Interrogati su culatello e capocollo gli italiani brancolano nel buio. Se abbassate la pistola vuoto il sacco. Da bambino, alla domanda: “Ti piace la pasta con le sarde?”, rispondevo cercando con lo sguardo le ragazze dell’Isola. Crescendo ci si aggiorna. Non tutti. La rivista Vie del Gusto racconta le incertezze degli italiani sui nomi di alcune specialità. Il culatello, la Rolls-Royce dei salumi, è il sedere dei bambini. Il salame di Felino, inevitabilmente, si fa coi gatti. L’aceto balsamico cura il mal di gola.
Sconsolante. Dal nostro orticello di eno-gastro-fanatici non ce ne rendiamo conto ma fuori c’è un mondo da redimere. Anche riguardo ai vini, se è vero che per molti la Docg è un partito politico. Io, a scadenze regolari, rivelo che il Dolcetto non è un vino dolce o che l’Amarone non è amaro.
Per non deprimerci ulteriormente facciamogli vedere noi come si fa. Diciamogli (senza gugolare, almeno per i primi 5 minuti)
1) che lo Scimudin non è uno scemo di Udine ma…
2) che l’Erbazzone non è un gigantesco rave party ma…
3) che il caciocavallo podolico non è un puledro prematuro ma…
4) che il tarantello di tonno non è un ballo folcloristico subacquaeo ma…
5) che la sola piemontese non è una fregatura presa in un ristorante di Torino ma…
6) che la finocchiona non è… vabbé, lasciamo stare