“Tutti gli stranieri sono visti come bancomat ambulanti”, commenta amara La Stampa dopo il brutale articolo (“Italia Ladrona”) sul declino del turismo in Italia, scritto ieri dal secondo quotidiano giapponese, l’Asahi Shimbun (8 milioni di copie al giorno). EPPURE il turismo è uno dei comparti industriali di punta del nostro paese. EPPURE non c’è altro altro luogo al mondo che possa offrire una simile combinazione di valori: sole giallo cielo blù, ma anche mare, montagna, isole, coste, monumenti, arte, cibo, vino, cultura, e via dimenticando. EPPURE, con inesausto spirito autolesionista continuiamo a classificare il turista come una manza da mungere.
Personalmente non soffro di aneliti nazionalistici: non sono tifoso e non ho rigurgiti di campanilismo. Però vedere i danni causati da tanta miopia, giuro, mi deprime. Perchè so che in fondo è vero: non abbiamo capito che è già venuto, e passato, il momento di sostituire lo spirito levantino con la cultura della trasparenza (urla d’orrore).
Già, perchè al tempo di Internet la trasparenza è uno strumento di lavoro: è un investimento, un mattone, un attrezzo che non si può dimenticare in cantina, pena la squalifica a vita. La cultura della sòla si scontra con la velocità di circolazione delle informazioni, per cui quella sòla rischia di essere l’ultimo maltolto: ristoratori (tutti ricordano il conto del Passetto, ormai un caso da libri di storia) e tassisti i più deplorati, come riporta anche il Messaggero.
EPPURE anche i sassi dovrebbero aver capito che “fa molto più rumore un albero che cade che una foresta che cresce” [cit.]
Ma temo che per costruire una cultura della trasparenza occorrano decenni e progetti di lungo periodo. L’autocelebrazione della scaltrezza è ancora terreno di sfida, facciamo ancora a chi è nato nell’anno dei più furbi. Trasparenza, aderenza del servizio a quanto promesso, visione di prospettiva: non è una scelta, è l’unica strada possibile, altrimenti avremo nel mondo la stessa considerazione riservata ai “ristoratori” dell’Uttar Pradesh che applicano “prezzi turistici”: lo sai, che paghi dieci volte il conto di un indiano, ma che vuoi farci, è pittoresco. E’ il terzo mondo.