California University of Davis. Sta mangiando uno snack Corn Nuts™ (ricordate il cracker dell’introduzione?) quando gli viene in mente il grano egizio. Chiama la compagnia per vedere se sono interessati a una collaborazione, ma il progetto non va in porto a causa delle basse rese del cereale.
  • 1978: Bob torna alla fattoria di famiglia a Big Sandy, Montana e con suo padre Mark lavora per aumentare resa e resistenza del grano.
  • 1986: la fattoria Quinn pianta il suo primo raccolto in regime biologico. Padre e figlio presentano il cereale in una fiera dedicata ad Anaheim, California e fondano la Kamut International Ltd.
  • 1990: viene registrato il marchio Kamut® e l’azienda convertita completamente al biologico.
  • 2010: la Kamut International ha più di 130 cooperative sparse in Stati Uniti e Canada. Coltiva in regime biologico più di 35 mila acri (14 mila ettari) in tutto il Nordamerica, in particolare Montana e le province canadesi Alberta e Saskatchewan.

Kamut vs khorasan: le differenze

Ma allora, se dal punto di vista botanico sono la stessa specie, quali sono le differenze tra kamut e khorasan?  Innanzitutto la terminologia: tecnicamente (anche se non specificato dal sito web dell’azienda) il Kamut® è una selezione di grano khorasan. Il claim ufficiale è che si tratti di un’antica varietà che non ha subito ibridazioni. Questo per dire che i termini non sono del tutto sovrapponibili anche dal punto di vista del Dna della pianta. Oltre che dal non trascurabile fattore marchio registrato, applicabile solo e specificatamente al Kamut®.

C’è poi l’area di produzione: il khorasan può essere coltivato ovunque, il kamut solo nelle zone in cui si trovano i consorzi approvati dall’azienda. Facciamo un paragone con il vino. “Spumante” è il nome generico per una tipologia che può essere prodotta in qualsiasi terroir; Champagne invece è il vino spumantizzato esclusivamente nella regione omonima francese.

L’azienda detta anche gli standard di produzione: se il khorasan può essere coltivato in qualsiasi regime, il kamut in teoria è strettamente biologico e non Ogm. Infine va incluso anche il fattore percezione. Proprio come qualsiasi brand, da consumatori siamo più portati a riconoscere il kamut rispetto al khorasan. E di conseguenza e a percepirlo come prodotto “superiore” o di eccellenza rispetto al meno noto, più rustico, meno controllato khorasan.

Caratteristiche

kamut

Il vademecum del Kamut® secondo il sito ufficiale sembra (giusto per restare in tema epico) la tavola dei dieci comandamenti. Troviamo una sfilza di “deve-non deve” che rispecchiano valori e filosofia aziendale. E che descrivono il modo in cui la Kamut International intende venderci questo incredibile, insostituibile cereale. Ecco quali sono le sue caratteristiche:

  • Deve essere di pura specie khorasan
  • Deve essere coltivato in regime biologico
  • Deve avere un contenuto proteico tra il 12-18%
  • Deve essere libero dal 99% dei contaminanti normalmente ritrovati nel grano moderno
  • Deve essere libero dal 98% delle malattie
  • Deve contenere almeno 400 ppb (parti per miliardo) di selenio
  • Non deve essere usato in prodotti che sono nominati o commercializzati in modo ingannevole

Valori nutrizionali e proprietà

kamut

Il kamut si presenta con larghi chicchi allungati color del miele. Contiene in media più proteine rispetto al grano duro, ed è particolarmente ricco in vitamina B, E, fibre, magnesio, selenio, zinco. Il suo amido è per il 2,5 più resistente di quello di grano tenero e duro. Per questo motivo viene considerato più digeribile e sembra promuovere sazietà, produzione di insulina e qualità della flora intestinale.

Alcuni studi hanno provato che animali nutriti a kamut dimostrano una risposta migliore allo stress ossidativo. Ciò suggerisce che il consumo di questo cereale possa avere proprietà antiossidanti, e dunque un ruolo nella prevenzione di malattie croniche. Va ricordato tuttavia che il kamut non è privo di glutine. Nonostante esistano studi rispetto al suo ruolo nel diminuire la sensibilità alla celiachia, chi ne soffre non deve consumarlo.

Usi in cucina

pane al kamut

Oltre a buttare la pasta e sgranocchiare il biscotto confezionato, c’è molto che si può fare con il kamut. Intendo ovviamente la farina che in commercio ha un costo medio di 11-12 euro al chilo. Un bel gruzzolo, ma considerate la qualità, il controllo, la digeribilità! Le prime due preparazioni che saltano in mente sono pane e pizza: italianizzamolo un po’ questo kamut, su.

Oltre alla gamma di prodotti da forno, vi propongo qualche ricetta meno scontata. Ad esempio il porridge realizzato con i chicchi interi di kamut. Oppure il kamut risottato, da abbinare a uno stufato di carne o verdure. Ancora: addensante per burger vegetali, i chicchi cotti e croccanti in insalata, soffiato in barrette proteiche o come topping per gelato. Le possibilità sono infinite, il kamut un po’ meno. Consiglio spassionato: quando non ne avete più, passate al khorasan.