Nessuno dice che la World’s 50 best sia necessaria, necessarie sono altre cose, luce, acqua, ospedali, cos’altro? E comunque, tutti amiamo le liste, specie le classifiche. Le classifiche non distruggono la cultura, la creano, da sempre la produzione culturale è piena di classifiche. Ma torniamo al punto. La World’s 50 best è una classifica necessaria? No, è solo una lista. Che ogni anno, per qualche giorno, accende la discussione sui meriti di alcuni ristoranti e i demeriti di altri. Una cosa buona, credo, certo non l’unica di una sana conversazione sul mondo del cibo.
Naturalmente, la classifica della rivista Restaurant Magazine è molto criticata, noi per primi l’abbiamo definita “un abominio”. Regolamento stralunato, giurati non del tutto credibili, interferenze dello sponsor (Nestlè attraverso il suo marchio di acque minerali San Pellegrino). Ma non possiamo ignorare che negli anni le cose sono migliorate.
Chediamoci se oggi è una lista che esprime risultati condivisibili. Dunque, l’Osteria Francescana di Modena (6° classificato) è il migliore ristorante italiano. Lo è davvero? Certo, oggi il suo chef, Massimo Bottura, è indiscutibilmente il numero uno nazionale (e non solo). La cucina italiana è tenuta nella giusta considerazione? Con 5 ristoranti tra i primi 50 del mondo, direi proprio di sì. Trovo meno credibile il giudizio della guida Michelin, per esempio. Poi, i nomi dei cinque si possono discutere, come in tutte le classifiche, peraltro. La cucina francese esce ridimensionata. E finalmente, “è stato scardinato il sistema francocentrico della Michelin”, ha scritto ieri qualcuno. Il modello iberico funziona ancora, la Spagna ha 4 ristoranti nei primi 10, ma come dimostra l’incerto 2009 dell’ex numero uno, lo chef Ferran Adrià -ora retrocesso al secondo posto- è meglio smettere di idolatrarla. Il Noma di Rene Redzepi è il ristorante migliore del mondo? Per una domanda del genere non esistono risposte credibili. Di sicuro è un ristorante che propone modelli nuovi, nella cucina: fresca, naturale, realizzata esclusivamente con prodotti delle regioni nordiche; e nell’immagine: più semplice, diretta, ripulita dagli eccessi di formalismo. E il fatto che Rene Redzepi abbia solo 32 anni è un segno positivo. E’ una classifica utile per i ristoranti, porta clienti? A sentire Rene Redzepi, intervistato da Jay Rayner del Guardian (in inglese) sembra proprio di sì.
Insomma, resta una lista da non prendere troppo sul serio, ma è innegabile che l’edizione 2010 abbia espresso risultati condivisibili. Per questo ci è sembrato disinvolto da parte di Enzo Vizzari, direttore delle guide dell’Espresso, l’uso di Striscia la Notizia. Che non può essere a fasi alterne il male assoluto (per inciso, lo è, do you remember “Fornelli Polemici” o l’ordinanza Martini sull’uso degli additivi nei ristoranti?) e il complice cui rivolgersi per adombrare dubbi sull’attendibilità della World’s 50 best. Delle due una, senza contare che la comparsata ha messo in evidente difficoltà una giurata, la sua collabortrice Eleonora Cozzella, sicura che la classifica non sia influenzata dallo sponsor San Pellegrino. Chissà cosa ha mosso un attento comunicatore come Vizzari, forse la vanità, un tardivo desiderio di notorietà?
Ad ogni modo, siccome facilita lo scambio di informazioni, mi è piaciuto il grafico interattivo con cui il quotidiano Wall Street Journal ha rappresentato la classifica. Dategli uno sguardo, e giusto per continuare la discussione, chi di voi è stato in uno dei 50 ristoranti? E come si è trovato?
[Fonti: Guardian, Papero Giallo, L’Espresso Food&Wine, immagine: Papero Giallo]