Un sorriso che illumina il viso, e che fa l’effetto di trovarsi tra cespugli di lamponi maturi, rossi e leggermente aciduli in quelli che guardano Sara Simionato.
Nonostante i premi la modestia è disarmante, e sì che da 5 anni ormai lavora in un ristorante con due stelle Michelin.
La incontriamo nelle cucine di Cera, a Campagna Lupia, provincia di Venezia: entrata in punta di piedi in breve è diventata responsabile della linea “pasticceria moderna”.
Cerchiamo di capire cosa significa e, come abbiamo fatto con Isabella Potì del ristorante Bros di Lecce, scopriamo il lavoro di pastry chef all’interno di un ristorante. Non una qualunque, visto che Simionato è stata premiata dal Gambero Rosso come migliore pastry chef d’Italia nel 2016.
Padovana, si è formata alla Scuola alberghiera di Castelfranco Veneto, per approdare poi all’Atelier de Jean-Luc Rabanel ad Arles, in Francia, dove è diventata commis di pasticceria. Un’esperienza di una stagione cui è seguito il rientro in Italia.
La decisione di puntare su Cera non è stata casuale, insomma, niente matita alla cieca puntata sul mappamondo dei ristoranti. Da un lato c’era la volontà di restare in un ristorante con due stelle, come lo era l’Atelier di Arles, dall’altro la piena corrispondenza tra lo stile del ristorante di Campagna Lupia e il suo modo di intendere la pasticceria.
In questi 5 anni Sara ha acquisito maturità di pensiero e di gusto e ora dice di sé:
“Prima lavoravo e poi correggevo, oggi l’approccio è esattamente l’opposto. L’idea viene prima della realizzazione: conosco meglio gli ingredienti e se prima arrivano a impiegarne 11 per un solo dolce, ora il numero è diminuito ma è aumentata l’intensità. Riesco a trasferire in un dolce invernale il desiderio di starsene in casa e in uno estivo la voglia di uscire e vivere la natura”.
E’ il momento della domanda fatidica, le chiediamo che differenza c’è tra pasticceria classica e quella da ristorante.
Sono due scuole diverse, spiega Sara, per tempi di consumo e per ingredienti. Il dolce da boutique dev’essere bello, appariscente, e deve resistere a lungo (per esempio, le pasticcerie impiegano una panna che ha una percentuale di grasso maggiore).
Di conseguenza parlare di una “carta dei dolci” fatta apposta per il ristorante ha molto senso: la capacità di Sara è stata quella di allinearsi allo stile di Cera.
“La mia carta dei dolci è in sintonia con il menu del ristorante, un percorso fluido che ripercorre la suddivisione tra antipasti, primi e secondi”.
Anche per i dolci, dunque, è previsto un percorso che da leggerezza e sapori più tenui o erbacei sale verso toni corposi e accesi. Dimenticate però il gran finale fatto di burro, creme, panne e sapori stucchevoli.
Dimenticate anche le torte a strati e i bignè: mano e palato della moderna chef pasticciera guardano al bosco, alla terra, giocando casomai con l’acidità degli ingredienti.
Insalata di mirtilli e timo, con gelato all’anice e meringa alla menta
Nel suo menu i convenevoli iniziali spettano a questo dolce.
Che è come spostarsi da Campagna Lupia in modo fulmineo per ritrovarsi nel fresco di una malga di montagna tra vette innevate e mucche al pascolo: nel piatto il ricordo nitido del miglior pane burro e marmellata che avete mangiato.
Poi, affondando il cucchiaio nel gelato all’anice lo scenario cambia: non saprete se guardare al pastis di Marsiglia o all’arak del mondo arabo.
Foglia di cioccolato con marmellata di albicocche e polvere di cardamomo
Dalle mani di Sara nascono anche miniature raffinate capaci di concentrare un intero frutteto in poche gocce di confettura.
Riuscirete perfino a notare l’odore salmastro della laguna veneziana nel miele di barena (la parte di terra che affiora all’interno della laguna quando si abbassa la marea) trasformato in perle lucenti.
Pain d’epices con ricotta di bufala e miele di barena in perle
Macaron verde con cremoso al bergamotto
Essenza fredda di menta con sorbetto di lime e granita al rum
Terra Bruciata
Vi trovate sulla sommità di un vulcano addormentato. La terra minerale è polvere di meringa che attraversa le tonalità del grigio; la lava, invece, uno sbuffo giallo di cardamomo.
A portare dolcezza inattesa nel brullo paesaggio provvedono gelato al latte, miele e cubetti di pera: come a dire che il cuore del vulcano è ancora capace di smuovere i sensi.
“Ho 4 ingredienti preferiti –dice la giovane pasticciera– il primo è il pistacchio, per colore e versatilità. Poi il lampone, colore acceso e sapore asprigno. Poi yogurt e ricotta: il primo per la sensazione di freschezza, l’altra perché si presta a tante lavorazioni diverse.
Nel pensare a un dolce parto dall’ingrediente principale, attorno al quale costruisco il resto. E mi fermo quando capisco che le parti messe insieme hanno un senso: non esistono tempi certi, possono servire un giorno o un mese”.
Il menu dei dolci di Sara Simionato cambia ogni 2/3 mesi e poi ogni anno. Non si ferma né ama ripetersi, benché anche la carta dei dolci abbia bisogno di qualche “classico”, nel suo caso “Giardino Zen”, un piatto con polveri di pistacchio, chantilly al cocco e sorbetto alla viola, molto amata dai clienti.
[Crediti | Immagine di copertina: Maestro Martino, altre foto Caterina Vianello]