Settembre 2019. Erano i primi giorni del governo Conte bis, e il Partito democratico, che aveva appena messo piede nel governo, chiedeva a gran voce l’approvazione (“con urgenza”) di una legge che l’Italia aspettava, e aspetta ancora, da diverso tempo. Quella sull’agricoltura biologica, che tra le altre cose introduce il “marchio biologico italiano” e il piano nazionale delle sementi bio.
In quella data la Camera l’aveva già esaminata e approvata mesi prima, mentre il Senato l’ha tenuta nel cassetto procedendo molto lentamente. E come nelle migliori tradizioni legislative le nuove regole sono ancora nell’iperuranio parlamentare: la commissione Agricoltura di Palazzo Madama ci ha messo più di due anni per esaminarla e approvarla il 13 gennaio scorso, ora la parola passa all’assemblea e, poi, di nuovo alla Camera che dovrà concludere la staffetta parlamentare. O almeno si spera, è probabile infatti che la crisi di governo lascerà trascorrere un altro po’ di tempo prima dell’approvazione definitiva.
Il “marchio biologico italiano” e il piano nazionale delle sementi bio sono le due novità principali, ma la proposta di legge definisce anche i confini della produzione biologica (che includerà anche metodo biodinamico) e porterà il ministero dell’Agricoltura a scrivere un ampio piano d’azione per agevolare le conversioni dei terreni e sostenere le piccole aziende che decidono di non utilizzare diserbanti. La futura legge, se venisse approvata, aprirebbe anche un canale di risorse economiche da destinare alla ricerca del settore, finanziata con un contributo proveniente dalle imprese di diserbanti e pesticidi.
Cosa prevede
Con la legge arriverà il marchio del biologico italiano, un ‘bollino’ che potrà essere posto sulle confezione. Della sua realizzazione pratica se ne occuperà il ministero dell’Agricoltura, con un decreto, e ci sarà bisogno di tempo perché venga autorizzato. Sul fronte tecnico, la nuova legge istituirà un tavolo tecnico e un piano d’azione. Quest’ultimo sarà rinnovato ogni tre anni e avrà diversi obiettivi: favorire la conversione al metodo biologico delle imprese agricole (con sburocratizzazione delle procedure per le certificazioni e la nascita di distretti bio), sostenere le forme associative e contrattuali per rafforzare la filiera, monitore il settore attraverso il Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica (Sinab), spingere i controlli, le certificazioni e la tracciabilità dei prodotti biologici.
Un altro piano, invece, riguarderà le sementi bio, con l’obiettivo di aumentare la disponibilità dei semi e migliorarne la qualità. La legge permetterà alla comunità scientifica di affrontare le ancora numerose questioni aperte grazie all’erogazione di appositi finanziamenti economici, che arriveranno dal contributo annuale richiesto alle aziende che producono prodotti fitosanitari nocivi per l’ambiente. Il governo avrà 18 mesi di tempo dall’entrata in vigore della legge per migliorare le garanzie di terzietà dei soggetti autorizzati al controllo, rivedere le sanzioni e le norme per contrastare le frodi agroalimentari.
Più di un anno buttato
Del lungo iter parlamentare ci sono alcune date da tenere a mente. Maria Chiara Gadda, deputata del Pd, ha presentato la proposta sull’agricoltura biologica il 23 marzo 2018 (sua è anche la legge sullo spreco alimentare di due anni prima). Non un giorno qualunque, ma il primo dell’attuale legislatura, segno che il Partito democratico aveva molto a cuore il tema. Le intenzioni erano più che buone: il deposito del testo il giorno in cui è ‘nato’ il nuovo parlamento aveva lo scopo di accelerare l’iter legislativo per far diventare, in breve tempo, la legge realtà. Di più: lo stesso testo era stato già esaminato nella precedente legislatura ed è stato ripresentato tale e quale per non buttare un lavoro su cui anche altri deputati si erano spesi. In ogni caso, l’iter della politica non sempre corrisponde alle esigenze del paese, i tempi di approvazione sono stati normali, al Senato invece sono diventati biblici. E ora, complice la crisi di Governo, non è certo che la legge venga approvata definitivamente.
La proposta è stata esaminata la prima volta dalla commissione Agricoltura della Camera il 7 agosto 2018. Dopo soli quattro mesi – l’11 dicembre – è stata inviata all’assemblea che a sua volta ha dato il via libera velocemente. Il bicameralismo italiano prevede un secondo passaggio nell’altra ala del parlamento, il Senato, che ha ricevuto il testo due giorni dopo, il 13 dicembre 2018. È rimasta nel cassetto per tre mesi, dopodiché, a marzo 2019, è stata assegnata alla commissione Agricoltura. Come da prassi, i senatori hanno ascoltato le audizioni di esperti, rappresentanti di associazioni e professionisti che si occupano di agricoltura. Sono state dedicate agli interventi sette sedute, molte, ma il tema lo richiedeva. Il problema è che si è proceduto molto lentamente: nonostante il parlamento nei periodi di normalità può impiegare due settimane a svolgere questo tipo di audizioni, la commissione Agricoltura ci ha impiegato sei mesi, otto se si considera che la richiesta iniziale risale a marzo di quell’anno ma gli interventi sono iniziati a giugno. Tempi biblici, appunto. La seconda fase in commissione, che riguarda le modifiche al testo unico (oltre alla proposta Gadda ne sono state aggiunte altre simili), non è stata da meno. A fine gennaio 2019 era stata fissata la scadenza degli emendamenti. Dopo undici sedute, spalmate in un anno, la proposta è stata approvata dalla commissione il 13 gennaio scorso.
Perché è importante
Ormai da diverso tempo il nostro paese deve adeguare le norme sul biologico a quelle dell’Unione europea. Gran parte della politica agricola è regolata a Bruxelles; i singoli Stati sono chiamati a recepire (in tutto o in parte) le norme che vengono decise lì. Per questo la proposta di legge è importante, serve ad adeguare la normativa nazionale sia al vecchio regolamento Ue del 2007 sia al “nuovo” sulla produzione biologica, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022, salvo rinvii.
Riguardo allo stato dell’agricoltura biologica in Italia, il Bioreport del 2019 evidenzia luci e ombre. “A un mercato sempre dinamico e in forte crescita” fa riscontro “una produzione in fase di rallentamento per quel che concerne l’incremento di superficie coltivata, ma vivace per portata innovativa delle imprese (professionali) che, più delle altre, intraprendono percorsi diversificati per aumentare e stabilizzare i redditi e valorizzare meglio i propri prodotti, anche in assenza di un sostegno pubblico specifico”. Nonostante la dinamicità e i risultati economici interessanti, è tuttavia un segmento produttivo piuttosto vulnerabile, considerato che nel complesso è dipendente molto dal sostegno pubblico. “La legge nazionale – si legge – potrebbe dare un nuovo slancio allo sviluppo del settore”.
E ora?
Come detto, l’iter parlamentare non è concluso e, complice la crisi di governo, l’attesa non sarà breve. Tocca all’aula del Senato approvare il testo. Poi di nuovo alla Camera, perché il testo è stato modificato a Palazzo Madama. È il principio della “doppia conforme”, entrambe le Camere devono approvare lo stesso testo. Molto dipenderà dalla futura maggioranza di governo e, soprattutto, dal nuovo ministro dell’Agricoltura. Un cambio politico, con l’entrata di nuovi gruppi parlamentari, potrebbe riportare l’intero iter alla casella del via. Non resta che aspettare.
“Ora mi sento come se stessi aspettando qualcosa che so che non arriverà mai”, scriveva Charles Bukowski. Che è un po’ quanto sta succedendo nel nostro caso.