Dilemma del giorno.
L’Unione Europea ha approvato in prima battuta una norma sulle etichette alimentari e ha stabilito il principio secondo cui i prodotti con oltre 10 grammi di grasso ogni 100 non possono usare slogan salutistici negli spot pubblicitari.
Per capirci, nel caso di Nutella, addio spot con la nazionale.
Un provvedimento che ha sconvolto Paolo Fulci, vicepresidente della Ferrero, preoccupato per la Nutella e per i produttori di cioccolato, panettoni e altri dolci italiani.
“Oggi ci dicono di non fare pubblicità, ma domani – e ci sono organizzazioni di consumatori che spingono in questo senso – ci faranno scrivere come sulle sigarette: ‘Attenti è pericolosa, favorisce l’obesità’, o magari ci metteranno delle tasse fortissime come hanno previsto per il fast food in Romania”.
Ma veniamo al dilemma.
Da una parte, il fatto che a dirci cosa dobbiamo o non dobbiamo mangiare e in quali quantità sia l’Unione Europea, è paradossale. Davvero ci vuole una legge per capire che se ci abbandoniamo al barattolo di Nutella, poi dopo stiamo male?
Dall’altra, un migliore profilo nutrizionale, cioè, l’obbligo di riportare in etichetta le quantità di grassi, grassi saturi, glucidi, sale e calorie contenute, con tanto di quantità giornaliere consigliate, sembra una bella conquista.
Allora, dove sta la ragione?
PS. Per i Nanni Moretti d’Italia, tranquilli, nonostante i titoli dei giornali italiani, uno per tutti: “L’europa vuole toglierci la Nutella”, Il Tempo; nessuno ci vieterà la pozione magica. Nata da un’idea di Pietro Ferrero, 46 anni fa, il 20 aprile 1964 nello stabilimento Ferrero di Alba (Cuneo), inizialmente doveva essere un dolce per poveri, una valida alternativa alla pagnotta e pomodoro, che rappresentava la colazione dei contadini di allora. Nel ’64 appunto, la ricetta viene modificata da Michele Ferrero, figlio di Pietro, al pari dell’etichetta, del nome: Nutella (dall’inglese nut, nocciola), e del logo, registrati verso la fine dello stesso anno e immutati fino a oggi.