L’ultimo film di Woody Allen più che una dichiarazione d’amore all’Italia e alla sua capitale è la festa del product placement, pratica che inserisce in modo più o meno evidente o invasivo, prodotti all’interno della scenografia di un film. In questo caso, mi duole dirlo, non ci si ferma solo alla scenografia, ma si entra a gamba tesa anche nella sceneggiatura.
A partire dal caffè Illy, nominato a gran voce da una giornalista in un’intervista a Roberto Benigni, che nel film interpreta un uomo comune colto da improvvisa e ingiustificata fama. Poco dopo sempre Illy, diventa l’oggetto dell’invito dello studente americano Jack (Jesse Eisenberg) ad Alec Baldwin perché “la mia fidanzata fa un caffè squisito”, ed ecco l’attrice americana alle prese con la moka e una bella confezione di caffè Illy. Sgrano gli occhi, ma continuo a guardare.
Segue Ferrero, con un colpo da maestra. In una delle scene di maggior phatos del film sento uscire dalla bocca di Alec Baldwin “la tua amica, pochi secondi fa ha messo in bocca una Tic-Tac, secondo te perché?”.
Non si fa mancare niente neanche Salumi Beretta con tre presenze niente male: per cena esposti sul tagliere, con un insolito adesivo attaccato al frigo e tadaaaaaa, eccoli che con una confezione di salame fanno capolino dal sacchetto della spesa appoggiato sul divano, mentre in scena si assiste ad un bacio appassionato.
Per la preparazione della cena tipica italiana, arrivano invece le conserve di pomodoro Mutti e pasta Garofalo. Veloce il passaggio delle merendine Fiesta appoggiate sulla credenza.
Nella parte beverage vince acqua San Benedetto che è sempre annunciata prima di essere inquadrata “cara, mi versi un po’ d’acqua”, “tesoro, perché non offri ai ragazzi dell’acqua”. In vetro o in bottiglietta di plastica, negli hotel di lusso o nel piccolo bar di Trastevere, l’acqua regina è lei. Seguono lo spumante Ferrari, al centro di una scena di brindisi e festeggiamento, il vino dei Feudi di San Gregorio che mette a segno tre o quattro colpi, dalla cena, alle presentazioni ufficiali, ai brindisi. Chiude birra Peroni che con una sola inquadratura sembra quasi innocua nel suo piccolo momento di celebrità.
Ma ovviamente non ci sono solo i marchi food, si annoverano amplessi dentro Fiat Punto cabrio, piroette in auto di rappresentanza Lancia Thema, voli in nuovi e lussuosi velivoli Alitalia, che nessun italiano ha mai visto così, profumi Acqua di Parma, dentifricio Marvis, sacchettino Intimissimi e ultima doverosissima citazione per Dolce e Gabbana che per la prima volta nella storia del product placement piazzano loro stessi, senza nessuna ragione di sceneggiatura.
Tutto il resto è un unico luogo comune su un’Italia che non esiste: opera lirica per tutti, vicoletti romani, terrazze e pasta al pomodoro cucinata con il vino rosso “perché in Italia la fanno così”?!. Neanche il sempre azzeccato personaggio nevrotico interpretato da Allen o il numerosissimo cast straniero e nostrano riescono a risollevare il morale.
I titoli di coda sono un misto tra i marchi in cartellone della Rinascente, il volantino promozionale del supermercato e la pagina della spesa online.
Ma la domanda, se all’uscita dal cinema si ha ancora voglia di pensare è: i marchi italiani attirati dalla possibilità di diventare immortali nelle mani di Woody Allen, hanno più vantaggi o svantaggi da un così rovente product placement?