Equalway.org è un nuovo portale che mette assieme gruppi d’acquisto solidali e venditori a chilometri zero, produttori bio, e tutto quando fa decrescita e consumo alternativo. Non starò a discutere troppo degli aspetti socio-ideologici che stanno dietro a questo genere di progetti, essenzialmente per un motivo: mi trovo d’accordo, sempre e comunque. Il fenomeno GAS mi piace, punto. Se poi andiamo a vedere il link “il progetto” leggo, oltre a un bel numero di inglesismi (framework, equalmarketplace) uno slogan mica male: “siamo realisti, esigiamo l’impossibile”. Per la cronaca, trattasi di Che Guevara. Giù il cappello. Ma siccome siamo in un’epoca post ideologica, il sito è stato premiato dal Ministro della Gioventù; nel giro di tre clic passi dal comandante Ernesto al sorriso severo di Giorgia Meloni. E’ o non è un mondo meraviglioso?
1. Prova su strada
Va bene, facciamo un giretto a vedere come appare il portalone. Oddio, leggere la parola portale nel 2009 fa sempre il suo bell’effetto retrò, ma pazienza. Eccolo su Explorer, e Windows XP, su un laptop Asus performante q.b.
Se lo rivediamo sul cucciolo, il netbook Eee 900 con Ubuntu 9.04, rileviamo qualche scardinamento di impaginazione (quel pulsante “ricerca avanzata” va per conto suo).
E alle solite la visualizzazione sul monitor di un cellulare (Nokia N78) è un mezzo pianto. Ecco uno screen capture con zoom ridotto al 50%. Va bene, questi non sono siti da usare col telefono, pace.
La prima impressione rileva una grafica un po’ naïf, e qualche immagine inserita dagli inserzionisti non del tutto a fuoco, o a dimensione ideale. Piccoli bug, direi. Preciso che ho visitato il sito prima di leggere ogni recensione o presentazione, come quella pubblicata da Repubblica. Ho quindi faticato qualche secondo di troppo a trovare la risposta alla domanda canonica “che roba è questa”, che sorge spontanea ogni volta che si squaderna una homepage mai vista prima. Ci ho messo un po’ prima di capire che questo è, in definitiva, un sito di intermediazione che sfrutta il sistema dei social network: chi compra, e chi vende, si deve registrare. Soprattutto i venditori devono amministrare la pagina che li riguarda, e questo richiede da parte loro competenze specifiche di gestione di luoghi sociali. E arrivati a questo punto, forse qualche mio lettore s’è già perso: “di che stiamo parlando?” – Ecco, qui sta (forse) il primo problema: diamo tutti per scontato che il termine rete sociale vi sia chiarissimo.
2. Chi cerca trova.
Comunque, prima di realizzare tutto questo, ho cliccato a caso: gli attraenti pulsanti grandi colorati, iconizzati, numerati, richiedono di accedere previa registrazione. Piccola fitta: ma come, io volevo vedere chi c’è sul mercato, volevo vedere le bancarelle, e tu già chiedi di registrarmi. Uff. Riottoso come sono, passo al motore di ricerca interno. Inserisco “vino” e (piccolo baco?) escono risultati della ricerca che apparentemente hanno a che fare con l’oggetto, ma anche termini che contengono semplicemente il suffisso. Faccio una prova a contrario, inserisco una parola a caso (“pino”) e trovo “biancospino”, “pinoli”. Torno ai risultati della ricerca enoica: l’elenco non fornisce dati che aiutano a capire se e in quale misura gli elementi trovati attengano alla mia amata bevanda odorosa. Certo, tra questi c’è Terre da Vino, gigantesco fornitore di supermercati. Che ci azzecca col bio ed il chilometro zero? Mah. Clicco sul risultato, ed ecco, probabilmente, la delusione più grossa: le schede dei produttori; scarne al limite della reticenza. Avvio finalmente la procedura di registrazione. Una volta loggato posso cliccare su “scegli un produttore”, ansioso di dare un’occhiata. E qui abbiamo la sorpresa più divertente: si apre la pagina di ricerca avanzata, normalmente raggiungibile dall’utente non registrato. Ma dai! E, come nel gioco dell’oca, torniamo al punto di partenza: cercando, troviamo le famigerate schede.
3. Non aprite quella scheda.
La scheda del produttore, mediamente, si presenta con questa tragica laconicità. Ecco quella di Terre da Vino:
Come mai una roba così (scusate) inutile? Semplice. Equalway propone, a chi si iscrive, una formula free, ed una formula pay; con dodici euri mensili gli operatori possono personalizzare la scheda con altri elementi utili a presentare la loro produzione. E’ tanto, è poco? Sinceramente lascerei giudicare a voi. Ogni servizio di intermediazione vale nella misura in cui crea valore aggiunto, bla-bla-bla, cose già note. Da come la vedo io ora, le potenzialità ci sono tutte, ma sono lontane dall’essere attualizzate. Il portale soffre di quel male lieve tipico dei social network, quando gli utenti all’inizio sono lasciati a sé stessi: occorre qualche figura di amministratore che illustri come gestire le schede e le inserzioni. Ma soprattutto soffre la concorrenza di migliaia di luoghi sociali dove le ricerche ed i contatti sono gratuiti. Faccio un esempio, e sarà un po’ spietato (ri-scusatemi). Cercando “Cuneo” nelle ricerche avanzate escono 41 risultati. Tra questi noto Cascina del Cornale, che, guardacaso, è mio fornitore personale per i consumi familiari (consigliatissima, tengo a dire). La scheda è alle solite priva di dati. Nemmeno un link al loro sito. Quello, molto tempo fa, l’ho trovato, gratis, su un forum. Ecco, la condivisione di dati gratuita, già largamente disponibile, sarà il concorrente maggiore al progetto Equalway. Al quale vanno i migliori auguri.