Proibire la vendita di alcolici ai minori di 16 anni come ha fatto il comune di Monza e forse farà quello di Milano, è una pratica repressiva e inefficace. Anziché cercare di comprendere, educare, e avviare comportamenti virtuosi, si impone la tolleranza zero chiedendo agli esercenti di fare gli educatori. Non discuto i danni provocati dalla diffusione di alcol tra i minori, ma il sistema scelto è sbagliato. Ogni tentativo in questa direzione ha ottenuto il risultato di potenziare la vendita illegale (ricorda qualcosa?) oppure è stato aggirato da semplici espedienti: documenti d’identità falsi, amico maggiorenne che si incarica della spesa, e così via.
Mi ricorda un film carino, Superbad, che narra dei giochetti messi in atto da adolescenti americani per procurarsi alcolici, e merita la visione: il sistema poliziesco law and order americano frana davanti ad una carta d’identità taroccata, ma soprattutto: l’adolescente che riesce nell’impresa è l’eroe. Non mi sorprende che questo atto repressivo provenga da un sistema che, nello stesso tempo, peggiora la qualità dell’educazione; rinuncia a formare i ragazzi – e queste cose, ve lo dice un venditore legalizzato di alcol, vanno spiegate dalle elementari – e prova ad arginare il preoccupante fenomeno con l’inutile paternalismo delle regolette aggirabili. Non basta.