Caponata, pasta alla norma, arancini, cannoli e granita. Cibo siciliano ma ormai globale che il mondo spesso mostrifica: roba da far indignare i puristi.
Le querelle, anche se divertenti, ci porterebbero fuori strada. I sapori che cuciniamo oggi non sono da esportazione ma riflettono il carattere siciliano non meno di quelli universalmente noti.
A base di prodotti semplici, che non hanno bisogno di complesse elaborazioni culinarie, si trovano soltanto in alcuni posti della Sicilia.
Ve li segnaliamo e vi diciamo dove andare per assaporarli al meglio.
SPAGHETTI CON LE PATELLE
Le patelle in dialetto siciliano, padelle in italiano, sono frutti di mare attaccati agli scogli affioranti. Per vivere hanno bisogno del sole caldo e dell’acqua di mare che le bagna in un lento andirivieni.
Dal diametro compreso tra 1 e 3 centimetri, si trovano nel litorale etneo, dove grazie alle rocce laviche la carne pur coriacea acquista un sapore unico. Arrivano fino a 10 centimetri di diametro quelle meno pregiate del mare di Pantelleria.
TRATTORIA DON SARO – CAPO MULINI
Per assaggiarle come condimento di uno spaghetto che non dimenticherete facilmente potete andare a Capomulini da Don Saro, trattoria alla buona con una vista da sogno sui faraglioni di Acitrezza.
Lì propongono delle buonissime mascoline alla brace.
Il piccolo cameriere tutto fare vi servirà più svelto possibile sotto lo sguardo severo di Gaetano, il titolare.
Il conto da Don Saro è alla portata di tutte le tasche tanto che il giornalista e scrittore Pietrangelo Buttafuoco, che se ne professa estimatore, piuttosto che cenare a La Rosetta, un ristorante romano tutto-pesce e tutto-vip, preferisce pagarsi l’aereo Roma-Catania, il taxi fino a Capo Mulini e il conto della verace trattoria.
Spende gli stessi soldi e in più si gode il mare.
OCCHI DI BUE ALLA BRACE
Più pregiati e cari delle patelle sono gli occhi di bue, altra squisitezza del litorale etneo. Sono frutti di mare con la conchiglia madreperlacea dai colori dello scoglio vulcanico, che costano in media 80-100 euro al kilo.
Per pescarli bisogna immergersi in fondali profondi anche 5 metri, in apnea, e capovolgere i grossi massi di roccia vulcanica, habitat naturale degli occhi di bue.
LA GROTTA – SANTA MARIA LA SCALA
Callosi e sodi ma non duri, sono i migliori frutti di mare che potete assaggiare. Lo spiccato e squisito sapore minerale suggerisce di mangiarli crudi o fatti alla brace e conditi con olio e limone.
Oppure nell’insalata di mare insieme a polpi, calamari, mazzancolle, così come si trovano dallo “zio Carmelo” de ‘La Grotta” di Santa Maria La Scala.
Gestito da padre e figlio, il locale si trova proprio dentro una piccola grotta lavica, con un numero ridotto di coperti anche fuori, lungo il marciapiede e nella piazzola con vista sul porticciolo del borgo di pescatori.
Occhio alle suggestioni se avete letto ‘I Malavoglia’.
Per preparare in casa gli occhi di bue acquistateli da Nitto, nel quartiere Ognina di Catania, anche in questo caso vicino a un porticciolo.
Il pescivendolo non teme rivali in fatto di frutti di mare.
MAURO
Perdonate la franchezza, ma il sapore sembra quello di una rotonda leccata a uno scoglio di mare. Parliamo del “mauro”, alga commestibile che cresce tra gli scogli di Acireale, nei punti di convergenza tra l’acqua salata e quella dolce delle fonti sottomarine.
Un tempo si assaggiava nelle bancarelle improvvisate lungo la strada, a crudo, condito solo con olio e limone. Oggi che il mare è meno limpido di un tempo la vendita interdetta, si trova ancora, alla chetichella, nei mercati di Acireale o Catania e in qualche locale che lo usa per condire spaghetti e ricci.
Se siete arditi provate a scovarlo ma prima familiarizzate con il venditore: vi deve dare un “mauro” più che sicuro.
PASTA COL SUGO DI SPARACOGNI
Da un’erba di mare a una di montagna. A Cesarò, paesino arroccato sui monti Nebrodi dove le sere di Agosto non è raro indossare il piumino, a primavera non mancano sulle tavole delle famiglie gli sparacogni, o “sparici i liara”, come sono chiamati nella zona.
Si tratta di una pianta spontanea che cresce nelle campagne incolte tra Etna e Nebrodi. I turioni, sottili e lunghi, simili agli asparagi ma dal sapore più amaro e selvaggio, vengono venduti a mazzetti dagli ambulanti.
A Cesarò si usano per uno tra i piatti più apprezzati della gastronomia locale.
Per cucinarli basta un soffritto d’aglio sfumato con vino bianco, quindi una salsa di pomodoro (messa a conserva nel mese di settembre) per addolcirne il sapore, oltre all’abbondante ricotta salata tipica dei Nebrodi che dona al piatto uno straordinario equilibrio.
Alcune varianti prevedono il concentrato di pomodoro o l’aggiunta di carne, ma la versione semplice resta la migliore.
FRATELLI MAZZURCO – CESARO’
Gianluca Barbagallo, proprietario del ristorante Fratelli Mazzurco all’ingresso del paese, proprio sotto la roccia, li propone su una pizza che non ha eguali.
Si possono provare anche con la pasta in bianco, ma per sperimentare la ricetta tradizionale con il sugo e la ricotta salata va chiesta un’eccezione alla Zia Vicenzina, capostipite dei Mazzurco, oppure optare per i suoi maccheroni fatti in casa “alla Riolo”.
PISCISTOCCU ALLA MESSINESE
“Tri cosi non mancunu mai a Missina, ventu, malanova e piscistoccu”.
L’ultimo piatto, il ‘piscistoccu alla messinese’ o ‘ piscistoccu alla ghiotta’, è tipico di Messina. Merita una menzione particolare per il carattere: è il tipico piatto che detesti o ami profondamente.
In questo caso più che arditi dovete essere dei veri avventurieri: dimenticate i sapori eleganti e le consistenze sensuali perché il pesce stocco, essiccato in modo naturale, ha personalità spiccata e un aroma che si riconosce. Anche da chi, appunto, lo detesta.
TRATTORIA DON NINO – MESSINA
Nella città dello stretto c’è una lunga tradizione in materia ma tra tutti i ristoranti lo specialista vero è “Don Nino”, della trattoria omonima in viale Europa, auto-definitosi “il mago dello stocco”.
L’aspetto solido, anche un po’ arcigno, da vera trattoria di una volta con le pareti in plastica decorate dalla pietra stampata, viene ampiamente compensato dalla cucina e dalla cortesia del proprietario e dei camerieri.
Don Nino propone il “tris di stocco”, tre ricette diverse servite in altrettante abbondanti portate. La prima è il pesce stocco a insalata, cioè a tocchetti crudi, condito con pomodoro e cipolle crude.
Segue la ricetta alla ghiotta: capperi, patate, cipolla, sedano, un’infinità di olive verdi e salsa di pomodoro abbondante. Nella terza versione il pesce stocco si accompagna con pomodoro ciliegino, aglio e tanti aromi.
Visto che siete in Sicilia dopo pranzo una granita è d’obbligo, oltre che necessaria. Magari al limone per rinfrescare il palato, lo stomaco e, dopo tante libagioni, anche le idee.