Branzini, persici, acciughe e tonno rosso. Tutti coltivati. C-o-l-t-i-v-a-t-i, avete letto bene, come zucchini o pomodori.
Tutto grazie ai progetti, già in corso d’opera, di alcune startup californiane specializzate in biotecnologia, che hanno l’obiettivo di riprodurre in vitro alcuni prodotti ittici dando loro lo stesso gusto e la stessa consistenza di quelli originali, come segnala il Corriere.
I progetti nascono da una carenza di pesce sempre più evidente, visto che, secondo la FAO, entro il 2050 si arriverà alla cifra di 10 miliardi di individui che traggono da pesci e molluschi il loro sostentamento.
Una domanda di pesce enorme, a cui i nostri oceani non sono in grado di far fronte, e davanti alla quale nemmeno gli allevamenti ittici, con le loro pesanti conseguenze in tema di impatto ambientale, sembrano poter dare una risposta praticabile o incisiva.
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Per questo la startup Finless Food, nel tentativo di trovare una soluzione, sta cercando di riprodurre in vitro carni di branzino, persico, tilapia e soprattutto tonno rosso, utilizzando soltanto alcune cellule “madri” dei vari tipi di pesce.
Un processo che si è rivelato molto più economico rispetto a quello per ottenere la carne in vitro, in quanto le cellule di pesce possono essere coltivate a temperatura ambiente invece che a temperatura corporea, come richiede la carne sintetica, con conseguente risparmio di energia elettrica.
Un’altra startup americana, New Wave food, considerto il deficit di offerta rispetto alla domanda internazionale, si è concentrata sui gamberetti in provetta.
Obiettivo doppiamente ambizioso, considerato che per impiantare gli allevamenti di gamberi occorre distruggere le paludi di mangrovie, che sono una barriera naturale contro uragani e inondazioni e che rappresentano l’habitat naturale di diverse specie di pesci tropicali.
Il vantaggio tuttavia è che i gamberi in provetta non hanno bisogno di uno “starter” di cellule animali, perché verranno prodotti a partire dalle alghe rosse, necessarie anche per dare il tipico colore rosato.
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Una bella sfida, che se vinta potrebbe risolvere parte degli enormi problemi legati alla scarsità di cibo e al progressivo depauperamento dell’ambiente. Anche se la sfida più grande, di sicuro, sarà quella del gusto: riusciranno i gamberi in provetta ad avere lo stesso, delicato sapore di quelli originali?
[Crediti: Corriere, Dissapore]