Per Filippo Tommaso Marinetti, ancora e sempre di gran moda (cucina futurista, cocktail futuristi), era il posto dove scrivere il manifesto del movimento artistico che aveva appena fondato. Ancora oggi, appese alle pareti, ci sono 3 sue opere.
E se vi accomodate nella sala Toscanini (altro cliente illustre) sarete lì dove Onassis e la Callas (icone del gossip anni Settanta) consumavano il loro amore extraconiugale.
Una storia piuttosto lunga quella del ristorante Savini.
Vale la pena di ricordarla adesso che l’istituzione milanese, in Galleria Vittorio Emanuele dal 1868, rischia che il suo contratto d’affitto non venga rinnovato.
Nato come caffè, trasformato nel 1876 nella frequentatissima Birreria Stocker, nel 1884 venne rilevato da Virgilio Savini che nel 1906 lo cederà a Giuseppe Bodina.
Con Bodina appaiono i divani di velluto, i tavolini con i tipici paralumi rossi, i grandi candelabri e le fioriere in ferro battuto, gli unici arredi sopravvissuti alle devastazioni della guerra.
Il 26 dicembre 1950 è riaperto al pubblico con due sale che si vestono, come all’inizio del secolo, di divani cremisi, di specchi, di lampadari in cristallo e vedono sfilare i vip dell’epoca: Maria Callas, Luchino Visconti, Charlie Chaplin, Totò, Grace Kelly.
Nonostante gli anni si facciano sentire, va riconosciuto a Savini di avere rifuggito lo status di trappola per turisti che affligge altri locali della Galleria milanese.
Ora però l’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) ha messo in discussione il prolungamento del contratto d’affitto per altri 12 anni nella Galleria, senza un regolare bando di gara e ovviamente senza contendenti, benché il Comune di Milano lo avesse già approvato con questa spiegazione:
«La sostituzione di tali attività con marchi diversi intaccherebbe sensibilmente l’immagine e identità storica della Galleria, compromettendone in parte l’attrattiva turistica e culturale».
Ma il parere dell’Authority è diverso: serve una gara per affittare i locali: il Comune ha 30 giorni per consegnare le controdeduzioni. Oltre a Savini sono a rischio Il Salotto e La Locanda del Gatto Rosso.
Attualmente Savini paga al comune di Milano un canone di locazione di 537mila euro, il Salotto 75mila euro e La Locanda 74mila. Nella delibera approvata, invece, si menziona un ritocco degli affitti, ma il costo finale non era ancora stato calcolato.
[Crediti | Link: Corriere Milano]