Siete lettori avveduti, che la Puglia non è soltanto Salento lo sapete da voi. Per esempio: Polignano a Mare (BA).
A parte i vicoli della città vecchia riempiti da “Il Libro Possibile“, festival letterario che in estate porta nella cittadina dov’è nato Domenico Modugno, a mezz’ora da Bari, una folla enorme, il pezzo forte restano le grotte marine.
Inclusa quella che racchiude Grotta Palazzese, indiscutibilmente uno dei ristoranti più belli d’Italia, con annesso omonimo hotel a quattro stelle.
Lo rende unico agli occhi dei turisti che guardano dalla spiaggia del paese, così come a quelli di milioni di stranieri, folgorati dalle immagini che circolano sul web, è proprio la sorprendente ambientazione all’interno di una grotta nell’Adriatico.
E noi, noi Italiani che Polignano a Mare ce l’abbiamo qui a due passi, vuoi non avere il legittimo desiderio di provare il ristorante, almeno una volta nella vita. Almeno per avere modo di dire agli amici “io ci sono stato”.
Vi aiuta Dissapore, ma attenzione, con una premessa: il romanticismo non ha prezzo.
La prenotazione
Più che gradita, come suggerito dal sito, la prenotazione è necessaria. Al telefono apprendiamo che servono tre giorni per un tavolo nel dehor del ristorante, nemmeno troppo.
Piccola nota folkloristica: la musica d’attesa è il ritornello di Meraviglioso, per ribadire che Polignano a Mare è la città di Domenico Modugno. Sarà orgoglio locale o il primo indizio di un locale molto attento al turista?
Ci spiegano anche che i posti vengono assegnati al momento dell’arrivo. Ovvero, non importa quanto sia speciale questo giorno per voi o con quanto anticipo abbiate prenotato l’esclusiva cena in grotta: nulla vi assicura i tavoli più ambiti (quelli a strapiombo sul mare, ovviamente).
Nota bene: stiamo parlando della versione estiva del ristorante. La grotta è aperta da Pasqua a ottobre; tenetelo presente nel prenotare la cena. Durante il resto dell’anno è disponibile il “Sea lounge”, un salone vista mare ben meno esclusivo. Perché diciamocelo, se volete andarci è principalmente per la location.
Atmosfera e mood
Il motivo per cui Grotta Palazzese potrebbe valere il biglietto, come dicevamo, è senza dubbio l’atmosfera. Se la grotta è lì dai tempi del neolitico il parquet è opera più recente, eppure l’armonia tra elementi naturalistici e architettonici è inconsueta.
Del resto, fare scelte d’arredo essenziali era l’unica via per esaltare la magnificenza della natura circostante senza cadere nel trash. Quindi: tutto minimal e le luci sono tenui, perché la luna che dà sul mare, vista da una spelonca, è più scenografica di qualunque lampadario, per quanto sfarzoso possa essere.
Calcolate che nel già nel ‘700 i nobili del posto ci organizzavano le feste: insomma, che questa grotta suggerisca sfarzo è chiaro da tempo.
Chissà che abiti all’epoca. Oggi, al tempo del “casual elegante” come dogma, da Grotta Palazzese sono banditi pantaloni corti e infradito, dress code tutto sommato giusto.
La spiegazione del menù
Non chiedeteci per quale motivo i due menù degustazione si chiamino Istinto e Essenza. Ce lo siamo chiesto senza trovare spiegazioni plausibili. A meno che, siccome il primo costa meno dell’altro, molti potrebbero sceglierlo facendosi guidare, appunto, dall’istinto.
Impossibile non notare che nel menu del ristorante che si definisce “d’alta cucina” i nomi dei piatti misurano oltre 130 caratteri (a stento entrerebbero in un tweet). Con generoso impiego dei termini che fanno arcuare il sopracciglio di noi clienti, vedi chiffonnade di carote (taglio a strisce usato principalmente per le verdure a foglia verde) e crumble (dolce a base di frutta cotta) di cucunci (il frutto del cappero) accompagnano il baccalà in salsa di cetriolo.
Ci avvertono, sempre nero su bianco, che i menù degustazione si realizzano per tutta la tavolata; non c’è scampo per il povero commensale che vuol mangiare (e spendere) meno degli altri, scegliendo tra le proposte alla carta. Decisamente troppe per un ristorante interessato a mantenere alto il livello dei piatti, visto anche quanto costano (stiamo per scoprirlo).
“I prodotti potrebbero essere congelati o surgelati all’origine”, bisbiglia una postilla in carattere micron. Ma nessun asterisco accompagna gli ingredienti che, nello specifico, non sono garantiti come freschi.
E per quanto ne sappiamo noi i clienti non sono tenuti a conoscere “la stagionalità”, né a indovinare la “reperibilità” delle materie prime. Specialmente quando si parla di pesce, protagonista assoluto, come doveroso, di questa cucina.
Il cibo
Abbiamo detto pesce. Con impiattamento ancora fermo al baffo di salsa fatto col cucchiaio e al pomodorino confit sull’angolo. Traduzione: in tavola non contemplerete lo stesso spettacolo che avete intorno.
Tra presentazioni desuete e dosi in linea con le convinzioni di chi avversa la nouvelle cuisine (cioè, piuttosto scarse), Grotta Palazzese sarebbe perfetto, quanto a cibo in sé, se fosse una di quelle osterie “dove si mangia bene e si spende poco”. Senza abbuffarsi, però. Del resto i sapori tipici ci sono tutti, orecchiette e gratinature comprese.
Interessante il “Polpo in due cotture, Pappa al Pomodoro e la Scarola Ripassata”, mentre “Tre visioni della Polpetta: Crema di Piselli, Salsa di Mandorle e Sugo di Pomodoro sembra il manifesto dell’inevitabile connubio tradizione-innovazione.
Il prezzo
Una sola parola: coperto. 10 euro di coperto, per l’esattezza. Giustificabili, sì, da una posto che esclusivo è dire poco e che certamente ha costi di manutenzione sopra la media.
E però, i prezzi dei piatti sono poco digeribili.
“Istinto”, il menù di sei portate dedicato al pesce con tiramisù finale, costa 130 euro. 110 in versione ridotta, con 4 portate dolce compreso.
“Essenza”, degustazione più ambiziosa per la partecipazione straordinaria della polpa di riccio e per l’impiego del tonno scottato (qui in versione orientale, dicesi Tataki: scottato e in crosta di semi, che la fantasia del ristoratore occidentalizza con yogurt al basilico), costa ben 150 euro.
Cosa vi ricordano questi prezzi? Ve lo diciamo noi: un ristorante stellato. Ma di stelle Michelin al Grotta Palazzese manco l’ombra.
La media dei piatti alla carta è di 40 euro a portata, antipasti compresi.
Vada per le crudité, che raggiungono prezzi simili anche in locali meno ambiti, ma sembrano eccessivi 37 euro per il “Fiore di Zucca farcito di Ricotta, il morbido di Pomodori Secchi e la Mousse di Olive” (perché tutte queste maiuscole, poi? Pomodori Secchi è un nome proprio o è forse dotato di copyright?).
Soprattuto perché non stiamo parlando del prestigioso fiore di zucca di Heinz Beck (tre stelle per La Pergola, Roma). No, decisamente no.
[Crediti | Link: immagini: Archilovers, Teoinpixeland]