Una guida per non emarginarsi dopo la diagnosi di celiachia: le cause della malattia e le conseguenze nella vita quotidiana, non solo in tema di dieta senza glutine.
Celiaci si diventa. Cioè si nasce – è pur sempre una faccenda di predisposizione genetica –, ma finché non si innesca, non sai di esserlo. E potresti anche non venirne mai a conoscenza, se di fatto la tua predisposizione non si traduce in una malattia autoimmune.
Celiachia: come si scatena?
Che tu sia un dinamico 18enne, con cappellino e jeans strappato, in procinto di macchiarti la maglietta con il ragù di un arancino siciliano che trasuda tutti i secoli di storia dell’olio nel truck di ‘Tore u’ friggitore, o un distinto 60enne seduto al tavolo di rattan del bar “Molo 64” davanti a 250g di linguine allo scoglio, potrai scoprire, con immensa sorpresa, di essere uno dei 200mila celiaci italiani diagnosticati a qualsiasi età della tua età adulta.
La celiachia, se non sviluppata sin da piccoli, a un certo punto si innesca e basta. Così dice il gastroenterologo: la ricerca sta facendo il suo corso, ma, ad oggi, non sappiamo quali siano esattamente le cause della celiachia. Se lo sapessimo potremmo anche pensare a un farmaco o un vaccino che ne contrasti o prevenga gli effetti, ma non lo sappiamo, quindi non esiste la “pastiglia salvaguai” come per l’intolleranza al lattosio. Uno studio pubblicato sul British Medical Journal a febbraio del 2019, condotto da un gruppo di ricercatori norvegesi con a capo Christian R Kahrs, pediatra presso l’Østfold Hospital Trust di Grålum, evidenzia come potrebbe esserci una correlazione tra lo sviluppo della celiachia e un’infezione da enterovirus in età infantile.
Comunque sia, non appena scoperto di essere celiaco, e mentre il medico cercherà di tranquillizzarti su ciò che succederà da quel momento in poi, probabilmente inizierai a chiederti Perché proprio a me? In che senso celiaco? E adesso come farò? con lacrimoni e acquolina frammisti al pensiero dell’ingrassato arancino e della linguina che scivola tra le labbra in una giornata di sole pieno.
Quando ho avuto la mia diagnosi di celiachia – e per tutta la settimana precedente la visita essermi ripetuta ma no, non sono celiaca, non è possibile. Celiaca io? Nah, impossibile! Bevo la birra, scrivo di birra, che buona la birra… figurati se sono celiaca – ho pensato a una sola, lucida questione: la birra. Perché da quel momento sarebbero cambiate le mie abitudini alimentari, introducendo la dieta senza glutine, ma soprattutto, che fine avrebbero fatto i dieci anni passati a occuparmi di birra artigianale?
Immagina la sensazione di un panettiere con 30 anni di attività o di un ragazzo che sogna di fare il pasticciere (o il mastro birraio) quando gli dicono che è celiaco. È quella cosa lì: senso di colpa, afflizione, ma anche spirito di cambiamento, determinazione nell’affrontare una nuova sfida. Non sai bene nemmeno tu cosa prevalga davvero; forse solo la voglia di stare bene e dimenticarti dei sintomi della celiachia.
Ma quindi, cosa comporta la celiachia?
Inutile dire che le prime a cambiare saranno proprio le abitudini alimentari. Non solo nel seguire una dieta senza glutine, ma in tutto ciò che è approccio al cibo e che va gestito previa corretta formazione.
La spesa senza glutine
Soprattutto per una spesa senza glutine al supermercato bisogna partire con il piede giusto, ovvero conoscere – sì, praticamente a memoria – l’ABC del celiaco, con gli alimenti concessi, a rischio o proibiti, presente sul sito dell’AIC (Associazione Italiana Celiachia). È come andare al supermercato per la prima volta: fuori del reparto con i prodotti gluten free, dovrai saper leggere le etichette degli alimenti e capire se possano essere idonei o meno, mettendo in conto, almeno per le prime volte, un tempo medio di due ore. Certo, ogni volta che acquisterai un nuovo prodotto ci sarà l’emozione di assaggiarlo e per quelli che hai sempre consumato, la felicità di trovare riportata la scritta senza glutine.
La preparazione degli alimenti
Massima attenzione a tutti i possibili rischi di contaminazione, soprattutto se le pietanze senza glutine e quelle con vengono preparate nella stessa cucina e/o consumate sulla stessa tavola. Non bisogna utilizzare i medesimi utensili per i cibi con glutine e per i piatti senza, inoltre le pentole vanno lavate accuratamente; fino a pochi anni fa i gastroenterologi consigliavano di avere padelle, posate, piatti e bicchieri destinati esclusivamente al soggetto celiaco. Ricorda che le farine volano, ovunque, e s’insinuano in intercapedini che nemmeno sappiamo che esistano: se proprio non puoi evitare di usare farina di grano o derivante da cereali con glutine, assicurati di pulire benissimo.
Io ripongo il mio tovagliolo nel cassetto insieme agli altri, chiudendolo stretto in un sacchetto da freezer, e ho un asse di legno destinato alla pasta fresca senza glutine e ai dolci fatti in casa. Ho sviluppato superpoteri nel fermare il prepotente istinto di chi porta la forchetta alla bocca, contaminata dal pane, e poi tenta di infilarla nell’insalata russa che ho comprato in gastronomia dopo un quarto d’ora di lettura degli ingredienti e interrogatorio sulla preparazione. Dopo mesi, sto imparando anche a dominare il mio di istinto primordiale a rubare un grissino sulla tavola appena apparecchiata, e non è facile, ché se hai scoperto di essere celiaco a 26 anni, a volte, te lo devi anche ricordare.
Mangiare fuori casa
E qui sono dolori. Per essere sicuri al 100% si cercano i locali certificati AIC che hanno seguito una formazione professionale per la preparazione di cibo senza glutine – ma poi può succedere abbiano il cameriere che chiede Ma che grado di celiachia ha lei? che è tra le cose da non dire mai a un celiaco, almeno tu non stia cercando brutte risposte e inimicizie –.
Capita che locali certificati nel raggio di 20km non ce ne siano e quindi bisogna scegliere un posto che abbia cibi naturalmente senza glutine, sperando che, una volta comunicata la condizione di celiachia, in cucina sappiano esattamente di che cosa si stia parlando e come comportarsi per evitare la contaminazione (qualora non sia già avvenuta in fase di preparazione). In queste situazioni, è bene contattare prima il locale e informarsi circa la proposta, perché è vero che la carne e la verdura sono senza glutine, ma se preparati in una bella frittura con pangrattato tradizionale ce li possiamo dimenticare.
Personalmente, da neodiagnosticata, – sono nove mesi che ho scoperto di essere celiaca, rientro ancora tra i neo? – quello del mangiare fuori casa è l’aspetto che mi amareggia di più della celiachia. Confesso: da appassionata di cibo (e di birra, non dimentichiamo!) non poter più provare tutti i locali che vorrei, cercare, ad esempio, una pizzeria specifica quando le mie papille gustative reclamano una Margherita o dover quasi costringere chi è con me a scegliere un certo tipo di proposta è piuttosto scoraggiante. Per non parlare delle cene organizzate a casa di amici, dove capita ci sia anche un’intollerante al nichel o al lattosio: allora sì che ci si diverte a concordare il menù.
Insomma, la celiachia condiziona tutta la sfera di uno dei bisogni primari fondamentali: mangiare. Eppure trasforma anche la tua forma mentis:
- Diventi superorganizzato: sai già tutto prima. Dove e se mangerai; che cosa ci sarà sul buffet dell’albergo per l’intera durata della vacanza; quanto dista il locale con cucina senza glutine più vicino a te;
- Diventi consapevole di tutto quello che acquisti e che arriva sulla tua tavola;
- Diventi attento: ti fermi a pensare due volte. Se hai scoperto di essere celiaco in età adulta, dovrai imparare a modificare una serie di automatismi che fino a quel momento hai messo in atto come se nulla fosse (vedi il grissino) e, a dirlo, sembra facile.