Soldi, gente, donne, file, km, disagi, digiuno e VINO. Tutto questo è Vinitaly. Si è chiusa ieri l’enofiera più grande che c’è: bella, movimentata, piena di cose da fare, da vedere, da bere ma, se possibile, più nevrotica che mai. Della serie: conosco i miei difetti e me ne frego. Ha un ché di rassicurante l’accanimento con cui si ripetono le stesse situazioni e oggi, con un po’ di esperienza dalla mia, provo a elencare i luoghi comuni che fanno del Vinitaly… IL Vinitaly, da condividere ovviamente con voi:
CAOS.
Verona come non l’avete mai vista: macchine impilate sin dall’autostrada, parcheggi estremi più del bungee jumping, navette fantasma che non passano mai, e se passano sono gonfie come pesci palla. Ancora: ristoranti stracolmi fino al terzo/quarto turno, alberghi esauriti a un anno di distanza con conseguente occupazione massiccia delle campagne e chi non ha la macchina resta a casa. Chi ce l’ha, deve stare attento ai vigili spiegati come un esercito in battaglia, ai prezzi dei parcheggi pubblici cari-arrabbiati, ai tamponamenti a catena causa tasso alcolico. Con incluso ritiro della patente.
FILE.
Dunque, vediamo: file per entrare, file per uscire, file per chiedere informazioni. File ai bagni pubblici, file al bar, file ai ristoranti in fiera. File per specchiarsi, file per sciacquarsi, file per riposarsi due minuti su una panchina. File per parlare con i produttori, file per assaggiare, file per accedere ad alcuni padiglioni. Dovrei aver detto tutto.
DONNE.
Quante belle donne ci sono al Vinitaly, e quasi tutte arrampicate su tacchi senza fine. Ora, detto tra noi, capisco la ragazza pagata dallo stand come donna immagine –trovata di marketing molto innovativa– costretta a indossare tutine in latex, gonne ascellari, vestitini evocativi o, se va bene, eleganti tailleur. Ma tu, Visitatrice, come fai a camminare per chilometri su quei trampoli? Bevi per dimenticare il dolore? Usi il monopattino da un padiglione all’altro? Hai le Superga nella borsetta? Confessa.
COMUNICAZIONE.
“Ti chiamo appena arrivo in fiera” è la frase che provoca il maggior numero di litigi durante il Vinitaly. Rotture, anche definitive, di rapporti d’amore, di amicizia e di lavoro. Sì, perché una volta varcata la soglia di VeronaFiere, i telefonini smettono di funzionare, le chiamate sono pressoché impossibili e gli sms arrivano qualche mese più tardi. Inoltre il wireless non funziona e i moderni smartphone diventano solo fastidiosi oggetti che occupano le tasche. Per fortuna i ragazzi di #winelover (hashtag di culto tra i vino&social amatori) e la regione Umbria, hanno messo a disposizione una rete wi fi per i visitatori. Per questo, noi li ringraziamo.
STAND.
Sono loro i protagonisti assoluti e per quattro giorni si sgolano per raccontare, spiegare, conoscere, conquistare. I piccoli produttori hanno degli spazi piccolini, con due sedie e qualche cracker. I grandi invece organizzano feste, mettono transenne, controllano l’ingresso con tanto di guardie del corpo. A volte un piccolo produttore finisce davanti ad uno stand alto 5 metri, a due piani, a forma di castello, e l’unica cosa che rimane da fare è l’arrembaggio. La differenza di capitale sociale al Vinitaly, balza agli occhi come un elefante a passeggio sull’autostrada.
MODE.
Io ho un debole (un forte debole) per i vini naturali e quest’anno la bella sorpresa è stato il Vivit, un padiglione interamente dedicato a produttori biologici, biodinamici e naturali, per la gioia di curiosi e appassionati. I miei complimenti agli organizzatori. Oltre a “Vino Naturale” “Biologico” e “Biodinamico”, le altre parole d’ordine di quest’anno sono state: “pas dosé” e “Sardegna”. Forse dovrei chiedere ai cugini di Intravino per delucidazioni.
UBRIACHI.
Dalle ore 17 in poi, VeronaFiere prima e Verona Città poi, diventano il set de l’Alba dei Morti Viventi. Individui barcollanti si aggirano dentro e fuori le Hall. A volte cadono, a volte si rialzano, a volte urlano e gridano qualche complimento volgare alle passanti. Poco edificante vedere giovani sbevazzare in strada direttamente dalle bottiglie, ma tant’è. Ogni anno la stessa storia.
Eppure, malgrado questo elenco, tutti vanno a Verona per la grande festa del Vino, me compresa. E in fondo, ci piace l’atmosfera un po’ sfrontata che ci fa condividere emozioni e, cosa fondamentale, vini spettacolari.
Volete sapere quale è stata la domanda più sussurrata con fare carbonaro? Questa: Verona può ancora dignitosamente ospitare una gigantesca fiera come questa? Non sarebbe il caso di spostare il Vinitaly in una città più grande? E se sì, dove? Vi lascio rispondere e, se ci siete stati, condividete con noi i vostri luoghi comuni.