Lo hanno scuoiato, fatto a pezzi e spolpato. Non c’è stato bisogno di ucciderlo. L’elefante era morto nella savana dello Zimbabwe, vicino a un villaggio che in un amen si è radunato intorno al pasto casuale. Avevano machete, asce e coltelli ricavati da barattoli di latta. E avevano fame, molta fame. In un’ora e 47 minuti hanno ripulito la carcassa, poi non è rimasto più niente, nemmeno le ossa, tornate buone per fare il brodo.
Nello Zimbabwe, paese colpito da una siccità senza tregua e governato dal padre-padrone Robert Mugabe, la situazione è critica per 2,17 milioni di persone, colpite dalla fame. Davanti a queste foto qualcuno potrà inorridire, e mi aspetto le proteste degli animalisti. Io, mentre le guardavo, pensavo alle parole dell’antropologo lette ieri sul Corriere della Sera. “Non ci troviamo di fronte a degli uomini primitivi, è più selvaggio quando ci mettiamo seduti intorno a un tavolo di una cascina della Pianura padana e scuoiamo un maiale senza buttare via niente.
1) Un elefante di 70 anni e 6 tonnellate giace senza vita nella savana del Gonarezhou National Park in Zimbabwe.
2) Dopo un quarto d’ora arrivano gli abitanti del villaggio più vicino.
3) Gli abitanti del villaggio cominciano a scuoiare l’elefante con machete, asce, e coltelli.
4) Gli uomini sono sulla carcassa dell’elefante, le donne stanno un passo indietro, i bambini guardano assiepati da un lato.
5) Niente dell’elefante va sprecato, pelle, tronco e orecchie, si mangia tutto.
6) C’è eccitazione tra gli abitanti del villaggio. Con questa insperata manna possono mangiare tutti i giorni per due settimane.
7) In un’ora e 47 minuti dell’elefante rimane solo lo scheletro.
8) Uno degli abitanti del villaggio, e a destra, il posto dove è morto l’elefante, completamente ripulito a 24 ore di distanza. La carne non è stata mangiata subito, ma portata nelle capanne per essere essiccata e mangiata più avanti.
[Fonti: Daily Mail, Corriere della Sera. Immagini: David Chancellor]