Ogni volta che L’Espresso pubblica la guida Ristoranti d’Italia i lettori s’interrogano sui motivi di quella manciata di segnalazioni slovene.
La mezz’ora d’auto necessaria per arrivare dal confine di Gorizia al castello di Zemono, dove si trova il ristorante Pri Lojzetu, è una risposta convincente.
Perché privarsi dell’euforia che procura la cucina di Tomaz Kavcic (17 punti su 20, mica bruscolini) 46 anni, classico caso di chef famoso di cui nessuno ha mai sentito parlare (se non forse per l’invenzione della cottura su piastra di sale, uno dei suoi frequenti colpi di genio).
Niente torri merlate e ponti levatoi, il castello di Zemono è una grande villa di collina disposta su due livelli, uno per sale banchetti e ricevimenti, l’altro per il ristorante vero e proprio con stanze raccolte dalle volte basse, arredate con garbo e luci soffuse (fotografi siete avvisati).
Il menu di Kavcic entusiasma per le combinazioni audaci dei sapori originali della Valle del Vipacco, per la sua indole visionaria.
Il servizio, preciso, preparato e multilingue, poggia su un’esile partita di sette elementi ben guidata da Flavia Kavcic, moglie dello chef.
Scelto il menu degustazione che si muove liberamente tra carne e pesce s’inizia subito con un colpo di teatro: il picnic sul prato è servito sopra un cartone per le uova, accompagnato da un pinot noir brut.
Completano la portata un’impeccabile crema al rafano, l’olio croato di Mate, il sale di Pirano e il pane servito spezzato come si usa da queste parti.
E’ il turno dell’aggraziata trota salmonata su letto di pane accompagnata da una rapa rossa, quindi agnello cotto servito in una piccola terrina con crema di cavolfiore, uovo alla semi-coque su cui viene generosamente grattato del tartufo nero locale, e bon-bon al foie gras inserito in un bigné.
A idealizzare i coreografici exploit dello chef sloveno ci pensa la pronunciata mineralità di un Pinela a km zero, nato e passato in acciaio nell’alta Valle del fiume Vipava.
A introdurre gli scampi del Quarnero con fili d’erba è direttamente Kavcic: il sale è ricavato direttamente dai gusci degli scampi pescati nella nota regione adriatica, il resto del piatto è un’antologia di specialità della zona: alici slovene, formaggio dalmata (con nero di seppia a simulare l’effetto pepe) ventresca di tonno dell’Adriatico, frutto di una pesca fortunata di un esemplare da 200 chili.
Siccome i dettagli sono importanti nel piatto ci sono anche aria al gusto di basilico, olio di arance e zuppetta di olio d’oliva, lime e rosmarino.
Intervallo. Sauvignon Tilia 2015 dalla valle del Vipava passato in acciaio, molto aromatico.
La fortuna ci assiste, siamo nelle tre settimane all’anno in cui si trovano le uova di trota salmonata (allevate a Tolmino, comune sloveno nell’alto bacino del fiume Isonzo), disposte su un supporto di purè di patate con cetriolo, olio di oliva, lime e basilico. Tutto affumicato direttamente nel piatto di servizio.
Il risultato è un sapore tanto bilanciato da chiamare l’applauso.
Intervallo. Burja Bela, uvaggio di ribolla, malvasia e riesling (12,5°), prodotto nella valle del Vipacco in botti da 20mila litri, gusto rotondo.
Carota viola e rapa rossa essiccata rappresentano il terreno su cui l’aratro lascia solchi profondi, in una combinazione incredibile per sapore e risultato cromatico con la capasanta cotta nell’argilla (commestibile).
Ecco la cottura su piastra di sale marchio di fabbrica dello chef, nata per valorizzare la carne del branzino utilizzando le caratteristiche del sale di Pirano (una storica salina slovena).
Il sale viene steso sopra una piastra inox portata a 180°C. di temperatura, irrorata da un infuso di erbe aromatiche di campo per 20 minuti in modo da formare uno zoccolo su cui si cucinano i tranci di branzino (per 7/8 minuti).
Nel piatto il pesce arriva adagiato sopra una zucchina, servito con salsa di finocchio, mela, prezzemolo e albume.
Intervallo, pinot noir di Marjan Simcic 2009, impegnativo e dai toni asprigni.
Tutti gli abbinamenti evidenziano la fecondità del territorio intorno a Zemono.
La Rosa di Gorizia, un voluttuoso radicchio a forma di rosa, è un altro vanto locale. Per Kavcic è la classica madeleine proustiana, un piatto ricordo d’infanzia che mette insieme pasta, formaggi locali, ciccioli (essiccati per cui molto croccanti) e fagioli, tutto irrorato da olio extra vergine al lime.
La migliore pasta e fagioli della vostra vita.
In Slovenia senza brodi e zuppe non è domenica ha detto Kavcic, ospite nel 2015 Identità Expo. E questo, per chi faticasse a capirlo, è brodo chiamato caldo, crudo, secco.
Il brodo (inserito in una provetta da laboratorio) e la Tartare da guanciale di manzo sfilacciato contornata da verdure secche e salse piccanti, vengono serviti in un piatto di legno ricavato da un noce vecchio di 90 anni.
Intervallo. Calice di corposo merlot in purezza del 2009 passato due anni in botte.
Sono molti i clienti del Pri Lojzetu che frequentano il ristorante sloveno per mangiare la carne d’orso. Una scelta controversa che, com’è facilmente intuibile, non tutti condividono.
Per il piatto Kavcic usa guance d’orso cacciato in Slovenia (dove l’abbattimento è legale e regolamentato, data la popolazione degli orsi più ampia che in Italia).
Atmosfera splatter al nostro tavolo. Smartphone alla mano Kavcic ci mostra foto di zampe d’orso aggiungendo che tra i vari tagli di carne dell’animale la zampa è la più pregiata.
Il guanciale d’orso, cotto a 74°C. per 13 ore è servito su una pietra rovente con funghi porcini, lardo e germogli di bietola rossa.
Nonostante la cottura prolungata la carne dalla fibra lunga ha una consistenza piuttosto compatta e un gusto inusuale, con inaspettate note dolci.
Kavcic come detto rientra a pieno titolo nel filone dei cuochi d’artificio.
Prevedibile il colpo di coda nel finale della cena, con l’azoto liquido versato nel cestino di ginepro a centrotavola (che sprigiona effluvi profumando l’ambiente) per introdurre un ottimo gin-lemon, correttamente bilanciato, corredato di gelatina di limone.
La chiusura è affidata alla Zuppa di frutta e verdura, dessert dove con tecniche dell’altro mondo vengono fusi sette tipi di frutta e cinque verdure, arricchiti dal gelato alla vaniglia.
Capitolo prezzi: il menu da 7 portate (compresi due dolci e i benvenuti) costa 70€ compresi i vini abbinati.
Difficile trovare altrove un rapporto qualità-prezzo migliore.
[immagini: Chiara Soban | produzione: NAB]