La scorsa settimana diverse testate nostrane hanno dato per certo l’atterraggio sulle nostre tavole di insetti e altri micro-organismi più o meno ben visti in Occidente.
Ma come puntualizza correttamente Il Post, l’avvento del novel food non sarà così immediato. Infatti il Parlamento Europeo ha approvato il 28 ottobre scorso una normativa che semplifica le procedure per ottenere autorizzazioni per la vendita di cibi esotici che fino al 1997 sono stati consumati in esigue quantità in Europa, ma per essere definitivamente ratificata occorre l’ulteriore sì del Consiglio dell’Unione. E gli effetti non saranno istantanei.
Ergo, prima di addentare cavallette croccanti e altri esserini multizampa ne passerà ancora, ma tra i cibi che rientrano in questa riforma ci sono le alghe che negli ultimi anni, complice anche il successo delle cucine giapponese e vegana sono sempre più presenti sulle nostre tavole.
Di certo sono già ampiamente usate in Giappone (appunto), Corea, Cina, Vietnam, Indonesia, Perù, Taiwan e Filippine ma non mancano anche paesi europei come Portogallo, Francia, Scandinavia, Irlanda, Galles e Scozia.
Quello delle alghe è un mondo sterminato ma quelle edibili e più facilmente reperibili sono una piccola loggia neanche tanto segreta.
Si dividono in tre colori, marroni (Phaeophyta), verdi (Chlorophyta) e rosse (Rhodophyta) e per le loro proprietà vengono spesso incluse tra i Superfood, ovvero cibi ad alto apporto nutritivo e non a torto, perché la lista di ciò che offrono è interessante:
la klamath che cresce solo nell’omonimo lago dell’Oregon è ricca di acidi grassi essenziali omega 3 e 6; la hijiki contiene 14 volte in più calcio del latte, elemento presente in copiose quantità anche nelle wakame e kelp; sono vere bombe di iodio la dulse (nel cui patrimonio ci sono anche magnesio e potassio) e la kombu, entrambe aiutano a regolare il metabolismo e il funzionamento della tiroide; la spirulina, una microalga verde in polvere, e la nori (quella dei maki, che contiene anche beta-carotene e taurina) hanno ferro e sono altamente proteiche; infine l’arame ha proprietà antivirali. E poi ancora vitamine A, B12 C ed E un po’ in tutti i tipi che ho menzionato.
Insomma, mangiare alghe è un buon affare per l’organismo e integrarle nella nostra dieta quotidiana non è poi così complesso, non richiedono enormi sbattimenti nella preparazione (salvo la wakame che ho in casa nelle cui istruzioni mi si intima di reidratarla in acqua per 2 ore!) e sono combinabili con tutti gli alimenti a nostra disposizione.
La dulse ha un retrogusto leggermente piccante ed è sposa perfetta di zuppe e cereali mentre la wakame insaporisce brodi e tofu ed è sempre presente lì, nella zuppetta di miso che sorseggio dal giappo sotto casa.
La kombu ammorbidisce e rende digeribili i legumi se unita durante l’ammollo e la cottura grazie alla presenza di acido glutammico (ma anche qui, la morte sua è finire in un brodino).
La hijiki crea connubi goduriosi con pasta e riso, lo stesso avviene per l’arame che ha anche un’affinità elettiva coi funghi.
I fogli di nori abbracciano il riso nel sushi e ben si combinano con il wasabi, mentre la spirulina, che si trova nel gomasio (insieme a sale marino integrale e sesamo tostato), è ottima con pesce e insalate e per arricchire gli smoothies, così come la klamath, commercializzata anch’essa in polvere.
E le alghe tornano utili anche all’industria alimentare. Da alcune tipologie rosse si ricavano l’agar agar (kanten in giapponese) molto usata nelle gelatine ed emulsioni grazie alla sua capacità addensante e se ne fa largo uso nella cucina molecolare, e la carragenina (che viene dal carragheen, un’alga rossa irlandese) che è impiegata nei dressing da insalata, in cibi dietetici e come conservante per carni e pesce.
Quindi, sebbene gli insetti difficilmente diventeranno la nostra pagnotta quotidiana, potremmo tutti quanti lasciarci sedurre da questo micromondo a noi in parte inesplorato, che non sembra affatto male.
p.s.: voi quali alghe usate e come?
[Crediti | Link: Il Post, Dissapore]