Inizierei così: “Ma sapete quanto spendono Camera e Senato per i servizi di ristorazione? Una decina di milioni d’euro l’anno, 20 miliardi delle vecchie lire”. L’onore della seconda citazione spetta all’onorevole la cui imprescindibilità è nota ai più: Gabriella Carlucci. «Almeno lasciatemi la buvette. Io m’accontento di poco, ma per lavorare ho bisogno di uno yogurt e di una banana». (Risparmiarsi le facili battute sulle banane, prego). Sono gli strascichi delle dichiarazioni anti-pausapranzisti del ministro Gianfranco Rotondi, ricordate no, “la pausa pranzo è un danno per il lavoro, una ritualità che blocca l’Italia”. Bene, oggi è successa questa cosa apocalittica. Il Giornale ha tirato fuori un pezzo contro Rotondi (Pdl) i 6 (sei) ristoranti del Parlamento, più due buvette, svariati bar e baretti dove pascola una tribù di 950 rappresentanti della nazione, più 3.000 dipendenti e 300 giornalisti.
E quel numero scritto all’inizio, la decina di milioni d’euro l’anno, si riferisce solo a cibo, alcolici e bevande varie. Non tiene conto del personale addetto, camerieri, banconisti, capi e cucinieri. Se aggiungiamo i loro stipendi, si superano tranquillamente i 20 milioni d’euro.
Per i masochisti, precisiamo che a Montecitorio c’è un ristorante raffinato per gli onorevoli, dotato di saletta sbrigativa dove 8 coperti sono per i giornalisti. Quindi, self-service per gli addetti e un altro ristorante a Palazzo Marini. Il quarto, con terrazza sul Pantheon molto frequentata d’estate è a San Macuto. Al Senato c’è un ristorante per palati raffinati con vini pazzeschi e cucina di classe. Corredato dal self-service per i dipendenti. E solo le polemiche hanno fermato l’esclusivo roof garden previsto sul palazzo della biblioteca, altrimenti il totale sarebbe salito a 7.
Ora, subito dopo l’uscita di Rotondi, vi abbiamo invitato a ragionare. A non scrivere commenti indignati tipo: “Questo signore non ha mai lavorato cosa volete che sappia della pausa pranzo”. A non proporre la solita raccolta di firme. Oggi, letti questi numeri, ci chiediamo se non fosse il caso di tacere.
[Immagine: Club di Papillon]