Si chiamano “Nuove Tecniche Genomiche”, NTG per gli amici, ma in Italia le chiamiamo TEA, “Tecniche di Evoluzione Assistita” perché, ne converrete, suona molto più rassicurante così. E in effetti, siamo gli unici a non chiamare queste nuove tecniche con il loro nome, bensì con un altro acronimo, che è totalmente sconosciuto alla letteratura scientifica. Basterebbe questo a far capire la posizione del governo italiano, di Coldiretti e del Ministro Francesco Lollobrigida sulle “Nuove Tecniche Genomiche”, che il ministro ha appena definito “uno strumento essenziale per migliorare la sostenibilità dei processi produttivi in agricoltura e contribuire alla sicurezza alimentare e alla sovranità alimentare europea, che oggi consideriamo in pericolo”. D’altronde, che il linguaggio sia importante per far leggere tra le righe un giudizio di valore, ce lo insegna la storia della carne coltivata, che da questa parte della barricata si continua a chiamare “carne sintetica”.
Cosa sono le Nuove Tecniche Genomiche
Le nuove tecniche genomiche (NGT) sono – secondo la definizione ufficiale dell’Efsa – “tecniche di ingegneria genetica che possono alterare il materiale genetico di un organismo”. In pratica, tecniche che permettono di modificare il DNA delle piante tramite il “genome editing”, l’editing del genoma, senza inserire elementi genetici esterni, a differenza degli OGM: si creano così organismi cisgenici anziché transgenici. Tecnologie che sono state sviluppate negli ultimi due decenni (dopo l’adozione della legislazione UE sugli OGM nel 2001), e che quindi attendono ancora di essere normate nello specifico.
Il motivo che le rende tanto importanti, secondo alcuni, per l’agricoltura, è che, per esempio, le NGT hanno la capacità di rendere le piante resistenti a parassiti e malattie, o resistenti agli effetti dei cambiamenti climatici. Possono anche migliorare il contenuto di nutrienti nei prodotti, o ridurre il contenuto di sostanze nocive come tossine e allergeni. Un po’ come gli OGM, quegli Organismi geneticamente modificati contro cui tempo fa i consumatori sono stati messi in guardia. E in effetti, i prodotti ottenuti con queste nuove tecniche di editing genetico sono attualmente regolati dalle stesse normative che regolano gli OGM. Non proprio, dice chi è favorevole agli NGT, facendo notare che queste tecniche sono appunto “nuove” e ci sarebbe bisogno di una normativa specifica per regolamentarle.
Quali sono i rischi?
I rischi di un’apertura agli NGT, teoricamente, potrebbero essere gli stessi che comportano gli OGM (che peraltro non sono vietati, ma sottoposti a una valutazione scientifica del rischio e all’obbligo di tracciabilità ed etichettatura chiara, a tutela del consumatore), a meno che non si dimostri che ci sono delle differenze sostanziali. “Con la sentenza del luglio 2018 la Corte di giustizia europea ha rilevato che i rischi legati alle nuove tecniche di mutagenesi potrebbero essere simili a quelli degli OGM “classici””, spiega Greenpeace. “Per questo motivo, la Corte ha affermato che l’esclusione di queste nuove tecniche dalle esistenti norme sugli OGM vanificherebbe lo scopo stesso delle norme esistenti – proteggere la salute e l’ambiente – e non rispetterebbe il principio di precauzione”.
“Le NGT sono equivalenti agli OGM, pertanto devono essere regolamentate come OGM. I produttori devono essere tenuti a valutare il rischio, garantire la tracciabilità lungo tutta la filiera e indicare le modifiche genetiche in etichetta, a salvaguardia delle persone e dell’ambiente”, ha commentato la Coalizione Italia Libera da OGM quest’estate, quando sul tavolo della Commissione Europea è arrivata una proposta per esentare gli NGT dalle normative che riguardano gli OGM.
Cosa è successo a Bruxelles sugli NGT
Per ora, in Europa un accordo sul tema non si trova. Giusto ieri, il Consiglio Ue Agricoltura e Pesca (Agrifish) in corso a Bruxelles ha bocciato la proposta della Commissione europea sulla creazione di una nuova normativa sugli NGT. “Siamo vicini ad arrivare a un accordo, ma ancora non c’è la necessaria maggioranza per raggiungerlo”, ha spiegato il ministro spagnolo per l’agricoltura, Luis Planas, a capo della commissione, che ora lascerà tutto nelle mani della prossima presidenza, affidata al Belgio.
Dal canto suo, dopo la fumata nera della Commissione europea, il ministro Lollobrigida ha voluto ribadire che gli NGT sono “totalmente differenti dagli Ogm”, su cui “confermiamo la nostra contrarietà”. “Dobbiamo cogliere l’occasione per ripensare profondamente l’impianto della proposta”, ha detto Lollobrigida, auspicando “una riflessione complessiva sul mondo dell’agricoltura, della ricerca e dell’innovazione”. In effetti, un po’ come accade con la carne coltivata (su cui però la posizione del governo è diametralmente opposta) c’è da dire che già altri paesi nel mondo (a partire dagli Stati Uniti) hanno liberalizzato l’uso degli NGT, e stanno sperimentando sul tema, rischiando di lasciarci indietro, quantomeno da un punto di vista conoscitivo. Peraltro, noi nel frattempo ci stiamo portando avanti, supportando il CREA – il Consiglio per la ricerca in agricoltura – con Biotech, un progetto da sei milioni di euro (finanziato dal ministero dell’Agricoltura) per sviluppare gli NGT su diverse specie di piante (tra i casi più interessanti, dice il CREA, “c’è quello dei pomodori resistenti alla germinazione delle piante parassite, del frumento duro non attaccabile dalle malattie fungine e – in termini di qualità – le uve e le melanzane senza semi o le arance arricchite di sostanze antiossidanti”.
Neanche a dirlo, la posizione del Governo è la stessa di Coldiretti. “Per difendere la biodiversità, la distintività e vincere la sfida climatica, l’Unione Europea non può perdere le opportunità offerte dalla nuova genetica green (Tea) che non ha nulla a che vedere con i vecchi Ogm transgenici che in Europa sono stati sconfitti grazie alle nostre battaglie”, ha commentato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che ha sottolineato la necessità di “fronteggiare la sfida climatica, difendere e valorizzare il patrimonio di biodiversità agraria nazionale e la distintività delle nostre campagne, garantendo nuove possibilità di crescita e sviluppo a sostengo della sovranità agroalimentare del Paese”.