All’inizio è stato il Popolo Viola. Nella sua pagina Facebook ha postato lo scontrino: la casta dei Senatori ha questi prezzi con buona pace di tutto quel che s’è detto e smoccolato. Poi è arrivata l’Unità, che con sprezzo del pericolo ha tuonato: è una bufala degli anti-casta.
Quello non è lo scontrino del ristorante dei Senatori, è la mensa dei dipendenti. Che uno dice subito: ah be’, capirai. E poi aggiunge: da techno geek quale sono, una bufala è un falso: quello scontrino è vero. Il fatto è che all’Unità ci dev’essere un bel numero di bersaniani assaltatori, terrorizzati dall’idea che assieme all’acqua sporca (la Casta) si butti via pure il bambino (“La bella politica”, sempre per citare metafore letterarie).
E perdonate l’abusato, orribile esempio dell’acqua e del bambino. Alla fine è il blog Replica Espressa a confermare che, se da un lato il presidente del Senato Renato Schifani ha aumentato, effettivamente, i prezzi del ristorante ai senatori, ha lasciato invariati i prezzi della buvette e della mensa dipendenti. Quindi, tecnicamente, lo scontrino potrebbe essere pure di un senatore. In mezzo a tutto c’è il tenero tentativo di sbianchettare lo scontrino su l’Unità, mentre la copia originale gira imperterrita (è l’internez bellezza).
Cosa rimane alla fine? Qualche considerazione. Quelli sono i prezzi di una mensa interna aziendale, sono ovviamente simbolici. Ci indigniamo per ogni mensa? Ma anche: col cavolo che alla mensa aziendale mi servono le prelibatezze del palazzo. Sbaglio, se penso che i fornitori non siano gli stessi? E nemmeno l’esecuzione in cucina, ad occhio e croce. E vogliamo parlare dei redditi di lorsignori? Ma sono illazioni, per carità.
Mentre rumino amarezze rimango con un unico, vero irrisolto: che diamine è la torta della nonna? Esiste una ricetta codificata dietro questa evocazione struggente? Gùgol dice di sì: eccola lì la torta della nonna, me la immagino sotto i denti, dolce e consolatoria, coi pinoli e lo zucchero a velo. Ne ho bisogno adesso.