La notizia l’ha data ieri dalla radio catalana Cadena SER: Ferran Adrià, probabilmente lo chef più celebrato al mondo, e Juli Soler, il suo ex maitre al ristorante El Bulli dovranno comparire in tribunale il prossimo autunno, con l’accusa di avere convinto con l’inganno un loro ex socio, approfittando delle precarie condizioni psichiche, a cedere le sue quote a una frazione del valore reale.
Miquel Horta, un imprenditore che deve il suo successo all’industria dei profumi, aveva finanziato, nel 1994, l’ampliamento e l’ammodernamento delle cucine del Bulli in cambio di una quota del 20% del ristorante. Quota che undici anni dopo Adrià e Soler hanno riacquistato per 1.2 milioni di euro. I figli di Horta, che nel frattempo è deceduto, hanno prodotto uno studio indipendente che valutava El Bulli 45 milioni di euro, da cui deriva una stima della quota di Horta pari a nove milioni. Le parti compariranno in tribunale a fine ottobre, anche se sembra possibile una risoluzione extragiudiziale. Soler si è detto “ferito” dalla notizia, mentre Adrià non ha commentato; riguardo alle stesse accuse, qualche mese fa aveva detto: “la verità è che non mi interessano le polemiche […] non si può essere graditi a tutti, è impossibile”.
Per cinque anni, dal 2006 fino all’annuncio della chiusura avvenuta lo scorso luglio, El Bulli è stato in cima alla World’s 50 Best Restaurants, l’influente quanto discussa classifica di Restaurant Magazine UK che premia le migliori tavole del mondo. Gli 8.000 coperti annui (per mangiare a un prezzo di 230 euro a testa, vini esclusi) venivano assegnati con una lotteria interna, visto il milione di prenotazioni ricevute, in media, nel periodo. Immerso nell’incantevole riserva naturale di Cap de Creus, il gioiello che fu El Bulli diventerà una fondazione di ricerca gastronomica.
Ma è ragionevole dire che nel 2005, prima che diventasse un caso mondiale, El Bulli valesse quarantacinque milioni di euro? L’Adrià-pensiero in materia è chiaro: “E’ come un dipartimento di ricerca e sviluppo, non aspettatevi che generi utili”. E uno studio del 2008 di Julia Prats, professore della IESE Business School dell’Università della Navarra, sembra dargli ragione, definendo El Bulli soprattutto come uno straordinario mezzo di marketing: “Anche andare in pareggio è un successo”.
Una lezione che gli chef di casa nostra sembrano avere assimilato: per Cracco, Vissani, Scabin il ristorante è oggi innanzitutto una vetrina, non la principale fonte di reddito.
[Crediti | Link: Cadenaser, Guardian, Iese Insight, immagine: Guardian]