Se Andrea Berton, chef stellato già allievo di Gualtiero Marchesi, nel ristorante che porta il suo nome a Milano, serve insalate che chiamare solo insalate è come minimo riduttivo, non è detto che, a casa nostra, non si possa cercare di emulare lo chef.
Nel suo ristorante, il classico “business lunch” è ora sostituito da 8 diverse insalate, servite a un prezzo che va dai 18 ai 25 euro, e che sono un trionfo di ingredienti, gusti e sapore.
Quanto di più distante ci può essere dal triste cliché di insalata a cui siamo abituati, insipida e trista compagna di sventure dietetiche.
Facciamo degli esempi? Insalata di pollo e lattuga, insalata con carote, yogurt e crema di nocciole, insalata di polpo con fagiolini (solo del Trasimeno, ovvio), insalata con melanzana, bufala, capperi e per finire insalata con cozze, zucchine liguri e crema di zafferano. Giusto farsi un’idea di cosa intende il nostro per “insalata”.
E noi? Al palo con la nostra scarola e la nostra invidia che languono nel piatto, con la misera goccia di olio che cola lentamente dalla verde foglia? Giammai!
Rubiamo un po’ di mestiere allo chef stellato, rispolveriamo qualche nozione di sana alimentazione e procediamo senza indugio a preparare una insalata che sarà da sola un pasto completo, gustoso, nutriente e soprattutto appagante per il palato.
Ecco quindi qualche dritta per implementare il verde fogliame, per trasformare il più triste e insulso dei pasti in qualcosa di gradevole e sostanzioso.
Quindi, iniziamo.
1. LA PARTE PIU’ IMPORTANTE: IL LAVAGGIO
Sembra scontato ma non lo è affatto. Alcuni di noi, circa il 18% stando a una recente ricerca, non lavano verdura e frutta prima di consumarle. E pensare che è una cosa indispensabile. Il lavaggio è un passaggio importante perché serve ad abbattere le cariche batteriche presenti nelle verdi foglie.
Importante è che avvenga soltanto prima del consumo: non serve a nulla lavare l’insalata e lasciarla giornate intere in frigorifero perché, al contrario di quanto si crede, i cibi in frigorifero si “sporcano” e i batteri circolano- precisa Marco Silano, ricercatore dell’Istituto superiore di sanità- e l’umidità residua del lavaggio tende inoltre moltiplicare i batteri.
Il modo migliore per lavare i nostri vegetali è quello di immergerli per 15/20 minuti in una bacinella di acqua tiepida con un paio di cucchiai di bicarbonato, più efficace dell’aceto, senza eccedere in fobie utilizzando prodotti a base di cloro: igiene sì, fobia no.
E per le insalate già lavate e tagliate in busta chiusa? I lavaggi industriali sono molto più sicuri di quelli casalinghi, grazie a una normativa stringente che prevede due o tre cicli di lavaggio in vasche diverse. Tuttavia, comportamenti scorretti dopo l’acquisto, come non rispettare la catena del freddo o una cattiva conservazione casalinga, possono far moltiplicare i germi e i batteri che, nell’umido della busta chiusa e a causa della condensa generata, trovano un ambiente ideale per proliferare.
Quindi, riporre subito in frigo e al fresco la busta di insalata pre-lavata e consumarla entro la data indicata.
2) AGGIUNGERE ALLE FOGLIE UNA PARTE MASTICABILE
E anche un po’ di energia.
Dopo aver lavato i vegetali a foglia verde inizia il bello, alias l’assemblaggio vero e proprio dell’insalata secondo i nostri gusti, proprio come dei veri cuochi.
Abbiamo scelto con cura quale tipo di insalata a foglia verde utilizzare tra le varietà che il nostro verduriere offre (in genere riconducibili alle tre grandi famiglie di cicorie, lattughe e indivie, come spiegato nel post di Dissapore sulla costruzione delle insalate), ma non è abbastanza.
Un piatto di verdi foglie, per quanto rinfrescante, sano, dietetico e vegan, non è certo invitante, e non rappresenta un pasto completo o che si possa sganciare dalla funzione di mero accompagnamento. Provvederemo quindi a fare nostra una nozione del mondo della pasticceria, cioè quella di aggiungere una parte “masticabile” alle mollicce (diciamolo, su) e poco consistenti foglie di insalata.
Potranno essere dadini di pane tostato saltato in padella, chicchi di mais, pezzetti di verdure preventivamente bollite e ridotte a dadini quali patate, carote cavolfiori, così come pezzetti di formaggio o anche legumi quali ceci, lenticchie o fagioli.
Anche un po’ di cereali quali orzo, bulgur o la preziosa quinoa (fermi lì: non è un cereale, appartiene alla famiglia degli spinaci, ma è masticabile come un vero cereale – caratteristica che la rende adatta alle nostre insalate post moderne – oltre a essere gluten free, cioè santa per definizione), per aggiungere la dose di energia che apportano i carboidrati.
Tornando alla quinoa,i suoi semi contengono il 60% di carboidrati e l’11 di proteine ad alto valore biologico, paragonabile a quello dei prodotti lattiero caseari. Insomma, il leit motif è aggiungere un piacere più concreto, ci siano capiti, no? Del resto, insalata nizzarda docet.
3) AGGIUNGERE PROTEINE
E dopo aver aggiunto una parte corposa e masticabile mancano le proteine. Ci si può sbizzarrire con pezzetti di formaggi a scelta, la mozzarella tra tutti, ma anche edamer, provola, fontina, così come pezzetti di uovo sodo, una miniera di proteine; o ancora pezzetti di tonno, di petto di pollo lesso o arrosto, di polpo, di prosciutto e via così.
E se siamo vegani? Allora, non dimentichiamo i già nominati legumi da consumare nella dose di 30/40 grammi al giorno se secchi o di 100 grammi se freschi.
4) VIA LIBERA A FRUTTA SECCA, SEMI E GERMOGLI
Con la croccantezza prendiamo due piccioni con una fava (anche tre). Aggiungendo noci, mandorle o nocciole alla nostra insalata, non solo forniremo proteine e grassi buoni al nostro pasto, di cui sono ricchi i frutti secchi, ma uniremo quel tocco crunch che renderà piacevole masticare l’insalata.
La frutta secca, inoltre, è ricca di sali minerali, acidi grassi insaturi, che ci aiutano a tenere a bada il colesterolo, e anche di fibre.
Altro fonte di consistenza gradevole sotto i denti la assicureranno i semi: possiamo scegliere tra semi di sesamo (da utilizzare preferibilmente previa tostatura in padella), ricchi di vitamine e minerali, ma anche di girasole –con un patrimonio vitaminico tra i più elevati nel mondo vegetale, compresa la preziosissima vitamina B12– di zucca, ricchi di proteine, pinoli e molti altri.
Via libera quindi anche ai germogli, spaziando tra quelli, immancabili, di soia, di girasole, di coriandolo, di broccolo o azuki: c’è solo l’imbarazzo della scelta!
5) IL GIUSTO CONDIMENTO O DRESSING
Si sa, noi italiani siamo affezionati alla semplice vinaigrette –alias olio, aceto e sale, per non tirarsela troppo– al massimo declinata nella versione al limone alias citronette, e aborriamo i condimenti-pastone a base di maionese, senape o salse strane che gli americani buttano a manate sulle loro insalatone.
Eppure per una volta, bisogna dire che non hanno tutti i torti. Come già spiegato a proposito di condimento dell’insalata da Dissapore, o qui ancora più scientificamente, acqua e olio (in questo caso quella contenuta nell’aceto), per quanto li mescoliamo non si uniranno mai definitivamente assieme.
Acqua e olio, cioè, formano sì un’emulsione ma instabile: i due componenti proprio non ne vogliono sapere di mescolarsi assieme a lungo, se non con sbattimenti vigorosi. Anche con i nostri rimescolamenti, però, l’emulsione di acqua e olio resta comunque geneticamente instabile, e la vinaigrette tornerà poco dopo a separarsi, con l’olio da una parte e l’acqua, o meglio l’aceto, dall’altra.
Come fare allora per unirli in modo indissolubile?
Quattro sono gli elementi di un’emulsione stabile e perfetta: acqua, olio, un emulsionante e energia (energia meccanica). L’acqua ce l’abbiamo nell’aceto o nel limone, l’olio pure, l’energia si spera… manca l’emulsionante.
Tra gli emulsionanti che possiamo usare in cucina troviamo le lecitine del tuorlo d’uovo, della soia ma anche la stessa senape e la maionese, emulsione già stabilizzata.
L’emulsionante farà sì che le molecole di acqua (aceto) e olio formino un legame stabile impedendo a loro di separarsi e a noi di trovarci con l’olio sulle foglie di insalata e l’aceto miseramente precipitato sul fondo. Avremo cioè un condimento omogeneo e uniforme che avvolgerà i nostri vegetali regalandoci un tocco di sapore in più ad ogni boccone.
Se poi l’olio utilizzato sarà di nocciola o di pistacchi, il palato ringrazierà. Quindi via libera a senape, maionese, yogurt…(non fate quella faccia che tanto vi vedo).
6) ERBE, AROMI E ODORI VARI
Ebbene sì, in realtà c’è un sesto consiglio, non meno importante, ma visto che “sei consigli” suonava meno bene di “cinque consigli per un’insalata perfetta”, nel titolo si è lasciato perdere e si è optato per il confortante e rassicurante numero cinque.
Una volta assemblata e condita l’insalata è il momento di impreziosirla con quanto vi suggerisce l’estro culinario. Le erbe aromatiche quali timo fresco, origano, basilico, prezzemolo e anche gli aromi, come uno spicchio d’aglio spremuto nell’apposito attrezzo potranno fare la differenza.
In Piemonte è usanza mangiare quella che viene detta semplicemente “insalata cotta”, composta solamente da patate, cipolle e fagiolini lessati, tutto condito con olio, aglio tritato e prezzemolo, servita rigorosamente tiepida. Non immaginate che botta di gusto danno aglio e prezzemolo a una insalata altrimenti abbastanza anonima e scipita.
Quindi, dopo tanto lavoro, non dimenticate la ciliegina sulla torta, o meglio il timo fresco sull’insalata, e sbizzarritevi con odori, erbe e aromi (naturali) vari: sarà il vostro tocco d’artista, il tocco dello chef che trasformerà una comune insalata in una pietanza degna di Andrea Berton.
E voi, come costruite le vostre insalate?
[Crediti | Link: Dissapore, Dario Bressanini, immagini: Scatti di Gusto, Foodlover]