Giallo, dai toni accesi dell’ocra e quelli più tenui del crema. E poi beige e bianco. Rusticità da mangiare e mattarelli. Entrare nel nuovo spazio di Sfoglia Rina a Bologna, in via Castiglione, è come essere avvolti da un abbraccio con la grande madre delle paste ripiene.
Tutto parla di famiglia, sapori domestici, condivisione, tradizioni di un passato lontano e forse perduto. Lo stesso senso di nostalgia che vorrebbero trasmetterci le multinazionali del cibo nelle loro pubblicità strappacuore di ritorni a casa. Solo che qui farina e uova si vedono, profumano e si assaggiano davvero con soddisfazione.
Già solo a leggere il menù, scritto a mano su una lavagna nera e con gessetti, viene voglia di sporcarsi la faccia di farina per darsi un tono. E dopo la prima forchettata, anche chi ha avuto la più bellicosa delle famiglie, si commuove creando apposta ricordi malinconici.
Sfoglia Rina nasce nel 1963 a Casalecchio di Reno, ed è davvero la storia di un legame familiare, quello tra Rina, la nonna sfoglina che tutti vorrebbero, e il nipote, Lorenzo Scandellari.
E’ lui infatti a ereditare dalla nonna l’arte della pasta all’uovo ed è lui che trasforma il piccolo laboratorio artigianale di Casalecchio in uno spazio dove poter anche mangiare.
I clienti arrivano copiosi, come l’abbondanza che rende speciale la terra emiliana.
E così 3 anni fa, la scelta di spostare il laboratorio a Zola Predosa. E poi, quella successiva dello scorso dicembre, di aprire un negozio e un ristorante in pieno centro a Bologna.
La voce si sparge così come il Parmigiano sul brodo bollente. E così ecco che si arriva a servire in media 130 persone al giorno, dalle 11.30 alle 19.00 (ma il negozio è aperto dalle 8 alle 20).
Una volta entrati e individuata la lavagna, il problema è la scelta. Sì perché dovete decidere in fretta se buttarvi a capofitto nella tradizione o assaggiare le nuove proposte che settimanalmente escono dal laboratorio.
Se non siete tra i fortunati ad avere una sfoglina in casa, puntate sui piatti della tradizione. Quali?
Ci aiuta a districare la matassa bolognese Daniele Capozzi (ex pubblicitario) fondatore di Pasta Zalla, laboratorio di pasta fresca con cui ha portato la bolognesità fino a Roma.
Insomma, chi meglio di un bolognese “espatriato”, autore fra l’altro di un “Manifesto del tortellino artigianale“e che cita il professor Massimo Montanari, può darci una mano?
Dunque partiamo dalle basi: in cima alla lista c’è lui, sua maestà il tortellino. La regola vuole carne di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna e Parmigiano. E ovviamente cottura in brodo: cappone, ma anche misto di pollo, manzo e verdure (e crosta di Parmigiano).
Poi il tortellone: più grande (6 cm di lato) e ripieno di ricotta vaccina e prezzemolo. Cotto rigorosamente in acqua, si condisce con burro e salvia o pomodoro.
Preceduti dalle fanfare ecco i balanzoni, tortelli verdi ripieni di ricotta, spinaci e mortadella (conditi con burro e salvia), come a dire che si mangia di magro ma fino ad un certo punto.
E poi tortelli, caramelle e cannelloni. E la lavagna recita ancora: lasagne al ragù (ma anche con verdure, carciofi, asparagi), passatelli, tagliatelle e gramigna (con salsiccia).
Dato che conoscere la tradizione è fondamentale per innovarla e reinterpretarla, assaggiate un po’ di tutto (anzi, andateci in compagnia, così da avere quanta più materia di studio è possibile). Poi, quando vi ritenete abbastanza ferrati, passate alle proposte settimanali.
Ordinatele scrivendo diligentemente sulla carta grezza che vi viene data.
Qualche suggerimento? Passatelli asciutti (con pomodoro e basilico o asparagi, taleggio e speck), gnocco di pane con crema di burrata e pistacchi e SOPRATTUTTO (il maiuscolo è direttamente proporzionale alla bontà del piatto) i tortellini allo zabaione di Parmigiano.
Qui ci vorrebbe un silenzio prolungato con sospiro. E un sipario portatile da far calare per dire che più di così non si può. Il fatto è che si è costretti a continuare per dire un altro paio di cose.
La prima: i prezzi. 9 euro in media, 12 per un bis. Acqua e coperto non si pagano e ogni piatto arriva con un piccolo contorno e il pane per fare la scarpetta (diabolici, eh?!).
La seconda è che i prodotti arrivano da fornitori locali, così come il vino (biologico).
Giusto per chiudere, sappiate che Sfoglia Rina sforna anche colazioni e come per la pasta fresca anche qui la filosofia è quella di affiancare alle ricette classiche (torte di riso, pinze e paste secche) proposte nuove.
Dopo il vostro pranzo, non vi assicuriamo che saprete parlare perfettamente il dialetto bolognese, né che avrete appreso l’arte della sfoglia (per quello ci vogliono generazioni alle spalle.
Rimediate comprando tortellini e tagliatelle da portare a casa).
In compenso, la voglia di rubare uno dei mattarelli e dei setacci appesi vi verrà eccome. Almeno, cercate di essere discreti.
[Crediti | Link: Dissapore, alcune immagini: My morning travel guide]