Erano lì, io le ho viste. 200 e più mele affilate in bella vista sul bancone lungo cinque metri. Dall’altra parte, un bancone di uguale lunghezza occupato solo da 5 mele, quelle che normalmente si trovano in commercio.
Rapido il mio cervello, collegato in wifi con lo stomaco, ha fatto due conti: in tutti questi anni mi sono perso 195 sapori diversi: pazzesco! Quelli di Slow Food la chiamano biodiversità e pronunciandola alzano gli occhi al cielo come fosse una divinità, ma la bestia che è in me ha tradotto con un più terrestre: tanta roba buona in meno.
Già, mi sono chiesto, quanti sapori perdiamo in nome del profitto e dell’agro-industria? Troppi, e l’ho capito discutendo con la curatrice del padiglione di Terra Madre, la signora Serena Milano. Pensateci anche voi per un attimo: in Italia esistono centinaia di razze bovine ma il latte ha sempre lo stesso sapore, come mai? Risposta semplice e agghiacciante di Serena: l’industria usa solo una mucca (razza Frisona) e la nutre con dio-solo-sa-cosa.
Eppure al Salone del Gusto ho stabilito il mio record di assaggi caseari passando con nonchalance dal burro di Occelli (orgasmo) a certi Castelmagno dalle stagionature francamente imbarazzanti (orgasmi multipli). Insomma, centinaia di formaggi dal sapore diverso ma poi nel mio cappuccino UN solo tipo di latte? Per me che sono appassionato di vini, quindi abituato a distinguere una collina di produzione da un’altra (beh, quasi), quello subìto nel padiglione di Terra Madre, credetemi, è stato un vero trauma.
Ma come si sfugge a questa gastronoia imperante? Io ci penso, eh! Se ci siamo riusciti col vino, vuoi che non ce la facciamo con due o trecento mele?
(Video di Giulia Graglia)