È o non è? Magari è capitato anche a voi di essere assaliti dal dubbio, ma quanti pistacchi potranno mai esserci a Bronte? Il fatto è che, se parliamo di pistacchio, tutto in Italia dai gelati ai dolci, dai pesti alle creme, sembra fatto con il frutto pregiato del piccolo comune siciliano alle pendici dell’Etna. Possibile? Per scoprirlo a Bronte ci siamo stati, proprio lì dove il pistacchio nasce, si coltiva, cresce, viene raccolto, lavorato e spedito. L’obiettivo è spiegarvi come riconoscere il vero pistacchio, come distinguerlo da quello che pistacchio non è, tanto meno di Bronte.
BENVENUTI A BRONTE: TERRA DEL PISTACCHIO
Oggi il territorio di Bronte è saturo di pistacchieti: alberelli dai rami fragili e collosi a causa della resina si diramano come radici al contrario e, miracolosamente, fuoriescono dalle rocce laviche, nere e ruvide come una grattugia.
Appezzamenti tortuosi di terra lavica rivolti sempre a ovest con alle spalle l’Etna, sui quali bisogna inerpicarsi durante la raccolta, rischiando, se va bene, di prendere una storta a ogni passo.
Ci si deve anche districare tra gli alberi femmine, che, come odalische, corteggiano i pochissimi alberi maschi dai tronchi più robusti e virili per farsi impollinare.
Durante la raccolta che avviene in questo periodo, tra agosto e settembre, i frutti vengono solleticati e fatti cadere nelle sacche legate al collo dei raccoglitori, o, dove possibile, sui teli sotto gli alberi.
Ma solo una volta ogni due anni, perché nell’anno che segue vengono levati dagli alberi “gli occhi” per consentire alla pianta di riposarsi e resistere maggiormente alle avversità.
Guai a mangiarli durante: “La febbre ti viene, la febbre!” è l’avvertimento che rende esplicito l’attaccamento dei parsimoniosi brontesi a ogni singolo pistacchio.
Sparse tra i pistacchieti si trovano alcune case, poco bucoliche in realtà, con grandi terrazzi dove i pistacchi vengono esposti al sole per essere essiccati nella fase finale della raccolta. E se il tempo minaccia pioggia i teli si chiudono subito a sacco per proteggere i frutti preziosi.
RICONOSCERE IL PISTACCHIO DI BRONTE
Il pistacchio a Bronte c’è sempre stato, ma la notorietà attuale risale agli ultimi 10 anni. Uno dei migliori frutti dell’Etna, che oggi parte da un costo di 40 euro al kg. a Bronte fino al prezzo di 96 euro al kg. da Eataly, molto elevato. Specie considerando che un tempo costava quanto il frumento.
Poi l’evoluzione: da ciliegina sulla torta nei pranzi importanti a guarnizione di pochi dolci, quindi ingrediente principale perfino nelle pietanze meno appropriate.
Proprio questo smodato, esorbitante successo, rischia di trasformarsi in un boomerang.
Come può un territorio tutto sommato piccolo soddisfare una richiesta enorme, visto che ormai tutto il pistacchio italiano è diventato “di Bronte”?
Non fatevi ingannare, dissipate i dubbi, vi diamo quattro semplici indizi per riconoscere il pistacchio che proviene da Bronte, quello di prima scelta, buonissimo, per cui nutriamo un debole.
1# FORMA ALLUNGATA
Se dovete acquistare i pistacchi sgusciati fate anzitutto attenzione alla forma.
Se tondeggianti non sono di sicuro pistacchi brontesi. La forma si sviluppa soprattutto in lunghezza con un rapporto di due a uno, come chicchi quasi appuntiti.
Se invece acquistate i pistacchi col guscio fate caso alle estremità del frutto, quasi mai molto pronunciate e rivolte all’insù. La forma sarà invece concava, a protezione del frutto.
2# COLORE VERDE INTENSO
Attenzione, la forma da sola non basta a distinguere il pistacchio di Bronte dagli altri, ad esempio da quello greco simile nell’aspetto.
Ci viene in aiuto il colore. La pellicina della buccia ha un colore che tende al violaceo, o meglio, al melanzana, con riflessi verde chiaro.
Spaccato in due parti, il pistacchio mostrerà il tipico colore verde smeraldo causato dall’elevata concentrazione di clorofilla, alle volte acceso, altre più tenue, mai giallo.
Se volete il vero pistacchio di Bronte diffidate da colori giallicci, più giallo c’è meno sono le possibilità che provenga da Bronte. Se acquistate la granella, noterete meno il colore viola, ma il verde sarà ben evidente, e al solito mancherà il giallo.
3# GUSTO TENDENTE AL DOLCE
Se siete ancora incerti, assaggiatelo. Il gusto tende molto al dolce sia al palato che subito dopo nelle vie retronasali.
Ecco perché non troverete mai in commercio il pistacchio di Bronte dop salato. La componente aromatica è così spiccata e persistente da non necessitare di salature.
A questo punto siete pronti per il test?
Attenzione: quale di queste due confezioni contiene sicuramente il pistacchio verde di Bronte DOP?
Se avete subito pensato al barattolo di sinistra avete indovinato. Se non avete saputo scegliere, o peggio, avete indicato il barattolo di destra, non demordete, vi resta un ultimo suggerimento.
4# DENOMINAZIONE: “PISTACCHIO VERDE DI BRONTE DOP”
Se i sensi non vi aiutano basta leggere le etichette e farlo bene. Sì, con grande attenzione, perché in commercio si trovano molte diciture generiche tipo “Pistacchio siciliano” o “Pistacchio di Bronte”. Peccato che nessuna delle due vi darà garanzie e certezze.
Meno di tutte la prima perché potrebbe riferirsi ai pistacchi di Agrigento o Raffadali, dove pure si coltiva l’oro verde.
Altre volte, in modo più subdolo, leggerete “Bronte” da qualche parte, magari nella sede dell’azienda che lo commercia, il che è ovviamente legittimo ma non vi assicura che il frutto provenga dalla città etnea.
Se volete essere certi oltre ogni ragionevole dubbio cercate l’unica denominazione che garantisce non solo la provenienza, ma anche qualità del prodotto: “Pistacchio verde di Bronte DOP”.
Tutto il resto potrà pure essere oro verde, ma non è detto che luccichi.
[CREDITI: FOTO ALFIO BONINA]