“Resto un gregario”. Così, con lo stesso spirito che anima queste poche, schiette parole di disarmante semplicità e umiltà, sono diventati i migliori del mondo. “Sono diventati”, plurale, perché non si vince da soli.
Chi parla è Beppe Palmieri, numero due nonché sommelier dell’Osteria Francescana di Massimo Bottura, ristorante insignito del titolo di migliore del mondo dalla 50 Best Restaurant 2016.
E se è innegabile che all’Osteria Francescana, così come in qualsiasi altro ristorante di quel livello, ci si vada principalmente per gustare cibi che rappresentano un’esperienza gustativa unica è altrettanto vero che la scelta dei vini dovrà essere all’altezza di tale livello di eccellenza.
Per questo Palmieri sceglie con cura meticolosa i vini da proporre in abbinamento ai piatti degustati dai fortunati clienti che saranno riusciti a prenotare un tavolo (è il caso di dirlo: il locale, infatti, sulla scia della recente incoronazione, è sold out fino a settembre).
A Luciano Ferraro del Corriere il sommelier ha detto:
“Puntiamo sui bianchi naturali e autentici”, spiega Palmieri, iniziando l’illustrazione della filosofia enologica dell’Osteria con due vitigni in contrasto.
Timorasso di Walter Massa, nella versione non affinata nel legno ma in vasche di cemento e dotato di “energia rustica che conquista e da una vera fisicità”, proveniente da una piccola zona del Piemonte.
Il Fonte Canale, un Trebbiano d’Abruzzo “molto minerale e fresco”, prodotto a pochi chilometri dal mare di Pescara, vino per cui la titolare, Cristina Tiberio, fece a suo tempo sradicare varietà internazionali per far posto al nuovo vitigno.
Ma tutti i vini selezionati da Palmieri sono scelti con particolare cura e attenzione, vini fatti con “testa, mani e cuore del vignaiolo, e che non raccontano solo la sua persona, ma svelano un territorio. Diversi di anno in anno e irripetibili, vendemmia dopo vendemmia”.
In quest’ottica l’attenzione di Palmieri si dirige verso i piccoli produttori, “quelli che ci permettono di raccontare storie di persone mentre riempiamo il bicchiere che dà valore aggiunto al piatto”.
Come Christian Bellei di Cantina della Volta, a pochi chilometri da dove si trova il ristorante, e il suo Lambrusco di Sorbara.
Oppure il Boca, il Nebbiolo o il Vespolina di Le Piane, cioè di Christoph Kunzli, svizzero, da vent’anni trasferitosi nel novarese.
Quindi la Ribolla di Damijan Podversic o l’SP68 che arriva da Vittoria, dalle sapienti mani di Arianna Occhipinti, così come anche il Grotte Alte, dal nome dei costoni su cui poggia il paese stesso.
C’ è anche spazio per il Brut metodo classico MG09 del modenese Marco Gozzi, ideale per l’estate.
Si finisce con un rosso Chateau Musar e il vermouth bianco del riminese Dibaldo, servito come drink con acqua brillante, limoni di Sorrento e sale alla vaniglia, in omaggio, continua Palmieri, a Marcello Mastroianni, in un’armonia di apparenti contrasti sapientemente abbinanti.
Proposti con infinta cura, ricerca, attenzione ma soprattutto amore per il proprio mestiere.
Solo così si arriva ad essere i migliori del mondo.
I menù degustazione al momento sono tre: Tradizione, con i piatti più famosi di Bottura a 180 €; Innovazione: con i nuovi piatti ideati dallo chef a 195 €; un terzo menù con i piatti provenienti da entrambe le carte chiamato Supermenu a 210 €. A cui andranno aggiunti 135 € per l’abbinamento dei vini.
[Crediti: Dissapore, Corriere della Sera]