Sono io, o sul menù del G8 la stampa è giornalisticamente apprezzabile quanto il rumore di fondo? Da ieri continuano a uscire articoli che per indice di marchetta non è inappropriato paragonare a una puntata di Nonsolomoda. Cioè, se uno dei temi fondanti del G8 è la sicurezza alimentare che gliene frega al Corriere di precisarmi da quale marca di spumante verrà bagnato il pranzo delle First Lady a Villa Taverna, omaggio alla cucina romana del cuoco Heinz Beck? (Berlucchi). Repubblica pensava che non conoscendo retroscena definitivi tipo «la gioielleria Versace espone una parure che sarebbe perfetta per Michelle», la mia opinione sulle politiche degli Obama sarebbe stata incompleta?
E un’altra cosa. Senza polemica. Senza insinuazioni. Io trovo che dovrebbe valere una regola per chi si erge a paladino delle “eccellenze italiane”. Non parlo di quelle abruzzesi ma delle altre. La regola è questa: ditelo se le aziende pagano per essere “selezionate”—e mi rivolgo al Gambero Rosso—altrimenti come capisco appieno la vostra presenza al G8 abruzzese? Se non siete precisi, come non lo siete stati con il famigerato Roadshow, qualcuno potrebbe scambiare la vostra presenza all’Aquila per un’equazione a venticinque incognite.
Sono io o…?