“Hey, tu, ragazzo! Sì, tu, che vuoi fare l’alberghiero per poi diventare il novello Cracco, andare in TV e firmare contratti milionari.
Fermati, aspetta un attimo, lascia che ti racconti un po’ di cose sui ristoranti, sugli chef, sui loro guadagni, presunti e reali, e sulla bella vita che certamente ti stai prefigurando….
Qualcuno ti deve chiarire che le cose non stanno proprio così, che il mestiere dello chef-star, tutto genio e arte, lontano dagli adempimenti quotidiani (leggi: scadenze, duro lavoro e conti da far quadrare), in realtà non esiste, e forse non è mai esistito.
E se qualche artista “puro”, lontano dai retaggi della realtà quotidiana è mai esistito, quello era Van Gogh, e non ha fatto una bella fine”.
La verità è che oggi la realtà è ben diversa, e presenta il suo duro conto anche agli chef più acclamati, anche loro costretti, se vogliono sopravvivere in un mercato estremamente competitivo, a conciliare la loro “vena creativa” con costi e ricavi, consuntivi con preventivi, obiettivi sperati con obiettivi realizzati.
E non sempre, e soprattutto non tutti, ci riescono.
Dai, vieni, facciamo un po’ di conti.
I FREDDI NUMERI
La fase di contrazione della spesa degli italiani nel settore della ristorazione iniziata nel 2008, come riporta un lungo articolo di Corriere Economia, si è finalmente interrotta nel 2015, e al momento l’Italia, con i suoi 76 miliardi di euro (dati 2015), è il terzo mercato europeo dopo Regno Unito e Spagna.
Nel 2015, tra gennaio e settembre, sono state aperte quasi 13.000 nuove imprese ristorative. Peccato che oltre 20.000 siano state chiuse, con un saldo negativo di oltre 7000 esercizi (dati Osservatorio Confesercenti).
Per quanto riguarda i ristoranti stellati invece, 334 in tutta Italia, è vero che il loro fatturato complessivo 2016 è stato di ben 259 milioni di euro, il 4,1% in più rispetto al 2015, ma va precisato che questi ristoranti sono soltanto lo 0,17% del totale, cioè dei 201.400 ristoranti presenti in Italia ad agosto 2016 (197.000 nel 2015). E quindi, non così rappresentativi dell’intero comparto.
E anche se il settore, che comprende comunque anche i bar (171.315 nel 2016), ha fatto registrare dal 2012 a oggi un trend positivo, con un incremento di 29.000 attività rispetto al 2012, vale a dire l’8,3% in più, si deve puntualizzare che circa la metà delle nuove aperture ha chiuso definitivamente entro i primi tre anni di vita.
LA NOTA DOLENTE DEI COSTI FISSI
Il motivo sono i costi, ovviamente, in primis i costi fissi, dal personale all’affitto dei locali.
“Su 100 che incasso, a me ne rimangono 10 – dice Mauro Ricciardi, chef ligure che gestisce la Locanda dell’Angelo (ex Paracucchi), nella stessa provincia- . Un ragazzo appena uscito dalla scuola alberghiera può guadagnare fino a 1.200 euro”.
Cifre che salgono quando si sale di grado, fino ai 2.000-4.000 euro di un sous chef e ai 5.000-7.000 euro di un capocuoco o executive chef”.
Dati confermati anche da Davide Scabin, chef del Combal.Zero di Rivoli, alle porte di Torino, quando dice che “il costo del personale in Italia è altissimo se non vuoi far lavorare la gente in nero”.
Anche Andrea Berton, titolare dell’omonimo ristorante a Milano, è dello stesso avviso: “Non tutti capiscono il lavoro e l’impegno dietro un piatto e giudicano eccessive le cifre che si spendono in un ristorante di qualità. Ma il punto è proprio questo: perché per una borsa artigianale si accetta l’idea di spendere tanto, e per una cena di alta qualità no?”.
Senza parlare di altri costi di gestione, in apparenza ininfluenti –i costi “invisibili”, come li chiama Berton– ma che hanno un peso tutt’altro che trascurabile. Ad esempio quelli per le pulizie, “che possono arrivare fino a 7.000 euro al mese”.
CI VORREBBERO TRE LAUREE
Per fare andare in attivo i conti di un ristorante, quindi, non basta essere bravi in cucina, non più. Come ricorda ancora Davide Scabin, quello è solo “il punto di partenza. Ci vorrebbero tre lauree: in economia, per gestire i bilanci. In comunicazione, perché senza marketing puoi essere bravissimo ma fatichi. E una in scienze dell’alimentazione, per gestire menu e carte in modo scientifico”.
E se eventi, cooking show, servizi di catering, libri e manifestazioni varie sono attività utili per sostenere il fatturato, è altrettanto vero che il vero colpo di fortuna è rappresentato dalla partecipazione a un programma tv di popolare e di successo.
Programmi come Masterchef, Cucine da incubo o Quattro ristoranti stanno facendo lievitare la popolarità e le attività degli ormai celeberrimi Cracco, Cannavacciuolo o Borghese, che probabilmente, senza la spinta della popolarità televisiva, non avrebbero raggiunto livelli di reddito più stellari che stellati.
Eccoli:
I REDDITI DEGLI CHEF STAR
Famiglia Cerea, Da Vittorio, 15.461.865
Fratelli Alajmo, Alajmo Spa e Interland srl, 11.265.635
Antonino Cannavacciuolo, Ca.pri e Cannavacciuolo Consulting, 5.381.566
Massimo Bottura, Francescana e Franceschetta, 4.896.627
Niko Romito, R+R srl, Spazio, e Niko Romito Formazione e Consulenza, 3.742.001
Carlo Cracco, Carlo e Camilla e Carlo Investimenti, 3.530.712
Enrico Bartolini, Enrico Bartolini srl Unipersonale, 2.771.041
Moreno Cedroni, Cedroni srl, 2.612.028
Joe Bastianich, Bastianich Estate srl e Orsone, 2.115.645
Gualtiero Marchesi, Marchesi Milano e La Marchesiana srl, 2.113.800
Alessandro Borghese, Abnormal srl e Bibo srl, 700.635
E gli altri?
Per la maggior parte degli altri, per chi è fuori cioè dal circuito mediatico, la strada è piena di insidie, con lo spauracchio della chiusura sempre dietro l’angolo.
Quindi, ragazzo, se non hai la certezza di diventare uno star-chef, ma di rimanere “solo” un semplice cuoco, sei proprio sicuro di voler fare lo chef?
[Crediti | Link: Corriere, Dissapore]