Bere acqua non è più un vostro diritto. Il governo ieri ha posto la fiducia su di un decreto che di fatto regalerà i nostri acquedotti ai privati. La norma in questione è la cosiddetta salva-infrazioni, quella per intenderci che permetterà di adeguarci alle norme dell’Unione Europea sulla liberalizzazione dei mercati.
Come al solito l’Italia è in ritardo e rischia multe salatissime per cui via al decreto senza discuterlo, anche se c’è una settimana di tempo. Attenzione però, come al solito, il trucco c’è ma non si vede: il decreto impone agli enti locali di scendere sotto il 30% in tutti i servizi pubblici ma l’Unione Europea non ha mai chiesto la liberalizzazione dell’acqua, al contrario la ritiene un “diritto fondamentale della persona umana (paragrafo 1)”. Non è abbastanza chiaro? Leggete cosa dice la UE nella risoluzione Europea dell’undici marzo 2004 (paragrafo 5): “Essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno”.
Ora è più chiaro, no? Il decreto invece non fa eccezioni e obbliga alla liberalizzazione di tutti i servizi, considerando l’acqua al pari di una qualunque merce da vendere. Non è così, purtroppo. Per quanto sfasciati e in deficit possano essere gli enti che portano l’acqua nelle nostre case è inaccettabile l’idea che possano finire in mano ai privati. Bere e respirare sono diritti fondamentali dell’umanità e mi terrorizza l’idea che finiscano in mano ai signori dei call-centers. E poi, se l’acqua da oggi è una merce, domani quanto ci costerà respirare?