Ed è subito psicosi: il day after della carne
Dopo appena quarantotto ore dall’annuncio dell’OMS, la coscienza collettiva sembra già segnata profondamente dallo spauracchio della carne = cancro. Come ha già notato qualcuno, ogni dieci anni ci ritroviamo a far battaglia: mucca pazza, influenza aviaria e, forse, questa è quella definitiva.
Diciamoci la verità, il mondo non l’ha presa bene.
I venditori al dettaglio, già provati dalla concorrenza di supermercati e filiere produttive molto più grandi, temono ormai il tracollo totale: alcune attività, macellerie e ristoranti in testa, lamentano un calo del 20% tra i clienti, segnali che ricordano la diserzione del 1996, a fronte del morbo mucca pazza. Per le filiere produttive il futuro è nero come il fumo di quelle bistecche che l’OMS ha decretato cancerogene: la Coldiretti (vabbè) stima 180mila posti di lavoro messi a rischio.
Per quanto riguarda i grandi marchi, la situazione cambia poco.
Nonostante la fidelizzazione dei consumatori per i grandi nomi come Il Consorzio di Parma e relative rassicurazioni riguardo alla lenta lavorazione del prodotto e non alla trasformazione dello stesso attraverso l’aggiunta di conservanti, i dubbi restano, soprattutto ai consumatori che, alla fine, saranno l’ago della bilancia in questa nuova battaglia alimentare.
Secondo l’agenzia dei consumatori, gli acquisti sono stabili.
Segno che la famosa fettina, almeno per il momento, è ancora nella busta della spesa, sana e salva.
[Crediti | Link: Dissapore, Ottopagine, Giornalettismo]