La premessa è che questi sono temi effettivamente delicati, da maneggiare con tutte le cautele, fare i terminator dell’advertising evocando i satanici poteri della fi… ehm, di certe bevande energetiche ai fiori di guaranà, non ci sembra il caso. Però quella comunicazione era chiara: l’inutile accozzaglia di cellule e neuroni un tempo nota come “cervello dei pubblicitari” aveva chiamato una cosa da bere con il nome dell’organo sessuale femminile. Poi venne Tantum Rosa con il famoso spot (clicca sul link per vederlo). “Se prima rilevavamo 0,5 casi al mese di lavande vaginali bevute per errore, dopo l’arrivo dello spot sul piccolo schermo e la classificazione del medicinale come farmaco da banco, l’incidenza è salita a ben 50 casi in un mese solo in Lombardia”. Parola dei centri antiveleni italiani. E siamo tra gennaio e febbraio, non possiamo nemmeno dare la colpa al caldo.
A questo punto, l’azienda produttrice (Angelini) corre ai ripari e modifica lo spot, aggiungendo a più riprese, come avete visto nel video, la pecetta: “Lavaggio esterno”. I casi a questo punto diminuiscono, ma continuano a mantenere una media più alta rispetto al passato.
Ora della questione è stata investita l’Agenzia italiana del farmaco, che potrebbe chiedere un cambiamento di colore nella confezione del medicinale, da rosa a nera o blu. Il timore è che lo si confonda con altri farmaci da banco che hanno confezioni dello stesso colore, tipo sciroppo per capirci. L’altro sospetto è che il Tantum Rosa venga usato per sballarsi, magari associato all’alcol. La benzidamina avrebbe infatti anche un effetto euforizzante.
Ciòtuttoquantosopraddetto, la vera causa del problema sembra essere lo spot in sé per sé, nonostante le parodie in livornese (primo video qui sotto) o l’ironia di Luciana Littizzetto (secondo video lì sotto), Siamo noi a essere affamati di chiarezza o alla casa farmaceutica Angelini pensavamo di produrre la bevanda dell’estate 2010?
[Tantum Rosa, Corriere.it]