Finalmente arrivano 30 Novembre e 1 Dicembre, sono assalita da una curiosità morbosa: Barilla ha organizzato il 2nd International Forum on Food and Nutrition, mi ci fiondo. Location: Aula Magna Università Bocconi, organizzazione spaziale ai limiti del maniacale che rende tutto un po’ troppo elitario, asettico. Il filosofo Marshall Mc Luhan diceva che le Università dovrebbero costruirle negli aeroporti. Staff gentile, premuroso, normale, a parte la divisa bianca che evoca miscugli tra i dipendenti di un laboratorio per la fecondazione assistita e un meeting di CL. Non si vedono hostess super-bioniche-palestrate tendenza Abercrombie che sa tanto di bluff vista la lotta degli americani contro l’obesità, qui circola qualche taglia 48.
Vabbeh dai, un po’ il Mulino Bianco questa mania del very perfect ce l’ha, “dove c’è Barilla c’e casa”: magari averne una!
A ricordare l’ambiente fashion-meneghino si nota la coda di giornaliste in mise cocktail-vernissage issate su di un bel 15 cm., in attesa di intervistare “il” Guido (Barilla).
Il primo giorno giro tra i vari workshop dove un paio di relatori attirano il mio interesse.
Claude Fischler, direttore della ricerca presso il CNRS, l’agenzia di ricerca nazionale francese, espone le varie modalità di fruire un pasto, mentre i francesi mettono le gambe sotto il tavolo all’ora di pranzo gli inglesi no. Dice che se una persona all’ora di pranzo mangia un boccone in piedi nella sua mente registra di non aver mangiato. Rientrando a casa, alla domanda del coniuge se ha mangiato durante il giorno risponde di no.
E’ profondamente bigotto voler negare un aspetto trasgressivo della vita, come quando uno dei coniugi consuma “altro” al di fuori della vita di coppia, e poi lo rinnega, anzi lo nega a se stesso. Forse è su questo aspetto che dovrebbe soffermarsi l’ufficio comunicazione dell’azienda Barilla, che invece si ostina a insistere sulla famiglia incontaminata, felice, intorno al tavolo senza ombra e senza macchia. Spesso mangiare in piedi e rapidamente, come fare “altro in piedi e rapidamente”, può essere un valore aggiunto. Come se mangiare in piedi non significasse mangiare bene. Lo street food è questo e mi sembra stia riscuotendo grande successo, al punto che i gli chef rivolgono molta attenzione alla fruibilità del cibo in piedi, vedi Le Grand Fooding a Milano.
Secondo la Prof. Antonella Carù, che lavora al marketing/comunicazione della Barilla, il problema non è la poca informazione ma forse la poca dimestichezza con la manipolazione della materia, in pratica oggi le donne non sanno più cucinare. Ricorda uno dei successi della comunicazione Barilla, la campagna “Nel mulino che vorrei“, che invitava gli utenti a inviare proposte, stimolandoli alla natura partecipativa di questo Forum, aperto alla società civile, così come lo è la rete. Purtroppo le cose che sostiene la teorica del marketing sono ancora troppo astratte perché tra i relatori, rappresentanti dei vari pensieri, mancano i cuochi.
Intravedo i due fratelli Barilla.
Guido, raffinato e soprattutto assolutamente nella parte del capofamiglia che in tutto il terremoto causato dall’aumento dei prezzi della pasta, si espone con un coraggio da leone e crea il Centre for Food con l’obiettivo di mettere a confronto due pensieri diametralmente opposti e sempre in guerra. Lo fa con la saggezza di chi sa che attraverso il conflitto o sfuggendo alle critiche non si arriva da nessuna parte. La passione per gli studi filosofici si percepisce nel modo di porsi e relazionarsi con tutti, sembra uscito da un monastero tibetano, la sua bellezza da intellettualoide incanta e seduce più del pensiero, insieme disarmano. Il giorno dopo lo affianca la moglie, bella, naturale, somiglia a Pocahontas.
Paolo Barilla, ex pilota di Formula 3, lo assocerei allo Street Food che avanza, al mangiare in piedi, rapidamente, ma senza perdere il gusto di farlo. E’ indispensabile pur essendo meno visibile e ho l’impressione che rappresenti quella vena di incoscienza che se mancasse trasformerebbe l’azienda in una noia mortale perché troppo autoreferenziale. Insomma con Guido metti su casetta, con Paolo ci scappi da casa ogni tanto, per non bruciarla appiccando un incendio.
Alla presentazione il sindaco Letizia Moratti: non pervenuta. Peccato, perché il cibo sarà il perno dell’Expo milanese del 2015. Il giorno dopo intravedo la cognata Milly, che si definisce senza esitazioni un’attivista ambientalista interessata da tempo ai danni del cibo transgenico. Mi incuriosisce perché nella sua condizione certe scelte non si fanno a cuor leggero, non è la moglie di Carlo Petrini (Slow Food) o di Jeremy Rifkin, economista e guru delle energie rinnovabili, più prosaicamente di Massimo Moratti, che nella vita reale oltre alla passione per il calcio, è proprietario con il fratello di una tra le raffinerie più grandi del Mediterraneo. Molti la criticano per questa doppia identità; io l’ammiro, perché come dice Rifkin, viviamo nell’era del petrolio quindi “metro più metro meno siamo tutti sulla stessa barca”. Lei con il nemico ci ha fatto 5 figli e se lo sciroppa ancora, una grande!
Milly scrive l’introduzione del libro dello chef Davide Oldani, simpatizza con Carlo Petrini e si presenta al Forum per conoscere i vari relatori.
Carlo Petrini sale sul palco, la vera star, si sa, è quello che va forte da molti anni.
Ma alle cose che dice ci sarebbe da obiettare eccome, pur apprezzando il suo pensiero e stando dalla parte di quelli non favorevoli agli Ogm, resto dell’idea che la piattaforma di dialogo creata da Barilla abbia un grande valore, di sicuro ci vorranno anni per capirlo, oggi la società è troppo nel mirino dei molti denigratori. D’altronde anche Petrini con il Salone del Gusto non è un esempio di pasta fatta a mano dalla nonna. Per far cassa c’è qualche bug anche lì.
Il mito oggi è chi ce la fa partendo con poche risorse, tipo Oscar Farinetti di Eataly, una specie di icona contemporanea, si dà meno valore a chi può vantare un trisavolo che nel 1877 ha aperto una panetteria poi evoluta in multinazionale. Tra i due, comunque, credo che sarà Petrini ad adeguarsi all’altro, non il contrario. Anche se ha più fascino, è ovvio, scontato!
L’ industriale killer, come alcuni definiscono Guido Barilla, che ti dà voce e si mescola alla società civile anche durante il buffet (la diretta streaming dovevano farla anche lì), insieme a Carlo Petrini, il rivoluzionario lento, ruspante, per cui scattano i primi applausi in sala, e che a un certo punto, cappello e cappotto alla mano se la svigna, avrà avuto altri impegni! Barilla credo sia abituato a patteggiare essendo padre di 5 figli, insostituibile palestra per affrontare qualsiasi azienda.
Il terzo forum lo organizzerei in un non-luogo, obiettivo farlo diventare luogo perchè è in divenire che si cambia la percezione del presente.
Sì, tipo in un aeroporto dove al buffet metterei 20 chef che spignattano, sconosciuti e di tutte le nazionalità (o invece durante il congresso di cucina Identità Golose, e allora il buffet si dovrebbe chiamare Identità Affamate).
Gli aeroporti sono le nuove frontiere dei migranti che scappano dalla fame, dalla guerra, posti dove la fruizione del pasto in piedi ha un senso. Quel pasto che si consuma per poi rinnegarlo.